Raggiunto ieri a Bruxelles tra Serbia e Kosovo un accordo nei settori chiave dell'energia e delle telecomunicazioni. Resta ora aperto il capitolo più delicato del processo di normalizzazione: la partecipazione dei serbi del Kosovo alle elezioni locali del prossimo 3 novembre. Il servizio di Francesco Martino per il GR di Radio Capodistria [9 settembre 2013]
E' stata l'Alto rappresentante per gli affari esteri dell'Unione europea, Catherine Ashton, a dare l'annuncio con un breve comunicato scritto. “I premier di Serbia e Kosovo hanno raggiunto un accordo nei settori dell'energia e delle telecomunicazioni”.
L'intesa, parte del lungo e delicato processo di normalizzazione dei rapporti tra Pristina e Belgrado, da cui dipende il percorso europeo di entrambe le parti, è arrivata ieri sera al termine di un incontro tra Ivica Dačić ed Hashim Thaçi tenuto, come ormai consuetudine, negli uffici della Ashton a Bruxelles.
Al termine della riunione, il premier serbo Dačić ha mostrato soddisfazione. “Nessuno può più sostenere che la Serbia non abbia rispettato gli impegni presi”, ha dichiarato Dačić. “Ora ci aspettiamo che entro il prossimo gennaio, possano iniziare ufficialmente i negoziati di adesione del paese all'Unione europea”.
Normalizzati i rapporti nei settori chiave di energia e telecomunicazioni, resta ora aperto il capitolo più delicato, la partecipazione della minoranza serba in Kosovo alle elezioni locali previste in per il prossimo 3 novembre, vera cartina di tornasole di tutto il processo negoziale.
Alcuni ostacoli sono stati rimossi: il governo kosovaro, ad esempio, ha acconsentito alla richiesta della controparte serba di rimuovere i simboli statali dalle schede elettorali. Pristina però non ha nascosto la propria contrarietà al nome scelto dalla lista unica serba presentata con il supporto ufficiale di Belgrado, denominata “Lista civica 'Serbia'”.
Il vero ostacolo, però, è convincere i serbi che vivono nel nord del Kosovo, che fino ad oggi hanno semplicemente ignorato le autorità di Pristina. In molti rimangono infatti scettici: al di là della retorica di Belgrado, sono convinti che partecipare significherebbe riconoscere di fatto l'indipendenza del Kosovo.
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