Un migliaio di persone hanno sfilato per il centro di Kiev domenica 12 giugno: il secondo Gay pride dell'Ucraina post Maidan è riuscito, ma la strada da fare è ancora molta
A un anno dal primo Gay pride dell’Ucraina post Maidan, la parata di domenica 12 giugno è andata molto meglio. Ma tra misure di sicurezza sempre imponenti, strade chiuse, estremisti in cerca di scontro e semplici cittadini contrari ai diritti LGBT, la marcia è stato più un successo per le autorità che per la stessa comunità LGBT.
Nel migliaio di persone che domenica hanno sfilato per il centro di Kiev – 700 secondo alcune fonti, 1.500 secondo altre – è difficile non vedere qualcosa di positivo. Pur in presenza di numeri marginali per un Paese di 45 milioni e una città di quasi tre milioni di abitanti, è pur sempre un grande progresso. Solo un anno fa, durante il secondo Gay pride della storia ucraina, le cronache avevano raccontato di poco più di 200 manifestanti colorati in mezzo a qualcosa come 2mila poliziotti in tenuta antisommossa, di scontri con estremisti e omofobi, 25 arresti, nove poliziotti e otto manifestanti feriti. La marcia aveva percorso in tutto 500 metri sul lungofiume di Kiev, lontano dal centro della città. Una sconsolante metafora della strada percorsa dall’Ucraina sulla via dei diritti e della democrazia.
Bene, oggi di strada se n’è fatta un po’ di più.
Niente da festeggiare
Per la prima volta, un corteo di gay e lesbiche ha attraversato pacificamente le strade del centro di Kiev, e questo non può che essere preso come un segno positivo. Ma la Marcia dell’uguaglianza (questo è il nome ufficiale della manifestazione) tutto sembrava fuorché una festa. Perché la verità è che la comunità LGBT ucraina non ha niente da festeggiare. «La maggior parte della gente vede l’omosessualità come qualcosa di “diverso”», ha detto alla Bbc l’attivista LGBT Zoryan Kis. «Le coppie dello stesso sesso spesso sono cacciate dai ristoranti e la maggioranza degli ucraini vuole semplicemente che i gay lascino il paese».
L’Ucraina è purtroppo ancora una realtà in cui può essere pericoloso per una coppia omosessuale passeggiare in centro mano nella mano, come ha dimostrato un esperimento sociale dello scorso anno. L’omofobia è ancora molto diffusa e trova manforte nelle forze conservatrici e nella potente Chiesa ortodossa di Kiev.
In un quadro riportato come positivo da molti media, però, purtroppo i segnali negativi non mancano. Alla vigilia della parata, il portavoce della formazione estremista Pravy Sektor, Artem Skoropadsky, aveva detto che il Gay pride si sarebbe potuto trasformare in un «bagno di sangue» perché «contrario ai valori patriottici e cristiani».
E solo lo scorso marzo, nella tollerante e più occidentale (in tutti i sensi) delle città ucraine, Leopoli, un’analoga Marcia dell’uguaglianza è stata cancellata dopo che due attivisti LGBT erano stati violentemente picchiati da un gruppo di giovani. Secondo quanto riportato dall’Ong americana Human Rights First, nelle settimane precedenti gli organizzatori avevano scritto al sindaco Andriy Sadovyi – leader del partito Samopomich, forte di 33 seggi alla Rada – senza ricevere alcuna risposta. Pochi giorni prima della marcia, infine, il tribunale locale ha vietato tutti gli eventi pubblici in quel fine settimana.
Sfortunatamente, non sono poche neanche le prese di posizione di soggetti che dovrebbero incarnare l’imparzialità delle istituzioni. Poco più di un mese fa, per esempio, il capo del dipartimento antidroga della polizia – uomo del dopo Maidan, volontario al fronte e ammirato patriota - Ilya Kiva si è messo in posa sulla sua pagina Facebook con un cartello in mano che diceva “Io credo in Dio. Io sono contro l’omosessualità”, guadagnando più di 4mila like. Ma nessun procedimento disciplinare.
Un piccolo passo, un grande balzo
In questo clima e per come si sono svolte le cose, la marcia è stata comunque un piccolo grande successo. Ma probabilmente lo è stato più per l’immagine delle autorità nazionali e cittadine che per la comunità LGBT. Non a caso il governo ha incassato il plauso degli Usa e di molti Paesi europei. Niente di meglio del tweet di Judith Gough, ambasciatrice britannica a kiev, riassume la situazione. «Un paio di passi in avanti (letteralmente!) per il Gay pride di Kiev. Un grande balzo per l’uguaglianza in Ucraina», ha scritto sul social network la diplomatica inglese, che recentemente ha dichiarato pubblicamente la propria omosessualità.
Non c’è dubbio che le autorità abbiano fatto la loro parte per garantire una manifestazione senza incidenti. I gruppi violenti sono stati tenuti lontano dalla marcia e la polizia ha riferito di una cinquantina di arresti. Ma chi era presente non ha potuto fare a meno di notare l’imponenza del dispositivo d’ordine, le recinzioni antisommossa che chiudevano le vie d’accesso al percorso del corteo e la sproporzione tra il numero dei manifestanti e quello degli agenti impiegati, secondo alcune fonti più di 5mila. Le autorità di Kiev, pressate dalla diplomazia occidentale, hanno insomma fatto di tutto pur di non veder nuovamente le brutte scene dello scorso anno.
Questo aspetto, secondo alcuni tra gli stessi attivisti gay, suggerisce però l’idea che il governo si muova in parte grazie solo alle spinte che arrivano dall’estero, più che per una reale volontà di tutelare la comunità LGBT. L’Unione europea ha chiaramente condizionato l’abolizione dei visti per i cittadini ucraini che vogliono viaggiare in Europa, tra le atre cose, alla promulgazione di leggi contro la discriminazione delle minoranze sessuali.
Ma sono soprattutto gli Usa a far sentire la loro voce. Barack Obama ha mandato in rappresentanza degli Stati Uniti alla marcia Randy Berry, il primo inviato speciale per i diritti umani dei LGBT della storia americana, omosessuale lui stesso, e fresco di nomina lo scorso aprile. Un segnale molto forte per il governo di Kiev. «Sono convinta che il supporto degli Stati Uniti sia molto importante per noi», ha detto Olena Shevchenko, attivista che dirige Insight, l’Ong ucraina per la difesa dei diritti LGBT. «Gli Usa sono il principale partner dell’Ucraina in molti campi, compresa la promozione dei diritti umani».
In questa luce, l’appuntamento ormai annuale del Gay pride è un ottimo termometro degli sviluppi raggiunti dal paese nel suo complesso.
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