Terremoto in Armenia: i dimenticati

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17 dicembre 2018

Nel 1988 l'Armenia fu devastata da un forte terremoto. Sono ancora più di 2000 le famiglie che a Gyumri, seconda città del paese, vivono nelle baracche. Un fotoracconto di Armine Avetisyan

Il 7 dicembre 1988 le regioni del nord dell'Armenia furono devastate da un forte terremoto. Nell'area colpita viveva più di un milione di persone. Subirono gravi danni 21 città e 342 villaggi, 514.000 persone rimasero senza casa, 20.000 risultarono ferite e 25.000 persero la vita. Molte furono le vittime a Gyumri, la seconda città per grandezza dell'Armenia. 30 anni dopo le tracce di quel terremoto sono ancora visibili a Gyumri. Vi sono ancora baraccamenti costruiti per l'emergenza che sono divenuti, per molti, definitivi. Vi vivono ancora 2000 famiglie.

Secondo i dati ufficiali dal terremoto, nel 1988, all'interno dei vari programmi di edilizia popolare sono stati distribuiti a Gyumri, sino al 2016, 21.187 appartamenti mentre risultano 20.612 quelli demoliti e dichiarati inagibili dopo l'evento. Quindi ne sarebbero messi a disposizione 575 in più di quelli distrutti dal sisma. Il problema è che negli anni di attesa le famiglie sono cresciute, ma spettano loro di diritto esclusivamente appartamenti dalle medesime caratteristiche di quelli distrutti. Se era andato distrutto ad esempio un appartamento di una stanza, si ha diritto a riceverne uno dalle medesime caratteristiche, a prescindere dal numero di persone che, 30 anni dopo, costituiscono il nucleo famigliare.

Dopo la cosiddetta “rivoluzione” dell'aprile scorso in Armenia i rappresentanti del nuovo governo hanno annunciato a Gyumri che la questione degli sfollati nella città è una delle priorità governative.

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Uno dei baraccamenti principali di Gyumri, sorto dopo il terremoto del 1988, è situato sul retro della stazione principale degli autobus. Dopo giornate di pioggia, le strade sono fangose e difficili da percorrere.
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Molti di coloro i quali vivono qui non hanno più speranza di ricevere un altro appartamento. Coi loro risparmi non sono mai riusciti ad acquistare una casa in mattoni, sono solo riusciti a comperare altre baracche riunendole in modo da poter vivere con i propri familiari in spazi un po' più ampi.
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Se i vetri alle finestre si rompono, non tutti qui si possono permettere di sostituirli. Si copre allora la finestra con cellophane.
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Una casa di trent'anni.
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Nel baraccamento tutto diviene materiale da costruzione: un cancello fai da te.
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Azniv Bernetsyan sogna il giorno in cui potrà finalmente vivere in una casa di mattoni.
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Martin, 5 anni, è nato in una baracca. Ha problemi di salute. Ha bisogno di medicine e di una dimora adeguata, che però i suoi genitori non possono permettersi.
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La madre di Martin, Nina Voskanyan, 23 anni, è nata in una baracca e poi, una volta sposata, si è spostata a vivere in un'altra baracca.
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Nel quartiere i vestiti vengono lavati prevalentemente a mano.
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Tentativo di far stare molte cose in una stanza piccola. In un angolo un posto per le preghiere, nell'altro una stufa a legna fatta a mano.
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Nonno e nipote.
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Ilona Malkhasyan ha dieci anni. Guarda spesso fuori dalla finestra. Le piace osservare i passanti.
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Questa è la stanza di Anahit. Ci stanno a malapena due letti. Vi dorme con i suoi genitori. Le pareti sono piene di muffa, causata dalle infiltrazioni dal tetto.
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I residenti in queste baracche sono abituati ad attraversare le strade piene di fango.
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Una donna di Gyumri impegnata nelle pulizie attorno a casa.
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Quest'edificio è situato nell'area dove sono state costruite le baracche. E' conosciuto con il nome “Sanatorio” tra i residenti di Gyumri.
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L'edificio è fatiscente. Viverci è molto pericoloso.
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Ciononostante vi vivono persone da trent'anni.
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Anahit Musheghyan, 63 anni, vive in questo fatiscente edificio ormai da 15 anni. Prima del terremoto viveva a Vanadzor, cittadina presso Gyumri, dove furono registrate molte vittime e danni. Raccoglie scatole di cartone dai negozi per non congelare l'inverno. Dice di aver perso ogni speranza.