'Sesso e bugie in Kabardino-Balkaria' e altre storie
31 luglio 2012
Storie di donne dal Caucaso del nord “che non avreste dovuto sentire”.
Così OpenDemocracy presenta una serie di articoli in cui si raccontano in prima persona le difficoltà che molte donne del Caucaso del nord (Russia) si trovano ad affrontare.
Marina Marshenkulova racconta di come il sesso pre-matrimoniale nel suo paese natale, in Kabardino-Balkaria, sia un tabù molto forte, ma non per questo meno diffuso. Una situazione che però spesso è alla base di matrimoni imposti, forti tensioni e gravi drammi personali e familiari.
Altri racconti espongono il problema della violenza domestica , della totale mancanza di diritti in caso di divorzio e dell'impossibilità di cercare giustizia presso le corti locali. E quindi, del ruolo fondamentale di ONG locali che offrono sostegno (giuridico, ma non solo) a queste donne, e dell'importanza di poter ricorrere alla corte per i diritti dell'uomo di Strasburgo. Non solo e forse non tanto per i casi su cui davvero la corte si esprime, ma soprattutto per dare una speranza a tutte le donne che cercano una via d'uscita da situazioni difficili.
Emerge anche la complessità dell'area. In alcune scuole del Daghestan, è vietato andare a scuola con il velo. In Cecenia, è ora obbligatorio a scuola, in università e nelle istituzioni pubbliche.
La sensazione generale, espressa sia dalle autrici, sia in un'analisi che introduce la serie , è che la situazione delle donne sia peggiorata dopo il crollo dell'Unione sovietica. Troppo facile dare la colpa all'Islam fondamentalista, che pure si sta diffondendo nella regione caratterizzando sempre di più la vita quotidiana delle persone, ben al di là dei gruppuscoli di ribelli che si nascondono nelle montagne. Si tratta di un sistema complesso di fattori che ha reso possibile la situazione attuale, in cui tradizioni spesso antecedenti la diffusione (relativamente recente) dell'Islam nella regione, vengono richiamate per giustificare discriminazioni e violenze di genere.
In ogni caso, sono evidenti le responsabilità di Mosca, che non solo poco o niente ha fatto per combattere le crescenti discriminazioni nella regione, ma sostiene apertamente leader locali che promuovono politiche discriminatorie (in primo luogo, Kadyrov) e non si è impegnata a far sì che leggi in materia di divorzio o tutela dei minori vengano applicate in modo adeguato.