Neve in Crimea, lungo la costa del mar Nero (© PhotoCrimea/Shutterstock)

Neve in Crimea, lungo la costa del mar Nero (© PhotoCrimea/Shutterstock)

Nei giorni scorsi la Crimea è stata colpita da un'eccezionale nevicata. Non basterà a risolvere il problema di approvvigionamento di acqua dolce. La penisola ne è sostanzialmente priva ed i condotti provenienti dall'Ucraina sono stati chiusi dopo l'occupazione del territorio da parte della Russia

01/03/2021 -  Claudia Bettiol

(Pubblicato originariamente da EastJournal il 26 febbraio 2021)

Negli ultimi giorni forti nevicate hanno paralizzato la penisola di Crimea, nota per il suo clima arido e le scarse precipitazioni annuali. Nonostante la temperatura sia scesa fino a 11 gradi sottozero, causando disagi e scontento nella gestione della circolazione (il 19 febbraio il traffico sul ponte dello stretto di Kerč è stato interrotto), il bacino idrico di Sinferopoli non si è congelato affatto, rivelando l’abituale fondale arido e secco.

Le autorità russe della città stanno valutando se le nevicate senza precedenti che hanno colpito la regione sono in grado di fornire un afflusso significativo di acqua alla popolazione, ma secondo le stime del Centro idrometeorologico della Crimea l’accumulo di neve è comunque scarso: il serbatoio di Sinferopoli è pieno solo al 7%.

Quasi priva di risorse idriche naturali e incapace di far fronte autonomamente al fabbisogno di acqua dolce, la penisola di Crimea è di nuovo a un punto di non ritorno. La questione dell’emergenza idrica torna puntualmente nelle agende politiche dei governi di Kiev e di Mosca.

Il Canale della Crimea settentrionale è a secco

Se fino al 2014 – anno dell’annessione della penisola da parte della Federazione russa – il fabbisogno idrico della regione era garantito all’85% dal Canale della Crimea settentrionale che collega la regione al territorio ucraino (nel 2013 il Canale ha rifornito la penisola di circa 1,1 miliardi di metri cubi di acqua), ora l’approvvigionamento dipende esclusivamente dal Cremlino. In seguito all’occupazione, infatti, Kiev ha letteralmente chiuso i rubinetti e non li riaprirà fino a quando la Crimea non ritornerà a far parte del territorio ucraino: “Niente acqua per la Crimea finché questa non torna a casa”, ha ribadito Anton Korynevyč, rappresentante permanente del presidente dell’Ucraina in Crimea.

È impossibile, quindi, ‘riportare in vita’ il Canale della Crimea settentrionale. Ciò richiede non solo enormi fondi da parte del Cremlino, paragonabili di fatto al costo di una nuova struttura simile, ma anche un vero e proprio miracolo naturale. Il canale, infatti, è ormai senz’acqua da anni e sulle pareti si sono formate profonde crepe in quanto i lavori di manutenzione e di riparazione non sono più proseguiti. Inoltre, Kiev sta completando la costruzione di una diga sul canale, che escluderà definitivamente la possibilità di fornire acqua alla penisola temporaneamente occupata.

Le autorità russe locali hanno stanziato miliardi di rubli per la perforazione di nuovi pozzi e la costruzione di nuove condotte idriche e prese d’acqua. Ma la situazione rimane drammatica: la Crimea sta subendo le conseguenze non solo dei cambiamenti climatici che preoccupano l’intero pianeta (oggettivamente i volumi d’acqua della penisola stanno diminuendo), ma anche gli effetti di strategie geopolitiche in sospeso da anni.

Desalinizzazione: una soluzione?

Le autorità russe hanno pensato a diverse soluzioni per risolvere il problema dell’emergenza idrica in Crimea. Una di queste è stata la proposta di costruire un potente condotto che collegherebbe il territorio russo di Krasnodar alla penisola attraverso il ponte sullo stretto di Kerč. Ma l’idea è sfumata prima ancora che divenisse un vero e proprio progetto su carta: secondo gli esperti, il problema non è solo tecnico ma anche naturale, in quanto nel sud del Kuban attualmente non ci sono volumi d’acqua tali da garantire il rifornimento anche della Crimea. A causa della crisi climatica, infatti, i fiumi locali hanno perso la loro portata abituale.

Un’altra opzione è quella di costruire impianti di desalinizzazione. Tali strutture operano efficacemente negli Emirati Arabi Uniti e in tutto il Medio Oriente, che padroneggiano con successo questa tecnologia: occorre prendere l’acqua dal mar Nero, dissalarla, quindi introdurre i sali necessari per il corpo umano. 

Il governatore della repubblica russa di Crimea, Sergej Aksenov, aveva annunciato che la costruzione degli impianti di desalinizzazione sarebbe potuta iniziare già a inizio 2021: “Se le precipitazioni non sono ancora sufficienti, la desalinizzazione è l’unica via d’uscita”. Un’implementazione decisamente costosa per il Cremlino e che non rallegra gli attivisti locali: in diverse località si stanno raccogliendo firme contro la costruzione di un impianto di dissalazione dell’acqua di mare in quanto i residenti temono che tale acqua possa essere nociva per la salute e intendono chiedere protezione al presidente russo Vladimir Putin in persona.

Ma la Russia non ha molte alternative e sembra essere determinata a perseguire questa strada: nel marzo 2020, le autorità hanno dichiarato di voler investire circa 3,5 miliardi di rubli per il trattamento delle acque e per gli impianti di desalinizzazione in tutta la penisola insieme a un progetto del valore di 25 miliardi di rubli per un bacino idrico tra le montagne vicino a Sinferopoli, città del sud della penisola che da settembre è in balia delle restrizioni sull’approvvigionamento idrico .

A causa di tutti questi cambiamenti, gli abitanti della penisola di Crimea hanno dovuto adattarsi: la coltivazione del riso come di altre culture, tra cui mais e soia, sono state abbandonate e la gente locale ha dovuto reinventarsi un lavoro per sbarcare il lunario. Ma per quanto tempo ancora si potrà continuare così?


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