Il tredicesimo Gay Pride di Zagabria si è svolto senza disordini lo scorso sabato 14 giugno. Per gli organizzatori, è stata l'occasione per chiedere al governo di accelerare sul progetto di unioni civili attualmente in discussione al Parlamento croato
Più di cinquemila persone hanno sfilato - secondo la polizia - nelle strade di Zagabria, sabato 14 giugno. Una manifestazione che si è svolta pacificamente sotto lo sguardo incuriosito dei passanti e quello più distante delle forze dell'ordine. Ad aprire il corteo, nella piazza dedicata alle vittime del fascismo, un ampio arcobaleno di palloncini colorati e la scritta "Siamo inarrestabili".
"Sono undici anni che vengo al Gay Pride a Zagabria", racconta Darko Stošić, uno degli attivisti che tiene lo striscione in prima fila. "Ora non ci sono problemi, tutto si svolge tranquillamente. Ma i primi anni, sembrava volessero ucciderci!".
Arrivato alla sua tredicesima edizione, il Gay Pride di Zagabria è ormai un appuntamento fisso per la capitale croata. "Non c'è nessun problema per il momento, e non credo ci saranno incidenti", afferma uno dei poliziotti che passeggiano ai lati del corteo. Muniti di giubbotto antiproiettile, ginocchiere e stivali pesanti, sono almeno 60 ad accompagnare i manifestanti fino alla piazza centrale e poi ai giardini pubblici sul viale alberato che porta alla stazione.
Lungo il percorso, gli zagabresi si affacciano alle finestre per seguire la sfilata. Sono per la maggior parte giovani che scattano qualche foto con il cellulare, ma ci sono anche persone più anziane. All'incrocio tra Gundulićeva e Masarykova, un operaio sulla sessantina, impegnato nella ristrutturazione di un balcone, borbotta qualcosa contro i manifestanti. Al pianoterra, Fikret Cacan saluta un'attivista dal tavolino del bar. "La conosco!", assicura sorridendo lo scrittore, classe 1958.
La Croazia un paese gay-friendly?
Che la Croazia sia diventata un paese moderno, laico e gay-friendly? I manifestanti non sono tutti dello stesso avviso. Per Tihomir, membro dell'associazione Youth Initiative for Human Rights, "la Croazia ha fatto molti passi avanti negli ultimi anni". Per Nina, originaria di Dubrovnik ed iscritta all'università nella capitale, "la Croazia è ancora un paese molto conservatore". Entrambi hanno le loro ragioni.
Da un lato, il Gay Pride si svolge oggi senza difficoltà o opposizioni di alcun tipo. Dall'altro, la Croazia è l'unico paese in Europa ad aver limitato i diritti della comunità LGBT tramite un referendum, appena un anno fa. "Quello che è successo l'anno scorso è pazzesco", dice Mariana, che guida la sfilata, megafono alla mano.
Il primo dicembre 2013, i suoi concittadini hanno deciso che il matrimonio deve essere riservato alle sole coppie eterosessuali. Nonostante l'opposizione del governo e di molte associazioni, la Costituzione croata è stata emendata in seguito a quel referendum.
"Tra un anno e mezzo ci saranno nuove elezioni e sono certa che potremo modificare di nuovo la Costituzione", assicura Mariana. Per il momento, in Croazia, le coppie omosessuali devono accontentarsi del progetto di legge sulle unioni civili già presentato in Parlamento a gennaio.
"Dopo il referendum dell'anno scorso, molti militanti pensano che le unioni civili siano un piano b" - spiega Marko Jurčić, uno degli organizzatori del Zagreb Pride - "In realtà, è da anni che trattiamo con l'SDP perché le inseriscano nella loro agenda politica. Garantiranno gli stessi diritti di un matrimonio, salvo l'adozione".
Diritti e politica
Stando alle promesse del governo di Zoran Milanović, le unioni civili dovrebbero diventare realtà entro l'estate. "Sono un primo passo in vista della completa parità", prosegue Marko Jurčić. "La maggior parte dei paesi europei non ha ancora legalizzato il matrimonio omosessuale, alcuni non prevedono nemmeno le unioni civili. Non mi aspettavo certo che la Croazia fosse avanguardista in materia…". Per gli organizzatori del Gay Pride, quindi, il progetto di legge del governo è più che sufficiente per il momento: non c'è bisogno di invocare una contro-modifica della costituzione, che, peraltro, difficilmente passerebbe lo scoglio del referendum, afferma Marko.
Ma se i rapporti con l'attuale esecutivo di sinistra soddisfano la comunità LGBT croata, il futuro non fa ben sperare. L'organizzazione che ha messo in piedi il referendum dell'anno scorso, "Nel nome della famiglia", ha in programma nuove azioni, questa volta contro l'aborto, l'educazione sessuale e i diritti delle donne. E come se non bastasse, spiega Marko, la destra croata sembra condividere in toto le loro idee.
"La mia più grande paura oggi è pensare a come sarà la Croazia tra due anni, dopo le prossime elezioni", ammette il giovane attivista. Se alle politiche di fine 2015, l'HDZ ripeterà il buon risultato delle scorse europee, il prossimo governo croato sarà sicuramente conservatore. "Il problema è che oggi l'HDZ è molto più a destra di qualche anno fa" - spiega Marko - "se dovesse passare al governo, la Croazia diventerebbe una nuova Ungheria, o una piccola Polonia in quanto ai diritti dei gay".
Nell'attesa delle prossime elezioni politiche, gli attivisti LGBT assicurano che non staranno a guardare: "Zagabria, Fiume e l'Istria sono le parti più tolleranti della Croazia" - conclude Marko - "ma c'è ancora molto da fare in Dalmazia e in Slavonia".
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