Irene Spagnul nel fine settimana si è recata a Yerevan. Dal suo diario il racconto della visita alla capitale armena
Decido di passare lo scorso weekend a Yerevan, la capitale armena.
Con il mio amico Dimitri, raggiungiamo la stazione degli autobus di Tbilisi, anche se chiamarla così è un eufemismo. E' un grande parcheggio fatiscente in cui stazionano alcuni minivan in partenza (le famose marshrutka). Gli autisti fanno capannello sul piazzale aspettando i passeggeri. Dimitri stringe la mano e scambia due parole con l'autista del minivan per Yerevan (sembra quasi che sia necessario fare la conoscenza dell'autista prima di partire), lo paghiamo, ci sistemiamo negli strettissimi sedili senza cintura di sicurezza e partiamo intorno alle 10.
Dopo circa un'ora, passata Marneuli, arriviamo al confine con l'Armenia, al valico di Sadakhlo. Tutti i passeggeri scendono per il controllo dei passaporti. Ai georgiani basta un timbro, per me invece la procedura è più lunga. Da parte armena vengo invitata a compilare il questionario per la richiesta di visto e a pagare 15.000 dram (circa 40 €). Mi soffermo a guardare la ricevuta del pagamento, scritta in armeno, mentre il poliziotto al di là del vetro attacca il visto alla seconda pagina del mio passaporto.
Riprendiamo il tragitto. La strada che percorriamo, per un lungo tratto tra le montagne che separano Armenia e Georgia, è una delle tre che oltrepassano il confine. L'asfalto è dissestato e non c'è abbastanza spazio per due intere corsie. La segnaletica è scarsa e io mi sento morire ogni volta che incrociamo un veicolo proveniente dalla parte opposta ma il panorama è molto bello, nonostante la nebbiolina leggera.
Oltrepassiamo boschi e pascoli, piccoli villaggi e case sparse. Viaggiamo intorno ai 1000 metri, mai oltre i 1200. Dopo circa 3 ore arriviamo a Yerevan, essa stessa si trova a poco meno di 1000 metri sul livello del mare ma la temperatura è molto mite.
Dopo esserci sistemati a casa di Stepan, l'amico armeno di Dimitri che ci ospita, torniamo in centro per un giro turistico. Prendiamo la metropolitana il cui ingresso costa 50 dram (0,13 €). Contrariamente a quella di Tbilisi, la metropolitana di Yerevan è il mezzo più rapido e comodo per spostarsi in città. Copre circa 13 chilometri e 10 fermate. La sua costruzione risale al periodo sovietico ma dopo il 1989 sono stati cambiati soltanto i nomi di alcune delle fermate. Riusciamo ad orientarci perché Dimitri ci è già stato e, ancora contrariamente a Tbilisi, tutti parlano correntemente e anche piuttosto volentieri il russo.
Facciamo una passeggiata nell'appena ristrutturato Parco degli Amanti, poi proseguiamo verso il nuovo complesso di palazzi e negozi di lusso per poi sbucare in Piazza della Repubblica.
Durante la passeggiata mi scopro sorpresa. Sono abituata agli azzardati attraversamenti pedonali di Tbilisi, alla sua mancanza di semafori e alle auto sui marciapiedi mentre qui vedo strade larghe e ben asfaltate, auto nei parcheggi, semafori (che vengono rispettati, se non dai pedoni almeno dalle auto), numerosi cestini dei rifiuti (al Parco degli Amanti ci sono addirittura i cestini per la raccolta differenziata).
Intorno a me noto parecchi cantieri di lavori in corso. Il settore delle costruzioni armeno sta sperimentando una vertiginosa crescita da 8 anni a questa parte. La capitale è stata oggetto di un controverso processo di sviluppo urbanistico durante il quale sono stati demoliti e rimpiazzati edifici risalenti all'epoca zarista e sovietica. L'effetto è una Yerevan molto moderna, molto più europea di Tbilisi oserei dire, ma anche una spaventosa crescita del prezzo del mattone.
Andiamo a cena in un bel ristorante all'aperto, in un parco. Mangiamo zuppa armena (di dubbia provenienza perché a base di yogurt georgiano) e kebab con pane armeno, sotto forma di sottilissimo foglio.
Il giorno dopo, nel pomeriggio, approfittiamo del sole per visitare il famoso Matenadaran una delle biblioteche più ricche del mondo in libri antichi e manoscritti. La collezione risale al 405 quando Santo Mesrop Mashtots, la cui immagine è sul mio visto, creò l'alfabeto armeno. Nel 1920, la collezione, conservata nella sede della Chiesa Apostolica Armena a Echmiatsin, fu confiscata dai Bolscevichi, fusa con altre collezioni e spostata a Yerevan nel 1939. Il 3 marzo del 1959, fu fondato l'Istituto Matenadaran con l'obiettivo di conservare le opere della collezione.
Sfortunatamente la biblioteca è chiusa così torniamo a casa di Stepan e programmiamo il ritorno a Tbilisi. Grazie al suo aiuto scopriamo che non ci sono minivan che partono per la Georgia nel pomeriggio né in serata. C'è solo un treno che parte alle 7 della sera stessa e arriva a Tbilisi l'indomani mattina alle 10. Mi chiedo come sia possibile che un treno percorra in 15 ore un tragitto che in automobile viene fatto tranquillamente in 4. "Siamo nel Caucaso", mi viene risposto con candore.
Risolviamo la situazione perché Stepan ingaggia un suo amico affinché ci accompagni in auto fino al confine con la Georgia per la stessa somma che abbiamo pagato all'andata per la marshrutka. Il fratello di Dimitri invece ci verrà a prendere al confine.
Prima di rimetterci in viaggio, ci fermiamo in un negozio a comprare del cognac per il padre di Dimitri. E' una bevanda molto famosa: ne vengono esportate 2 milioni di bottiglie al mese solo verso al Russia. Si dice che il cognac armeno sia stato l'unico tipo che William Churchill fosse capace di bere. Si racconta allo stesso modo che Stalin si lamentava di come Churchill si preoccupasse molto più del trasporto del cognac armeno negli Stati Uniti che non dell'andamento della guerra.
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