Tadić e Thaçi, stretta di mano che non fa la storia

10 luglio 2012

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Momento storico? Coraggio? Opportunismo politico? La stretta di mano tra l'ex presidente serbo Tadić e il premier kosovaro Thaçi, avvenuta la scorsa settimana a margine del “Croatia summit” di Dubrovnik, ha scatenato reazioni contrastanti. 

Sotto i riflettori, naturalmente, la mossa di Tadić, che da presidente ha sottoscritto l'idea di boicottare le iniziative regionali in cui fossero stati presenti rappresentanti kosovari, mentre da semplice “leader del Partito Democratico”, quale si è presentato a Dubrovnik, ha stretto  a sorpresa la mano a Thaçi.

Dietro alla decisione, si mormora, ci sarebbe l'insistenza di Washington, che vuole un segnale forte dopo la recente decisione di porre fine alla supervisione dell'indipendenza di Pristina e guarda con preoccupazione al prossimo esecutivo “progressista-socialista” serbo.

Tadić ha scontentato tutti: chi (soprattutto in Kosovo) lo accusa di scarso coraggio e chi gli rinfaccia di aver tradito insieme la Serbia e la propria linea politica, stringendo la mano ad un “nemico” accusato di gravissimi crimini.

La stretta di mano di Dubrovnik non rappresenta un momento storico. Nella sua essenza, però, è un gesto importante, che può aprire le porte al dialogo tra Belgrado e Pristina, necessario e non più rimandabile. E c'è già chi parla di un prossimo incontro tra il nuovo presidente serbo Nikolić e la controparte kosovara Jahjaga.

Tra Serbia e Kosovo il momento dei gesti catartici non è arrivato, e non è in vista nemmeno per gli anni a venire. A meno di imprevedibili sconvolgimenti, i rapporti si evolveranno lentamente, in modo spesso ambiguo, e sotto la pressione esterna. Tadić o non Tadić.