Appena formato, il parlamento di Pristina rischia seriamente di fallire l'elezione del suo nuovo presidente. L'impasse politica potrebbe portare a nuove, ennesime elezioni anticipate in Kosovo. Francesco Martino (OBCT) per il GR di Radio Capodistria [5 agosto 2017]
Il Kosovo è ancora una volta sull'orlo dello stallo politico ed istituzionale. Venerdì scorso la sessione inaugurale dell'Assemblea nazionale di Pristina, che dovrebbe portare all'elezione del nuovo presidente del parlamento, è stata sciolta dopo una nuova fumata nera.
La sessione è stata infatti boicottata per la seconda volta consecutiva dalla “coalizione degli ex UÇK”, che riunisce i partiti che affondano le radici nella lotta armata per l'indipendenza dalla Serbia, uscita in testa dalle urne, ma incapace di formare una maggioranza in parlamento.
Secondo il regolamento, solo la coalizione con la maggioranza relativa può proporre un suo candidato. Ma quello avanzato dagli ex-UÇK, Kadri Veseli, leader del PDK del capo dello stato Hashim Thaçi, è osteggiato dall'opposizione, e non ha attualmente i numeri per la propria elezione.
Venerdì la coalizione degli ex-combattenti ha proposto all'opposizione uno scambio politico per sbloccare l'impasse: il ritiro della candidatura di Veseli in cambio del sostegno per l'elezione di un nome meno cotroverso e al successivo voto di fiducia al proprio candidato premier, l'ex primo ministro Ramush Haradinaj. Un'idea che però è già stata rispedita al mittente.
In caso di mancata elezione di un nuovo presidente del parlamento, a Thaçi non resterà che sciogliere nuovamente l'assemblea e chiamare i cittadini kosoari a nuove, ennesime elezioni anticipate, senza alcuna certezza che queste possano risolvere il rebus politico. Una prospettiva di instabilità poco gradita nelle capitali europee e a Washington, che hanno caldamente invitato le forze politiche kosovare ad una dimostrazione di responsabilità.
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