Quarta puntata del diario dalla Georgia di Irene Spagnul
Irene Spagnul è studentessa universitaria all'ultimo anno di Cooperazione Internazionale allo Sviluppo presso l'Université Libre de Bruxelles (Belgio). Sta effettuando uno stage all'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni di Tbilisi. Questa è la terza puntata del suo diario di viaggio, riceviamo e volentieri pubblichiamo
Pochi giorni fa, ad una delle riunioni per il coordinamento degli aiuti umanitari che frequento ormai molto spesso, noto che i due rappresentanti del Governo georgiano presenti sono molto giovani: un ragazzo sulla trentina per il Ministero della Sanità e una ragazza che non dimostra più di 25 anni per il Ministero dell'Educazione.
Lo faccio notare al mio collega Giorgi, seduto a fianco a me. Io, impregnata di incartapecorita politica italiana, penso che sia formidabile avere dei politici così giovani. Lui invece non ne è così entusiasta. Mi spiega che la giovane età dei funzionari statali in Georgia è un problema quasi quanto l'avanzata età dei loro omonimi europei: "non hanno esperienza e sono chiamati a coprire ruoli di alto livello, mi spiega. Ecco perché ci sono falle nelle competenze e problemi di gestione della cosa pubblica."
So che il Presidente Saakashvili è molto giovane, ha solo 41 anni, ma non sono informata sui componenti del governo così nel pomeriggio faccio una rapida ricerca e scopro quanto segue: Lado Gurgenidze (Primo Ministro), 38 anni, David Kezerashvili (Ministro della Difesa), 30 anni, Eka Tkeshelashvili (Ministro per gli Affari Esteri), 31 anni, Nika Gilauri (Ministro delle Finanze), 33 anni.
Effettivamente sono molto, forse troppo, giovani.
In serata, a cena, ne parlo con il mio amico Dimitri che conferma il presentimento che avevo: la Rivoluzione delle Rose del 2003 è stata la gomma che ha cancellato i legami sovietici dei politici georgiani. Da quel giorno tutti gli anziani politici che ancora mantenevano legami nostalgici con la Russia sono stati scalzati dai loro posti di responsabilità e sono stati sostituiti da giovanissimi neolaureati (spesso in università europee o statunitensi) dalle mentalità e dagli spiriti occidentali che facessero dimenticare alla nuova Georgia il suo passato comunista.
Ma a Dimitri non piace molto parlare di politica così mi propone una gita fuori porta: il giorno dopo mi porta al Monastero di Shio-Mgvime che si trova ad una trentina di chilometri da Tbilisi, in direzione di Mstkheta. L'unica strada possibile, peraltro ghiaiosa e di difficile percorrenza, passa tra le montagne, nel nulla, non ci sono case né altre strade. Non c'è traccia di anima viva. Dopo parecchie curve pericolose e un numero imprecisato di buche sulla strada, scorgo finalmente il complesso monastico di Shio-Mgvime, incastrato in una conca di pietra calcarea. Secondo la tradizione, la prima comunità monastica in questo luogo fu fondata nel VI secolo dal monaco Shio che, si racconta, passò i suoi ultimi anni di vita da eremita in una profonda grotta di questa stessa parete calcarea che è ora di fronte a me. Da qui il nome del monastero che letteralmente significa "grotta di Shio".
I dipinti all'interno della chiesa sono meravigliosamente conservati, i colori sono nitidi ed è quasi deserto. I visitatori sono pochissimi, si possono contare sulle dita di una mano.
Una piccola corte collega la chiesa a due ulteriori edifici: una casa, che ospita i pochi monaci che si vedono passeggiare nel giardino, e una piccola cappella in fase di ristrutturazione interna. Entriamo nella cripta dove, alla luce fioca delle candele, scorgiamo una grande tomba in pietra. Proseguiamo poi nella stanza attigua, in pietra beige molto chiara, senza finestre e dalle dimensioni decisamente ristrette, dove un monaco sta disegnando delle stelle dorate sul soffitto dipinto di blu.
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