Si avvicinano in Serbia le elezioni politiche, fissate per il 21 giugno. Il Partito progressista serbo si appresta ad un nuovo trionfo, mentre l'opposizione boicotta le urne denunciando il crescente clima anti-democratico nel paese. Francesco Martino (OBCT) per il GR di Radio Capodistria [13 giugno 2020]
La Serbia entra nella sua ultima settimana di campagna elettorale per parlamentari 2020, inizialmente previste a fine aprile, ma rimandate al 21 giugno a causa della crisi pandemica di COVID-19.
Le consultazioni politiche di domenica prossima saranno però le meno combattute degli ultimi anni: buona parte dell'opposizione che ha infatti optato per il boicottaggio e il trionfo per il Partito progressista serbo del presidente Aleksandar Vučić è scontato.
Lo stesso Vučić, chiamando alle urne i sei milioni e mezzo di cittadini serbi con diritto di voto, ha fissato l'obiettivo per il suo partito, che domina la scena politica a Belgrado da quasi un decennio: ottenere la maggioranza assoluta in parlamento.
Paradossalmente, col boicottaggio dell'Alleanza per la Serbia, la principale forza di opposizione, il problema per Vučić e i suoi alleati sarà convincere gli interlocutori internazionali che la Serbia rappresenta ancora un sistema democratico funzionante, e non un “regime ibrido” come recentemente denunciato dal think-tank statunitense “Freedom House”.
Nonostante un tentativo di mediazione del Parlamento europeo, l'opposizione ha infatti deciso che non esistono le condizioni minime per un confronto democratico, denunciando controllo dei media e pratiche anti-democratiche da parte della coalizione di governo.
E col boicottaggio al centro dello scontro politico, la campagna ha lasciato finora poco spazio alle delicate questioni che attendono la Serbia nel prossimo futuro: la gestione del dopo coronavirus e la riapertura dei complessi negoziati col Kosovo, fondamentali per il percorso di avvicinamento all'Unione europea.
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