Turchia: le tendenze autoritarie del presidente
20 agosto 2015
"Nel paese c'è un presidente che ha il potere de facto, non è un presidente dal ruolo simbolico ... che lo si voglia o no, il sistema amministrativo della Turchia è cambiato. Ora, quello che si dovrebbe fare è di aggiornare questa situazione de facto all’interno del quadro giuridico della Costituzione".
Con queste parole il presidente turco Recep Tayyp Erdoğan, lo scorso 14 agosto, ha innescato una valanga di commenti e polemiche.
Mustafa Akyol, noto editorialista turco, in un suo recente commento per il giornale Al-Monitor ha messo in guardia contro quello che ha definito un tentativo di un colpo di stato, precisando che “negli ultimi dieci anni, molti degli avversari del presidente Recep Tayyip Erdoğan sono stati accusati di ordire colpi di stato in Turchia contro ‘l'ordine costituzionale.’ Alcuni sono stati imprigionati, per mesi o addirittura anni, dopo indagini molto controverse e rinvii a giudizio. È stato anche un tema dominante della macchina di propaganda filo- Erdoğan volta a rappresentare tutti gli elementi dell'opposizione turca come pedine di un complotto globale per rovesciare Erdoğan con un colpo di stato. In pochi potevano immaginare che Erdoğan sarebbe stato incolpato, lui stesso, di un colpo di stato.”
Il presidente Erdoğan pensava che passando dalla carica di premier a quella di presidente, nell'estate del 2014, avrebbe potuto realizzare il suo sogno tanto annunciato di trasformare la Turchia in un sistema presidenziale. La manovra però non gli è riuscita, perché non è mai riuscito a far approvare al parlamento la necessaria riforma costituzionale.
Ora, nel vuoto di potere post elettorale, la questione ritorna di attualità. Nessuno dopo le elezioni del 7 giugno è riuscito a formare una maggioranza di governo, mentre l’AKP per la prima volta in 13 anni ha perso la maggioranza assoluta e si trova quindi ridimensionato come forza politica, nonostante rimanga il primo partito in Turchia.
Sia i partiti di opposizione che alcuni giuristi - tra cui il professor Ergun Özbudun, consultato dallo stesso Erdoğan nel 2007, come precisa Akyol nel suo editoriale, per stendere la riforma costituzionale che ha portato all'elezione diretta del presidente - sono del parere che l’azione del presidente sia però una chiara violazione della Costituzione. Il fatto che Erdoğan sia stato eletto direttamente dal popolo non gli conferisce maggiori poteri in base alla costituzione turca, sostiene Akyol. “È legittimo che lui spinga per un sistema presidenziale e che chieda ai cittadini di votarlo in un referendum, ma è inaccettabile che si riferisca ad una realtà come dice ormai ‘de facto’”.
“Forse Erdoğan e i suoi collaboratori ritengono sia giunto il momento per la nazione di onorare il suo salvatore - leader risoluto con una volontà di ferro che schiaccerà tutti i nemici interni. Loro non si rendono conto, però, che la nazione ha bisogno dell'esatto contrario: un leader più dolce che può guarire le cicatrici, costruire ponti e offrire riconciliazione ad una società aspramente divisa”, conclude Mustafa Akyol.
Link: Al-Monitor