Kosovo, politica nel limbo

26 luglio 2017

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Ancora tutto da definire il futuro assetto politico del Kosovo, a quasi due mesi di distanza dalle elezioni parlamentari anticipate dello scorso 11 giugno. Il presidente Hashim Thaçi ha convocato la prima seduta del nuovo parlamento per il 3 agosto, ma le prospettive sul futuro della nuova assemblea nazionale sono tutt'altro che chiare.

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Le urne, disertate da buona parte della popolazione (l'affluenza si è fermata al 41%) avevano dato il primo posto alla “coalizione UÇK” formata da PDK, AAK e NISMA (33,7%), seguita dal movimento Vetëvendosje (27,5%) e dalla coalizione tra LDK e AKR (25,5%).

Numeri alla mano, gli “ex-UÇK” contano su 39 deputati: anche in caso di accordo con tutti i rappresentanti delle minoranze (20, di cui nove appartenenti alla Lista Serba) mancano ancora almeno due deputati per raggiungere una maggioranza risicata di 61 voti sui 120 del parlamento di Pristina.

In queste settimane Ramush Haradinaj, leader di AAK e premier designato dalla coalizione degli ex-combattenti, ha sfoggiato sicurezza sulla capacità di creare un nuovo governo, ma nonostante i tempi lunghi concessi dal presidente Thaçi le prospettive restano incerte.

Un primo e sostanziale banco di prova sarà proprio la prima seduta del parlamento, quando si dovrà eleggere un nuovo presidente dell'istituzione con la maggioranza assoluta dei voti in aula. Il candidato più probabile per la coalizione UÇK è l'attuale leader del PDK Kadri Veseli.

LDK, AKR e Vetëvendosje hanno però già annunciato che non intendono votarlo. L'unica soluzione per eleggere Veseli sarebbe quindi di convincere le minoranze e fare al tempo stesso una limitata ma vitale “campagna acquisti” nel campo avversario.

In caso di insuccesso, non è escluso lo scioglimento del parlamento e nuove elezioni anticipate. Una contestata decisione della Corte Costituzionale, infatti, stabilisce che solo un partito o una coalizione sottoscritta prima del voto, e che ha raccolto il maggior numero dei voti, può nominare premier e presidente del parlamento. La mancata elezione di Veseli porterebbe quindi ad un blocco istituzionale simile a quello che attanagliò il parlamento di Pristina nel 2014.

Se anche si riuscisse a superare questo ostacolo, magari grazie alla "responsabilità istituzionale" delle altre forze politiche, invocata in queste ore dagli esponenti del PDK, la creazione di un nuovo esecutivo non sarebbe scontata. Il presidente ha il diritto di assegnare il mandato per due volte: dopo due tentativi andati a vuoto, la Costituzione gli impone di sciogliere l'assemblea ed andare a nuove elezioni.

Il primo mandato sarà assegnato di diritto ad Haradinaj: in caso di flop, si aprono quindi due scenari. Con la stessa decisione, la Corte Costituzionale ha sentenziato che anche il secondo mandato può essere assegnato allo stesso candidato premier. In questo caso, gli altri partiti in parlamento non potrebbero proporre un loro candidato pur avendo i voti sufficienti in parlamento. Nuove elezioni anticipate sarebbero inevitabili.

Vetëvendosje, al momento in trattative con la coalizione guidata dall'LDK, sostiene invece che in caso di fumata nera ad un governo PDK-AAK-NISMA, Thaçi dovrebbe concedere loro la possibilità di formare un nuovo esecutivo. Molti osservatori sono convinti che questa sia la strada da percorrere, ma al momento attuale resta un certo margine di incertezza nell'interpretazione della costituzione. Di fatto, la decisione è oggi nelle mani del presidente.


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