Rigettata dalla Corte internazionale di Giustizia dell'Aja la controversa richiesta della Bosnia-Erzegovina di riaprire il processo per genocidio nei confronti della Serbia. Francesco Martino (OBCT) per il GR di Radio Capodistria [11 marzo 2017]
Non ci sarà un nuovo giudizio sulle accuse di genocidio nei confronti della Serbia. Giovedì scorso la Corte internazionale dell'Aja ha infatti rigettato la richiesta di riesame presentata dalla Bosnia-Erzegovina.
Nel 2007 la stessa Corte aveva sentenziato che nel luglio 1995 a Srebrenica, le truppe serbo-bosniache del generale Ratko Mladić avevano commesso un genocidio nei confronti di migliaia di uomini e ragazzi bosgnacchi.
La Serbia venne giudicata responsabile di non aver impedito il massacro, ma le prove raccolte non furono giudicate sufficienti a dimostrare che i crimini erano stati commessi sotto il controllo effettivo del governo di Belgrado.
A riaprire il caso era stato Bakir Izetbegović, rappresentante bosgnacco alla presidenza tripartita del paese, con una iniziativa che ha subito sollevato feroci polemiche. I rappresentanti serbo-bosniaci ne hanno contestato la legittimità, sostenendo che questa non rappresentava il volere della Bosnia nel suo insieme.
Una posizione sostanzialmente confermata dalla Corte che, sottolineando la distanza tra i rappresentanti bognacco, serbo e croato sulla vicenda, ha concluso che "non esiste una decisione sulla revisione attribuibile alla Bosnia-Erzegovina come entità statale".
Il verdetto della Corte è stato accolto con soddisfazione dai rappresentanti serbo-bosniaci e da Belgrado, mentre Izetbegović non ha nascosto il proprio disappunto e deve ora fronteggiare pesanti critiche al proprio operato. La Bosnia, intanto, sembra sprofondare sempre di più nelle proprie divisioni etno-politiche e nelle proprie disfunzioni istituzionali.
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