Un dossier per approfondire la storia culturale e sociale del sud est Europa attraverso lo studio di una delle sue più interessanti industrie: quella del cinema. Con interviste a registi, attori, tecnici e produttori. Uno sguardo sulla "grande storia" attraverso quella degli individui che l'hanno vissuta ITAENG
Il cinema rappresenta uno dei settori di eccellenza attraverso i quali l'Europa balcanica continua ad ottenere riconoscimenti all'estero. La presenza di registi del sud est Europa sulla scena internazionale costituisce, infatti, una delle eccezioni alla marginalizzazione culturale e politica della regione di questi anni.
Lo studio dell'industria cinematografica, che più di tutte ha plasmato l'immaginario delle società della regione, costituisce inoltre un interessante punto di osservazione della trasformazione dei Balcani nel corso del XX secolo ed in particolare negli ultimi 30 anni.
Con questo nuovo dossier, Osservatorio ha scelto di analizzare la trasformazione dell'industria del cinema dagli anni '70 ad oggi attraverso le voci dei suoi protagonisti, incentrandosi su tre Paesi in particolare: Albania, Bulgaria ed ex-Jugoslavia.
Grazie all'impulso dato a questo settore dai regimi autoritari, per educare le masse ai valori cui si ispiravano (la rivoluzione, il comunismo, la nazione, il progresso) e alla forte influenza della scuola sovietica, il cinema balcanico ha vissuto il proprio apogeo negli anni '70.
L'apertura di quegli anni tuttavia si accompagnava anche alla competizione economica che portò al collasso i regimi comunisti, e le condizioni per lo sviluppo del cinema sono mutate radicalmente negli anni '90, quando il cinema è stato affidato alle sole forze del mercato. Inizialmente, gli operatori del settore si sono quindi trovati con un mestiere senza l'industria di riferimento, implosa insieme ai sistemi politici che l'avevano promossa e con l'espandersi del mercato televisivo.
Le trasformazioni tecnologiche che hanno accompagnato il successo delle economie occidentali, tuttavia, hanno offerto al cinema balcanico nuove opportunità di inserirsi nel mercato globale. Il digitale fornisce infatti oggi nuove possibilità a chi lavora nel settore, mentre fenomeni come la riconversione della cinecittà bulgara in studi privati di post-produzione per ditte occidentali mostrano le strade della nuova divisione internazionale del lavoro.
L'analisi della storia di chi lavorava e ancora lavora nel cinema nei Balcani fornisce, dunque, una prospettiva interessante per comprendere la trasformazione della regione. L'analisi di questa professione, pensiamo, consente di esplorare tanto le conseguenze dei mutamenti storico-politici che di quelli economico-tecnologici.
Negli articoli e approfondimenti che troverete in questa sezione cercheremo di analizzare, attraverso interviste con i protagonisti di questa industria, la storia professionale e individuale di persone che abbiano vissuto le due stagioni cinematografiche: quella del cinema come macchina della propaganda di regime e poi quella del cinema globalizzato per il consumo di elites dell'Europa occidentale.
Negli ultimi anni, i finanziamenti UE quali quelli di Europa Cinema hanno avuto un ruolo significativo nel consentire le co-produzioni, gli scambi internazionali, la promozione di festival ecc. Alle potenzialità del nuovo orientamento ad ovest, tuttavia, corrispondono anche forti rischi. Il cinema della ex-Jugoslavia, che contrariamente ad altri ambiti della produzione culturale non ha fiancheggiato l'esplosione nazionalista e sostenuto la guerra, ad esempio, si è caratterizzato per la sua dipendenza dallo sguardo "occidentale" sui Balcani, mostrando, secondo alcuni studiosi forti connotati etno-orientalisti.
Per cercare di sviluppare questi, ed altri, interrogativi, nelle prossime settimane potrete dunque trovare su queste pagine le numerose interviste realizzate dai nostri corrispondenti per approfondire la storia, e il presente, dell'industria balcanica dei sogni. Buona lettura!
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