Strage di Gornji Vakuf: ergastolo per Paraga
2 marzo 2017
Stamattina presso il Tribunale di Brescia, il gip Carlo Banchietti ha letto il dispositivo di condanna all'ergastolo per Hanefija Prijić, accusato dell'uccisione di tre volontari italiani nel maggio del 1993 in Bosnia Erzegovina.
“Dopo averci derubati di tutto, due soldati ci hanno scortati nel bosco. Abbiamo capito che stavano per ucciderci. Eravamo in fila. Guido era il primo, poi Christian, Fabio, Sergio e io l'ultimo”. Sono le parole di uno dei due superstiti, Agostino Zanotti, pronunciate nel maggio del 2013 quando con amici e familiari venne apposta una stele nel luogo della strage.
Nel 1993 cinque volontari italiani di Brescia e Cremona - Guido Puletti, Sergio Lana, Fabio Moreni, Agostino Zanotti e Christian Penocchio - partirono con un convoglio umanitario destinato alla popolazione della cittadina di Zavidovići, Bosnia centrale, con la quale erano in contatto fin dall'inizio del conflitto.
Lungo la pista che sulle mappe delle Nazioni Unite veniva chiamata "Diamond Route" (Strada dei Diamanti), unica via percorribile tra Spalato (Croazia) e il luogo di destinazione, il convoglio venne bloccato nei pressi di Gornji Vakuf. "Erano le quattro e mezza del pomeriggio. La stagione era questa. Davanti c'era il camion con Fabio e Sergio, io ero dietro nella Lada con Christian e Guido. I soldati ci hanno fermato qui, e subito è arrivato 'Paraga', il capo del gruppo", racconta Zanotti.
Il gruppo venne sequestrato e derubato. Moreni, imprenditore di Cremona, Lana, volontario della Caritas di Ghedi, Puletti, giornalista di Brescia vennero uccisi. Zanotti, responsabile del "Coordinamento bresciano iniziative di solidarietà con la ex Jugoslavia" e Penocchio, fotografo, in modo del tutto fortuito riuscirono a fuggire, nascondersi nei boschi e raggiungere una base dei Caschi blu. Era il 29 maggio del 1993.
Hanefija Prijić, detto Paraga, era il capo di una brigata dell'esercito bosniaco responsabile della strage di Gornji Vakuf. Grazie all'impegno dei superstiti, oltre che di amici e familiari dei cinque pacifisti, che per anni si batterono per ottenere giustizia, Paraga venne arrestato e processato in Bosnia. Il 3 aprile del 2002 venne condannato in secondo grado a 13 anni di carcere, pena che ha scontato nel carcere di Zenica prima di accedere ad un regime di semilibertà ed essere poi messo definitivamente in libertà nell'estate del 2013. Nel corso del processo non rivelò i motivi del sequestro, tacque i nomi dei soldati che spararono e dei mandanti.
Nell'ottobre del 2015 Prijić è stato arrestato all'aeroporto internazionale di Dortmund dietro un mandato di cattura internazionale. A dicembre è stato estradato in Italia dove con rito abbreviato è stato sottoposto a processo in cui si sono costituiti parte civile i due superstiti alla strage, due sorelle di Guido Puletti, l'allora compagna di Guido e il Comune di Brescia. Durante il processo tenutosi in Italia, Paraga ha continuato a dichiarare di essere innocente, di non aver mai ordinato l'uccisione dei pacifisti. Ha mantenuto il silenzio sui mandanti e sui motivi dell'eccidio, ma per la prima volta ha pronunciato i nomi dei due soldati che spararono. Si attendono ora le motivazioni di questa sentenza di primo grado che lo condanna all'ergastolo e che dovranno essere depositate al massimo entro 90 giorni a partire da oggi.
Per approfondire
Per approfondire leggi il dossier di OBCT "Ricordare il 29 maggio, vent'anni dopo"
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