Irene Spagnul sta effettuando uno stage all'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni di Tbilisi. Dal suo diario il racconto sulla situazione degli sfollati georgiani della guerra di agosto
La settimana scorsa abbiamo ospitato nei nostri uffici Fabrice, consulente IOM per la salute mentale e il supporto psicosociale ai migranti, arrivato da Roma per condurre una valutazione dei bisogni sulla salute mentale degli sfollati georgiani della guerra di agosto. Nel corso della settimana sono stata io ad accompagnarlo a numerosi incontri con gli attori locali e internazionali che operano sul campo in questo ambito.
Uno di questi si rivela inaspettatamente molto interessante, anche per me che non sono un'esperta in questo campo.
Sono presenti rappresentanti di ONG e associazioni locali e qualche grande organizzazione internazionale come Medicins Sans Frontières. Proprio la rappresentante di MSF, una giovanissima ragazza francese molto spigliata, riporta la sua esperienza di psicologa nei centri collettivi di Tbilisi. "Esistono due situazioni tipo, spiega. Nei grandi centri collettivi dove vivono indicativamente più di 100 sfollati i legami sociali sono molto deboli, si combatte per avere una coperta in più, si litiga tra vicini di stanza e l'atmosfera è molto pesante. Negli edifici meno popolati, invece, i legami sociali sono forti, c'è più umanità e solidarietà, le famiglie si aiutano le une con le altre".
"La categoria che più ci preoccupa, continua la ragazza di MSF, è quella dei maschi adulti, anche se a prima vista si potrebbe supporre che i gruppi più vulnerabili siano gli anziani e i bambini. Gli uomini che sono stati sfollati non hanno più un lavoro, sono stati privati del loro compito principale di mantenere la propria famiglia. Si sentono inutili, privi di potere e di autorità nei confronti dei figli e delle mogli e passano la maggior parte del loro tempo in piccoli gruppi a chiacchierare e, purtroppo, fumare e bere. Trascorrono le loro giornate aspettando gli aiuti umanitari. Sono convinti di non poter trovare un'altra occupazione, di non essere in grado di riprendere in mano le loro vite." Passività e dipendenza, per riassumere.
E' però anche vero, penso, che è difficile riorganizzare la propria vita su un futuro così incerto. Queste persone non sanno dove saranno domani, non sanno se rimarranno a Tbilisi, se il governo le farà trasferire nei nuovi centri residenziali al di fuori della capitale o se verranno fatte rientrare nelle proprie case, al confine amministrativo con l'Ossezia del Sud. Secondo le ultime notizie dal Ministero dei Rifugiati, il 15 dicembre prossimo circa 10.000 persone saranno risistemate nel nuovo centro residenziale di Tserovani, a pochi chilometri dalla capitale. E non ci sarà possibilità di scelta per nessuno. Come è già stato fatto nelle settimane precedenti, verranno parcheggiati degli autobus vuoti davanti ai centri collettivi e le persone sfollate saranno invitate a salirci con le proprie cose per essere trasferite chissà dove. E' risaputo quanto sia profonda la frustrazione degli abitanti dei centri collettivi per come l'attuale governo ha gestito la loro migrazione. Non sono stati coinvolti a nessun livello decisionale e ora le loro vite devono adeguarsi a decisioni politiche prese molto in alto.
Inoltre gli sfollati sono molto restii ad andare a vivere a Tserovani. Oltre ai cottage costruiti appositamente per loro non c'è nient'altro: nessuna scuola, nessun negozio, nessun ospedale. Attorno al complesso residenziale c'è il nulla perché si trova fuori dalla periferia di Tbilisi e non ci sono mezzi di trasporto per raggiungere la capitale. I bambini non potranno andare a scuola, gli uomini non potranno lavorare, nessuno potrà essere curato.
Non è un mistero che, in un ambiente del genere, il rischio di un elevato tasso di violenze domestiche, di alcolismo e di banditismo è molto alto.
Durante la scorsa settimana sono stata anche all'opera a vedere l'"Aida". Rimango attonita davanti alla bellezza dell'edificio sia all'esterno che all'interno.
L'Opera di Tbilisi si trova nella parte centrale di Rustaveli Avenue e l'edificio che la ospita è il più antico teatro di tutta la Georgia. La fondazione di questo teatro è stata la conseguenza del processo culturale e politico verificatosi in Georgia dopo l'annessione all'Impero Russo.
Nella prima metà dell' '800, il governatore capo del Caucaso, il generale Mikhail Vorontsov, mise in piedi numerose attività culturali, tra cui appunto le opere teatrali. Su iniziativa del generale, il 15 aprile 1847, venne posta fisicamente la prima pietra dell'edificio che più tardi avrebbe ospitato l'Opera, in Liberty Square. La costruzione completa durò 4 anni sotto la guida dell'architetto italiano Antonio Scudieri. Dato l'amore per l'arte e la musica del popolo georgiano, questo teatro ebbe un ruolo cruciale nella vita culturale del paese.
L'11 ottobre 1874 il teatro venne però completamente distrutto da un incendio e, con l'edificio, tutti gli scenari, i costumi e la libreria musicale.
Nel 1896, sull'attuale Rustaveli Avenue, venne costruito il nuovo teatro progettato dall'architetto tedesco Viktor Alexandrovich Schreter. Più capiente del precedente, il nuovo edificio venne soprannominato "Treasury Theatre".
Il crollo dell'Unione Sovietica e la guerra civile nei primi anni '90 incisero gravemente sulle attività del teatro dell'opera. Il governo non fu capace di allocare sufficienti risorse per rilanciare le attività culturali e questo impedì per parecchi anni il rinnovamento di scene e costumi, il reclutamento di nuovi artisti e il mantenimento del giù vulnerabile edificio.
Dopo la Rivoluzione delle Rose nel 2004 la situazione è notevolmente migliorata sotto la presidenza Saakashvili che ha dato una boccata d'aria alle attività culturali del paese comprese ovviamente quelle del teatro dell'opera.
Oggi infatti il calendario degli eventi è molto ricco. Questa stagione 2008-2009 prevede almeno cinque spettacoli a settimana, tra opere, balletti e commedie. Due i classici previsti per quest'ultima settimana di novembre: "Rigoletto" e "Un ballo in maschera" di Verdi.
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