Il nuovo esecutivo albanese

Entrato in carica a metà settembre, il nuovo esecutivo albanese guidato da Edi Rama ha già preso decisioni importanti, come l'annullamento della contestata legge sull'importazione dei rifiuti. Ma saprà mantenere l'energia riformatrice che emerge in queste prime settimane? Una rassegna

01/10/2013 -  Marjola Rukaj

A metà settembre è iniziato ufficialmente il mandato del governo di Edi Rama: dopo la votazione in parlamento e dopo il giuramento davanti al Presidente della repubblica. Con novità e sorprese, ma non senza nomi già sentiti e pratiche già viste.

Le fasi iniziali del nuovo governo sono senza dubbio caratterizzate da molta cura dell’immagine e un'euforia che sembra far passare in secondo piano le pesanti responsabilità con cui il nuovo governo Rama dovrà fare i conti: superare il retaggio dei governi precedenti, la corruzione dilagante nel paese e l’integrazione europea.

Il governo che verrà

Sono state numerose le scommesse sui compromessi che sarebbero seguiti all’alleanza tra il Partito socialista di Edi Rama e l’LSI di Ilir Meta. A dire il vero, dalle prime scelte di Rama, sono arrivate più smentite che conferme. Ilir Meta, il cui partito è stato decisivo per la sconfitta di Berisha nelle ultime elezioni, sarà il nuovo presidente del parlamento albanese, un ruolo sicuramente più istituzionale e stabile rispetto alle solite cariche ministeriali. Gli albanesi si dovranno quindi abituare ad un arbitro parlamentare molto più pacato e meno carismatico rispetto alla figura uscente di Jozefina Topalli.

Come in molti hanno sottolineato il nuovo governo è tra quelli con la maggiore presenza femminile nella storia dell’Albania. Alquanto rivoluzionario l’incarico a capo del ministero della Difesa a Mimi Kodheli, storico braccio destro di Edi Rama, che gode della reputazione di “donna di ferro” all’albanese e secondo alcuni anche l’alter ego razionale di Edi Rama sin dai tempi in cui l’attuale premier era sindaco di Tirana.

Altre donne entrate al governo provengono dalle fila del PS come Englantina Gjermeni, ministra dello Sviluppo Urbano e del Turismo, oppure hanno un background tecnico e accademico come Milena Harito, ministro per l'Informazione, l'Innovazione e la Pubblica amministrazione e Mirela Kumbaro intellettuale di spicco a capo della cultura nel nuovo governo Rama.

Meno interessanti gli incarichi maschili costituiti per lo più da politici di lunga data, fedeli delle fila del PS e dell’LSI. La maggior parte sono coetanei di Edi Rama, comportando un moderato ricambio generazionale rispetto ai precedenti governi, con un record della ministra per l’Integrazione Europea, Klajda Gjosha classe ’83 e con un rappresentante dei trentenni del PS Erion Veliaj, promosso a ministro del Benessere Sociale e della Gioventù, che come molti altri socialisti della sua generazione proviene dalla (screditata per molti versi) società civile albanese.

Una squadra fatta a immagine e somiglianza di Edi Rama quindi, proveniente per lo più dalla classe media dell’Albania urbana, con un minor retaggio di frustrazioni politiche e sociali rispetto alle personalità di spicco del PD di Berisha.

E dopo Berisha, Berisha

Tra le fila della destra l’uscita di scena di Berisha è stata traumatica - in positivo e in negativo - creando non poco disorientamento non solo all’interno del suo PD, pesantemente incentrato sulla figura carismatica e paternalistica del leader, ma anche sul resto del ventaglio politico albanese, che si trova a dover fare i conti con un nuovo schema tutto da definire.

Vi è infatti da riempire il vuoto lasciato da una personalità politica ingombrante come quella di Berisha, si deve arrivare alla definizione di una necessaria opposizione costruttiva, va reinventata la Destra albanese e va valutata la stessa posizione personale dell'ex premier.

Quest’ultimo ha infatti annunciato il suo ritiro da ogni ruolo politico al vertice del PD e della politica albanese, rimanendo però in politica come deputato al parlamento. A seguito di molte discussioni e crisi interne avvenute nel corso dei mesi estivi, è diventato leader del Partito Democratico l’attuale sindaco di Tirana, Lulzim Basha, considerato da molti come delfino e fedele dello stesso Berisha.

E, come era prevedibile, nonostante la sua forte personalità e l’esperienza pluriennale nel PD, Basha sembra rimanere una figura secondaria in un PD tuttora dominato da Berisha. Non sembra infatti che l’ex premier abbia inteso ritirarsi sul serio, pur non essendosi reinventato del tutto nei nuovi termini.

Berisha rimane politicamente attivo e quantomai polemico, attraverso conferenze stampa ma anche a colpi di post su Facebook. Per lo più l’ex premier reagisce difendendo il suo operato e criticando i primi passi del governo Rama. I toni e la frustrazione che domina le sue esternazioni non lasciano sperare che Berisha si decida ad impegnarsi per avviare un’opposizione costruttiva, così necessaria al neo-governo.

Sturm und Drang”

Euforia e ottimismo sono state le prime reazioni degli albanesi nel vedere svolgersi elezioni non contestate, che hanno portato alla sconfitta di Berisha e non hanno provocato alcun conflitto interno nel paese.

E le prime mosse, rapide e drastiche, del governo Rama sembrano voler comunicare fiducia e ringraziamento agli albanesi, delegittimando alcune delle decisioni più impopolari prese del governo precedente. E questo è avvenuto subito, addirittura pochi minuti dopo la votazione in parlamento del nuovo governo.

Così, sembra chiuso il calvario burocratico degli ambientalisti albanesi, che da almeno due anni a questa parte si erano stretti in un’alleanza civica per impedire l’attuazione della legge sull’importazione dei rifiuti dall’estero.

Dopo anni di lotte burocratiche e noncuranza da parte delle autorità, gli ambientalisti erano riusciti a ottenere una data, il prossimo dicembre, per un referendum sull’importazione dei rifiuti. Il nuovo governo ha anticipato la consultazione popolare annullando la legge approvata nel 2011 sull’importazione dei rifiuti. Rama ha commentato tale mossa come una delle prime promesse fatte nel corso della campagna elettorale, attuata immediatamente. Una mossa sicuramente di grande impatto, e dall’enorme valenza psicologica, che però non risolve del tutto la questione dell'importazione dei rifiuti, che poggia su numerose delibere del consiglio dei ministri e su un mercato informale che le autorità albanesi hanno spesso e volentieri tollerato.

Di non poca importanza simbolica, ma probabilmente superflua, è stata invece la decisione subitanea di rimuovere il ritratto dell’attuale presidente della Repubblica Bujar Nishani dalle istituzioni pubbliche, per rimpiazzarlo con il ritratto di Ismail Qemali, uno dei padri della nazione che ha proclamato l’indipendenza dell’Albania nel 1912. Una presa di posizione e un misconoscimento, seppur simbolico, della figura super partes quale dovrebbe essere quella del capo dello Stato.

Non sono mancate le iniziative estetiche e di investimento sull’immagine, tra cui l’intervento per una parziale ricostruzione e arredamento della sede del consiglio dei Ministri. Discutibile non da ultimo anche la decisione di assumere come consigliere l’ex premier britannico Tony Blair, non curanti del fatto che la popolarità di quest’ultimo presso la sinistra europea abbia visto di gran lunga giorni migliori.

Rinnovamento quindi e voglia di affermarsi e legittimarsi al potere, puntando per ora sull’immagine e sul carisma di un’Albania urbana e professionale. Ma le sfide che attendono il governo Rama sono numerose e richiedono politiche e strategie articolate che non erano esattamente il punto più forte della campagna elettorale di nessuno dei partiti in gara. Passati i primi mesi dell’euforia Rama dovrà guardarsi bene dal non cadere nel vortice dei governi socialisti di Fatos Nano, dalla facciata promettente ma dall’operato scarso e corrotto che hanno solitamente spianato la strada all’avvento al potere di Berisha.

 

Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell'Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Racconta l'Europa all'Europa


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