Lo scorso 15 marzo a Tirana è stata presentata la prima indagine condotta in Albania sul tema dell’economia e dell’imprenditoria sociale. La ricerca si basa sui dati raccolti da circa 80 organizzazioni no-profit attive su tutto il territorio nazionale. Lo studio è stato promosso, tra gli altri da Acli-Ipsia
Fonte: Ipsia
articolo di Federica Castellucci
Il 15 marzo è stato presentato a Tirana lo studio “Social Economy in Albania – A Survey of Social Enterprises” dal Forum Albanese delle Imprese Sociali. Si tratta della prima indagine condotta in Albania sul tema dell’economia e dell’imprenditoria sociale, ed è stata sviluppata a partire dai dati raccolti da circa 80 organizzazioni no-profit attive su tutto il territorio nazionale.
Lo studio, condotto da consulenti ed esperti internazionali e curato da Adam Asmundo, Responsabile Analisi Economiche RES Palermo, Franco Marzocchi, Presidente di AICONN Forlì, e Daniela Zampini, Programme Coordinator di UNDP Kosovo, è stato realizzato con la collaborazione del Ministero del Lavoro albanese, di AICONN Forlì, di Acli-IPSIA in Albania e della Fondazione RES Palermo e grazie al contributo finanziario di TACSO Albania.
L’evento di venerdì scorso, oltre ai tre curatori della pubblicazione, ha visto la partecipazione di importanti rappresentanti istituzionali, come il Viceministro del Lavoro, Affari Sociali e Pari Opportunità, Kastriot Sulka e l’Ambasciatore d’Italia in Albania, Massimo Gaiani.
Moderando l’incontro, Genci Pasko, Resident Advisor di TACSO Albania, ha sottolineato l’importanza dei risultati della ricerca in quanto strumento per delineare il quadro attuale del contesto albanese e stimolare il dibattito sul ruolo dell’economia sociale in risposta alle attuali sfide socio-economiche.
Un mondo variegato quello dell’economia sociale che negli ultimi anni sembra stia prendendo vita con sempre più forza anche in Albania, rappresentato da una molteplicità di attori (associazioni, fondazioni, società di mutuo soccorso, cooperative, imprese sociali), che, seppur diversi, sono accomunati dal perseguimento di obiettivi non meramente economici e dai principi di reciprocità e democrazia.
Nonostante negli ultimi anni, anche a causa della crisi economica mondiale, si sia registrata una forte riduzione dei contribuiti erogati dai donatori internazionali, lo sviluppo delle organizzazioni no-profit in Albania non è rallentato. La crisi attuale ha portato alla luce nuovi bisogni e incrementato la domanda di nuovi servizi all’interno del sistema di welfare e di assistenza sociale, domanda che è stata assorbita sempre di più da nuove unità economico-sociali.
È, infatti, in questa prospettiva che da alcuni anni è nata e si è sviluppata in seno alla società civile albanese l’idea di impresa sociale: sono sempre di più le organizzazioni del terzo settore che hanno avviato delle attività propriamente economiche volte al raggiungimento di obiettivi di natura sociale e basate sui principi della democrazia partecipativa e della non redistribuzione degli utili.
Attualmente non esiste una normativa specifica che identifichi e regoli questo settore emergente e le realtà esistenti agiscono in base alla legge n. 8878/2001 per le organizzazioni no-profit, con tutte le difficoltà e ambiguità che questo comporta. Come conferma lo studio, in Albania oltre il 40% delle organizzazioni no-profit attive nel paese promuovono un’attività economica, che qualora entrasse in vigore una legge ad hoc, potrebbe essere trasformata in impresa sociale.
Ad oggi le potenziali imprese sociali albanesi sembrano ricoprire sia il settore della produzione di servizi sociali che quello dell’inserimento lavorativo di gruppi svantaggiati. Stando ai dati raccolti dal Forum delle Imprese Sociali Albanesi, circa la metà degli intervistati ha dichiarato di occuparsi di entrambi gli ambiti, il 30% di produrre servizi sociali e il 24% ha definito la propria come un’attività volta all’inserimento sociale e lavorativo di categorie a rischio.
Per quanto riguarda i beneficiari dei servizi, dalla ricerca emerge la presenza di tipologie molto diverse. In primo luogo si tratta di minori e di minoranze etniche e linguistiche, come le comunità Rom ed Egyptian, seguiti dai disabili, gli anziani e i migranti interni e di ritorno. Risulta basso, invece, il numero di imprese che offrono servizi a favore di malati di HIV, malati terminali, tossicodipendenti o ex tossicodipendenti, nonostante l’offerta di servizi sanitari sia in crescita.
Come sottolineato ai microfoni di RadioPulla, social web radio albanese, da Daniela Zampini, quella dell’imprenditoria sociale è una realtà che evidentemente esiste in Albania seppure con le difficoltà dovute all’assenza di un quadro normativo specifico in cui operare. Qualora questa carenza venisse colmata, chiarisce la Zampini, le imprese sociali, o le associazioni che diventano imprese sociali, potrebbero essere molto più efficienti e agire in maniera più coordinata, rispondendo ai bisogni in modo più connesso con il territorio e assicurando che tutti possano far valere il proprio diritto al welfare.
Si tratta di un percorso, quello del pieno riconoscimento dell’impresa sociale in Albania, che è forse ancora all’inizio, che ha ancora bisogno di supporto e maggiore consapevolezza, ma che rappresenta senza dubbio un importante segnale di cambiamento e innovazione. Un processo che sarebbe sbagliato considerare marginale o insignificante, né tantomeno sovversivo o ideologico, perché come ha dichiarato Franco Marzocchi, nel corso della Conferenza “l’economia sociale non è contro l’economia capitalista, è altro”.