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Scontro tra Commissione europea e Sofia sul gasdotto South Stream, voluto da Gazprom per aggirare l'Ucraina. Possibili sanzioni alla Bulgaria, che avrebbe assicurato a Gazprom posizioni di monopolio. Il servizio di Francesco Martino per il GR di Radio Capodistria [30 maggio 2014]

Lo scontro tra Russia e Occidente, scoppiato con la crisi ucraina, rischia ora di coinvolgere anche la Bulgaria, almeno per quanto riguarda la politica energetica. Il paese balcanico, membro dell'UE dal 2007, rappresenta infatti il punto di approdo nell'Unione del futuro gasdotto South Stream, pensato da Mosca proprio per aggirare il territorio ucraino.

Secondo i piani l'opera, capace di trasportare 63 miliardi di metri cubi di gas l'anno verso Italia ed Europa centrale, dovrebbe essere completata nel triennio 2015-2018.

Dopo i recenti fatti in Ucraina, le istituzioni europee hanno però più volte lanciato forti segnali contro il completamento di South Stream, considerato un elemento che rafforza ulteriormente la posizione russa, oggi già dominante, nel settore energetico europeo.

Nonostante i timori di Bruxelles, in aprile il parlamento di Sofia ha però approvato modifiche di legge che, di fatto, garantiscono l'uso esclusivo del gasdotto al gigante russo Gazprom. Una decisione che va contro le norme comunitarie, che stimolano l'uso concorrenziale delle infrastrutture per evitare la creazione di monopoli. Come se non bastasse, la sezione bulgara del gasdotto verrà costruita dalla “Stroytransgaz”, proprietà di Gennady Timchenko - uno degli oligarchi russi più vicini al presidente Vladimir Putin – e per questo recentemente colpito dalle sanzioni occidentali.

Mercoledì scorso, in un incontro a Bruxelles, il premier bulgaro Plamen Oresharski ha assicurato ai partner europei che le norme contestate verranno modificate. Un impegno che però in molti, anche visti gli enormi interessi in ballo, hanno già messo fortemente in dubbio.

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