Il presidente Hashim Thaçi, ex comandante militare dell'UÇK, ha lanciato una Commissione nazionale per la riconciliazione per superare il muro di diffidenza che ancora divide albanesi e serbi in Kosovo. Francesco Martino (OBCT) per il GR di Radio Capodistria [14 febbraio 2017]
“Qualcuno sostiene che la riconciliazione può arrivare solo dopo scuse ufficiali. Ma la verità è che la riconciliazione non può sottostare a condizioni esterne, ma arriva quando esiste la volontà di raggiungerla”.
Con queste parole, lunedì scorso il presidente kosovaro Hashim Thaçi ha lanciato i lavori per la costituzione di una Commissione sulla verità e riconciliazione, voluta per avvicinare le comunità albanese e serba del Kosovo, ancora divise da diffidenza e ostilità a quasi vent'anni dal conflitto armato nella regione.
Della commissione faranno parte rappresentanti delle istituzioni e delle associazioni degli scomparsi di tutte le comunità del Kosovo, insieme agli ex-presidenti ed a esponenti della società civile, delle comunità religiose e dei media.
Secondo Thaçi, la nuova commissione supporterà il lavoro della giustizia nel perseguire i crimini di guerra. Su Thaçi, ex comandante militare dell'Esercito di Liberazione del Kosovo, pende però una possibile incriminazione da parte della nuova Corte speciale sui crimini dell'UÇK - voluta e sostenuta dall'Unione europea - che dovrebbe cominciare ad operare nel corso del 2017.
La nuova commissione è stata ufficialmente sostenuta dai rappresentanti delle istituzioni kosovare. Per il premier Isa Mustafa, il nuovo organo può e deve aiutare Kosovo e Serbia a “non restare prigionieri del passato”. Anche i rappresentanti dei familiari degli scomparsi – sia serbi che albanesi – hanno espresso un parere positivo, ribadendo però l'importanza della ricerca di verità e giustizia per arrivare ad una vera riconciliazione.