Non vi sarebbero requisiti minimi affinché si tengano elezioni libere e democratiche. E allora l'opposizione minaccia di boicottare le politiche previste nel 2020. Vari esponenti dell'Unione europea intervengono per affrontare la crisi

02/09/2019 -  Dragan Janjić

"Il boicottaggio delle elezioni del 2020 significherebbe per i partiti che decidono di non partecipare alle elezioni l’impossibilità di far sentire la propria voce nel dibattito parlamentare, e questo non contribuirebbe al rafforzamento delle istituzioni democratiche", ha dichiarato il presidente della Commissione per gli affari esteri del Parlamento europeo David McAllister dopo l’incontro con gli esponenti del governo e dell’opposizione serba, tenutosi a Belgrado lo scorso 26 agosto. Durante la sua visita a Belgrado, McAllister non ha incontrato separatamente i deputati e i leader dell’opposizione, motivo per cui la sua visita è stata interpretata da alcuni come un chiaro messaggio rivolto all’opposizione serba affinché smetta di boicottare il lavoro del parlamento e rinunci all’intenzione di boicottare le prossime elezioni politiche.

Alcuni esponenti dell’opposizione, come atteso, hanno reagito con disappunto alle dichiarazioni di McAllister. Dragan Đilas, leader del Partito della libertà e giustizia (SSP), ha emesso un comunicato stampa dai toni abbastanza duri, nel quale si afferma che McAllister "sa cosa sta accadendo in Serbia", ma che "per motivi noti solo a lui" non vuole chiamare le cose con il loro vero nome. Đilas ha ricordato che "i motivi del boicottaggio del parlamento sono illustrati bene nella Relazione della Commissione europea [sui progressi compiuti dalla Serbia nel processo di adesione], in cui si esprime preoccupazione per l’operato del parlamento, la situazione della libertà di stampa e lo stato d’arte della lotta contro la criminalità organizzata" in Serbia.

Durante l’incontro con McAllister, i leader dell’opposizione hanno invitato l’UE a "smettere di sostenere il regime autocratico" del presidente Vučić, sostenendo che partecipare alle elezioni alle condizioni attuali sarebbe come "correre con mani e piedi legati". Gli esponenti dell’opposizione hanno cercato, a quanto pare senza successo, di spiegare a McAllister che il boicottaggio delle elezioni non è lo scopo bensì un mezzo di lotta per creare le condizioni necessarie per lo svolgimento di elezioni democratiche, affermando che durante i recenti incontri tra i rappresentanti del governo e dell’opposizione, organizzati dall’Open Society Foundation Serbia, non è stato compiuto alcun passo avanti. "Il rispetto delle leggi non è negoziabile", ha dichiarato Miroslav Aleksić, deputato eletto tra le fila del Partito popolare (NS), sottolineando che questa è la posizione ufficiale dell’Alleanza per la Serbia (SZS), al momento la più grande coalizione dei partiti di opposizione in Serbia).

Bruxelles e Washington si aspettano che le autorità serbe al più presto compiano decisivi passi avanti per la risoluzione della questione del Kosovo. Nonostante gli esponenti della coalizione di governo, compreso il presidente Vučić, sostengano che a loro non importa se l’opposizione boicotterà le elezioni o meno, un eventuale boicottaggio delle elezioni da parte dell’opposizione non andrebbe di certo a vantaggio della leadership al potere, perché comporterebbe un ulteriore aumento delle tensioni sulla scena politica serba, già molto turbolenta. Le sollecitazioni da parte di Bruxelles e Washington affinché l’opposizione serba rinunci all’annunciato boicottaggio delle elezioni possono essere interpretate anche come un tentativo di preparare il terreno in vista dell’importante e difficile decisione che il governo serbo dovrà prendere sulla questione del Kosovo, auspicabilmente con l’appoggio dell’opposizione.

Crisi

Tre giorni dopo la visita di David McAllister a Belgrado, nella capitale serba si sono recati in visita anche gli ex europarlamentari Eduard Kukan e Knut Fleckenstein. I due si sono incontrati con gli esponenti di tutti i partiti politici per capire se sono disposti ad accettare l’aiuto dell’UE nel miglioramento del funzionamento del parlamento serbo. Gli ex europarlamentari hanno incontrato separatamente i rappresentanti del governo e dell’opposizione serba. Nonostante non abbia portato ad alcun risultato concreto, la visita di Kukan e Fleckenstein può essere interpretata come un chiaro segnale della volontà di Bruxelles di impegnarsi più attivamente nella risoluzione della crisi politica in Serbia.

Già solo il fatto che due ex europarlamentari si siano recati in visita in Serbia dimostra che la situazione politica nel paese è fuori dal normale. Se la situazione fosse normale, ovvero se lo stato di diritto fosse adeguatamente tutelato e se le leggi fossero rispettate, non sarebbero avviati negoziati tra governo e opposizione né ci sarebbe bisogno di alcuna azione di intermediazione da parte della comunità internazionale, a cui si ricorre per aiutare un paese nel compiere la transizione da un regime autocratico verso una democrazia stabile. La Serbia evidentemente non è riuscita a portare a termine questa transizione, iniziata dopo la caduta del regime di Slobodan Milošević, e ora deve compiere ulteriori passi avanti nel difficile e complicato processo di democratizzazione.

L’arrivo di Kukan e Fleckenstein a Belgrado può essere interpretato anche come una presa di coscienza da parte dell’UE della crisi politica in Serbia e del fatto che questa crisi non potrà essere risolta senza risolvere la questione del Kosovo. Occorre tuttavia tener presente che l’UE non ha ancora preso alcuna decisione formale su un’eventuale nomina di un mediatore per la risoluzione della crisi politica in Serbia. L’opposizione serba ha reagito con riserbo alla visita dei due ex europarlamentari, che è stata interpretata da alcuni esponenti dell’opposizione come un segnale di appoggio alla coalizione di governo e al presidente Vučić.

I funzionari dell’UE si sono recati a Belgrado alcuni giorni dopo che il leader del Movimento dei cittadini liberi (PSG, un partito di opposizione) Sergej Trifunović ha pubblicato una lettera aperta in cui ha invitato l’UE ad assumere il ruolo di intermediatore nel dialogo tra il governo e l’opposizione serba volto al raggiungimento di un accordo su una riforma elettorale in vista delle elezioni parlamentari previste per l’anno prossimo. È possibile che sia un caso che l’appello lanciato da Trifunović sia coinciso con l’arrivo dei funzionari dell’UE a Belgrado, ma ciononostante si ha l’impressione che si sia trattato di azioni sincronizzate. Gli altri partiti di opposizione non hanno avuto il tempo di reagire all’iniziativa di Trifunović prima dell’arrivo di McAllister a Belgrado, ma è ovvio che non potranno ignorarla in quanto si tratta di un’iniziativa politica piuttosto seria.

Il raggio d’azione

I precedenti tentativi di avvicinamento delle posizioni del governo e dell’opposizione sono andati a vuoto. Ad agosto si è svolto il terzo incontro – organizzato dall’Open Society Foundation e aperto ai giornalisti – tra i rappresentanti di governo e opposizione in cui si è discusso della riforma elettorale. Dopo questo incontro, alcuni partiti di opposizione, insoddisfatti dell’atteggiamento assunto dalla coalizione di governo, hanno radicalizzato le loro posizioni, diventando sempre più favorevoli al boicottaggio delle elezioni. Questi partiti affermano che non ha alcun senso proseguire il dialogo con il governo perché quest’ultimo non si è dimostrato pronto per avviare cambiamenti.

Il giorno dopo la visita di McAllister a Belgrado il movimento Dveri, che fa parte dell’Alleanza per la Serbia, ha reso noto di aver deciso definitivamente di boicottare le elezioni. Anche il Partito popolare (NS) guidato da Vuk Jeremić, anch’esso membro dell’Alleanza per la Serbia, ha deciso di non partecipare alle elezioni. Le forze di opposizione concordano sul fatto che la leadership al potere alimenti la tensione nella società serba, ignorando completamente le richieste dell’opposizione e di altri oppositori del governo ed esercitando un forte controllo sui media mainstream.

Per quanto siano attratti dall’idea del boicottaggio delle prossime elezioni parlamentari, i partiti di opposizione dovranno riflettere seriamente su come comportarsi nel caso in cui l’UE decidesse di nominare un mediatore per la crisi in Serbia. Se dovessero decidere di rifiutare l’intermediazione di Bruxelles, le forze di opposizione rischierebbero di essere ulteriormente marginalizzate da parte della comunità europea e, di conseguenza, si allargherebbe lo spazio di manovra dellla coalizione di governo. Il fatto che il leader del PSG Sergej Trifunović abbia invitato l’UE ad assumere il ruolo di intermediatore induce a pensare questo partito sia disposto a partecipare ad eventuali negoziati mediati dall’UE. Dal momento che si tratta di un partito che si oppone fortemente alla politica della coalizione di governo, la sua presa di posizione riveste grande importanza.

Il principale sostenitore del boicottaggio del parlamento e delle prossime elezioni, Dragan Đilas, esercita una forte influenza su altri partiti di opposizione. Đilas è uno dei bersagli preferiti della leadership al potere, che lo accusa di essere un ladro e di ostacolare il progresso della Serbia. I leader dell’opposizione non hanno accesso ai media mainstream, attraverso i quali si informa circa l’80 per cento dei cittadini serbi, per cui chiedono che venga modificata la composizione dell’Organo regolatore dei media elettronici (REM) – di fatto controllato dal governo – in modo da consentire agli esponenti dell’opposizione di esprimere le loro posizioni sui principali media serbi.


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