Prosegue il tour della mostra fotografica di Mario Boccia, inaugurato a Belgrado nel maggio 2009 e che oggi fa tappa a Užice. Con il linguaggio della fotografia Boccia racconta storie di vita 'invisibile' di persone con disabilità in Serbia
Fonte: AISE
Prosegue nel 2010 il tour serbo della mostra fotografica di Mario Boccia "Storie straordinarie di vite invisibili". L'ottava tappa toccherà la città di Užice a partire da domani, mercoledì 27 gennaio. Il progetto "Storie straordinarie di vite invisibili" nasce da un'iniziativa fortemente voluta dalla Cooperazione Italiana allo Sviluppo del Ministero degli Affari Esteri italiano, con il patrocinio del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali della Repubblica di Serbia.
Ideata nel 2009 nell'ambito della Settimana della disabilità e dell'inclusione sociale promossa a Belgrado dal Governo Italiano, Ministero degli Affari esteri - Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo, con il linguaggio della fotografia la mostra di Boccia racconta le vite straordinarie e allo stesso tempo invisibili di persone diversamente abili in Serbia.
La mostra è stata accolta con grande entusiasmo in tutto il 2009, fin dalla sua prima tappa a Belgrado e poi nelle città di Vranje, Leskovac, Kragujevac e a ottobre durante la manifestazione sull'inclusione sociale che da sette anni si svolge a Novi Sad.
La mostra è accompagnata dalla proiezione dell'omonimo film documentario di Emanuele Cicconi e Jelena Rosić e dallo spettacolo teatrale "Sogno di una notte di mezza estate", allestito dagli studenti delle scuole di Užice, da associazioni di cittadini e da persone diversamente abili sotto la supervisione degli attori del Teatro Nazionale.
L'inaugurazione dell'evento si tiene oggi 27 gennaio, alle ore 18.00, presso la galleria del Teatro Nazionale di Užice, mentre l'inizio dello spettacolo "Sogno di una notte di mezza estate" è previsto per le ore 19, sempre il 27 gennaio. Un'occasione per celebrare, in collaborazione con il Liceo di Užice, la festività di "Sveti Sava", la Giornata delle scuole. La mostra fotografica rimarrà aperta al pubblico fino al 3 febbraio 2010, ogni giorno dalle 12 alle 17 (tranne domenica 31 gennaio).
Mario Boccia, giornalista e fotografo italiano, ha seguito da vicino e da deentro tutti i conflitti che hanno attraversato i Balcani dall'inizio degli anni novanta. Ha sempre cercatod intrecciare il suo impegno professionale con l'impegno a dare voce ai più difesi a i più deboli, a coloro che non avevano voce, anche attraverso il suo coinvolgimento in attività di volontariato.
Scrive Mario Boccia nella brochure della mostra: "(...)La differenza più grande che sento è intima: questa volta non sono qui per vendere cronache di guerra, come allora. Cercare di far bene un lavoro che prevede di essere sul posto per testimoniare avvenimenti non è mai bastato a togliermi una sensazione di disagio dal fondo dello stomaco-coscienza. Quello del giornalista non è un mestiere per cinici, diceva Ryszard Kapuscinski, che ha percorso i sentieri battuti dagli ultimi della terra, ovunque. Chi è cinico può fare carriera in un mondo distratto, ma sicuramente farà male il giornalista.(...) Per istinto, in ogni guerra testimoniata, ho raccontato le storie delle persone che la subivano, privati della possibilità di scegliere e ai margini della cronaca ufficiale. Quest'ultima, anche quando non è "per sempre coinvolta", come cantava Fabrizio De Andrè, predilige raccontare la storia con la "S" maiuscola, intesa come cronaca politico-militarediplomatica, piuttosto che la vita della maggioranza delle persone. Eppure è lì che si deve tornare per ricostruire le macerie provocate dal mondo "sopra", perché è dal basso che rinasce la vita (almeno fino a quando sarà possibile)."
Conclude con un passaggio che si intreccia con gli avvenimenti storici che si ricordano oggi, 27 gennaio, nella Giornata della Memoria: "Un lavoro che si colloca in modo naturale sulla linea di quanto ho cercato di fare negli ultimi diciotto anni qui e in tutta l'area balcanica. I protagonisti del reportage sono i più indifesi tra i deboli, ostacolati da barriere fisiche spesso insormontabili e isolati da forti pregiudizi culturali che attraversano i confini degli stati (nessuno escluso). Del resto, in un epoca buia, ma non così remota, nel cuore dell'Europa moderna è stata pensata e pianificata la loro eliminazione fisica nei lager".