La "sindrome dei Balcani" non sarebbe causata direttamente dalla radioattività dei proiettili all'uranio impoverito ma dalle microparticelle rilasciate nell'ambiente a seguito delle esplosioni di queste bombe. Vengono poi assimilate dall'uomo per inalazione o per ingestione e, quando contengono metalli pesanti, l'organismo può sviluppare forme tumorali. La c.d. "sindrome dei Balcani" interesserebbe ormai territori diversi, dai poligoni di tiro della Sardegna a Ground Zero. Nostra intervista
La dott.ssa Antonietta Gatti, responsabile del Laboratorio dei Biomateriali dell'Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, lavora ad un progetto di ricerca europeo sulle correlazioni tra tumori e altre patologie ed esposizione a micro e nanoparticelle. Nel corso della ricerca, il gruppo di scienziati ha individuato il settore militare come l'ambito più interessante per rintracciare l'origine delle nano-patologie. Le indagini hanno infatti evidenziato la presenza nei tessuti di militari reduci dai Balcani e dalla guerra nel Golfo di particelle contenenti metalli pesanti. Identici – anche se non rilevanti ai fini statistici - i risultati delle analisi condotte su di un campione di cittadini di Sarajevo, anch'essi ammalatisi di linfoma. L'organismo umano sarebbe in grado di sintetizzare alcune nano particelle, come quelle prodotte dall'inquinamento da idrocarburi, ma non i metalli pesanti. Per questo chi è stato esposto ai bombardamenti all'uranio impoverito si ammala, così come chi assume attraverso la catena alimentare prodotti raggiunti da quel tipo di inquinamento. Lo stesso fenomeno si sta registrando a Manhattan. Nella coda e nelle ali degli aerei dirottati dai terroristi c'era uranio, utilizzato come stabilizzatore
Come è nato il vostro progetto di ricerca?
E' un progetto europeo dal nome "Nanopathology" che prevede lo studio di nanopatologie da micro e nano-particelle. Coinvolge il nostro laboratorio di biomateriali all'università di Modena e Reggio Emilia, il Department of Materials and Metallurgy dell'Università di Cambridge e l'Institute of Pathology presso la Johannes Gutenberg Universität di Mainz, oltre all'azienda FEI italiana e alla Biomatech francese. Con il progetto volevamo dimostrare che alcune patologie dell'uomo di origine ignota possono essere provocate dall'esposizione a polveri sottili, costituite dunque da micro e nano-particelle. Il progetto ha visto l'analisi di più di 300 soggetti, essenzialmente affetti da cancro e altre patologie finora ignote, i cui campioni ci sono stati inviati dai vari istituti di anatomopatologia di Mainz, di Londra, del Canada, ecc. Abbiamo però analizzato anche alcuni casi collegati alla sindrome dei Balcani.
Come siete arrivati ad occuparvi anche di questi ultimi?
Si tratta di 20 casi e tutto è accaduto per una serie di coincidenze. Abbiamo avuto a che fare con alcuni soldati reduci dai Balcani e dalla Guerra nel Golfo, non perché li avessimo cercati ma perché sono stati loro a richiedere l'analisi dei propri campioni. In quel momento avevo sviluppato una nuova tecnica diagnostica, tuttora molto innovativa, che permette di vedere e fotografare le nano-particelle presenti nei tessuti patologici analizzati.
In questi campioni di tessuto patologico che cosa ha trovato?
Nei campioni patologici di questi militari ho trovato micro e nanopolveri di varie composizioni, ma senza trovarvi mai tracce di uranio. Prima di iniziare tale studio ero convinta che essendo in un'era di nano-tecnologia, le nano-particelle fossero confinate in laboratori specifici. Il fatto infatti che le polveri potessero entrare nel circolo sanguigno e linfatico e fissarsi nei tessuti non era mai entrato nei pensieri dei fisiologi e dei patologi. Invece mi sono resa conto che esse erano presenti nei tessuti delle persone coinvolte nello studio e che tutte erano legate ad eventi patologici.
Queste nano-particelle sono talmente piccole che, se le respiriamo o le ingeriamo, passano ogni barriera del nostro organismo, sia quella polmonare sia quella gastro-intestinale. Esse non sono biocompatibili né biodegradabili, e, se si tratta di metalli, possono essere cancerogene.
Una volta entrate nel corpo umano, non ne escono più e arrivano negli organi dove si fermano e si accumulano…quindi si possono accumulare anche nei linfonodi, dove le abbiamo trovate, purtroppo quando però avevano già provocato il linfoma tipico dei reduci dai Balcani.
Quindi ci siamo trovati in una situazione che, se da un lato era molto interessante dal punto di vista scientifico, dall'altro ci ha posto di fronte a dei pazienti esposti ad un inquinamento in un certo senso molto piccolo, cioè "nano", che ci ha lasciati perplessi. E quell'inquinamento è innescato da bombe ad alta tecnologia, non solo all'uranio impoverito, che, al momento dell'esplosione, inducono temperature altissime capaci di produrre polveri anche molto sottili. E' già stato dimostrato dall'Università di Leuven che polveri di 0,1 micron, se respirate, arrivano nel sangue in soli 60 secondi, in un'ora sono già nel fegato e quando si accumulano negli organi la loro capacità tossica fa il suo decorso.
Siamo così arrivati a capire che il settore militare poteva essere un ambito di nicchia molto interessante per dimostrare l'origine delle nano-patologie che stavamo studiando. L'ambito militare è infatti importante perché i soggetti coinvolti sono tutti inizialmente sani, cioè, almeno ragionevolmente, non affetti da patologie da polveri. Questi, inoltre, sono tutti controllati assiduamente, e non a campione, dal punto di vista sanitario. Tutti, infine, hanno un altissimo rgado di probabilità di essere esposti al cosiddetto "inquinamento bellico", vale a dire quello indotto dalle esplosioni ad alta temperatura.
Sappiamo che avete analizzato anche campioni di civili di Sarajevo. Avete trovato delle specificità tra i militari, i civili di Sarajevo e gli altri casi dello studio?
Campioni di civili di Sarajevo ci sono stati inviati dall'istituto di anatomopatologica della città bosniaca. Per ora si tratta solo di 8 casi perché il progetto attuale si conclude con la fine di quest'anno, anche se speriamo di poter continuare ad analizzarne altri con l'avvio della nuova fase progettuale che stiamo presentando ora in sede europea. Sebbene si tratti di soli 8 casi, posso fornire un dato: tutti quanti presentano lo stesso tipo di nano-particelle e tutti gli 8 pazienti hanno contratto un linfoma. Purtroppo però non è stato possibile sapere il luogo e il momento dell'esposizione alle polveri, perché a causa della guerra sul territorio c'è stato grande movimento di persone e l'istituto locale non ha investigato l'anamnesi.
Rispetto alle malattie che colpiscono i militari la percentuale di linfomi di Hodgkin e non Hodgkin è significativa, ma dobbiamo anche aggiungere che pazienti con gli stessi linfomi se ne trovano tutti i giorni negli ospedali. Abbiamo cioè scoperto che purtroppo anche da noi esistono casi di inquinamento da nano-particelle, legato alle polveri prodotte, per esempio, da inceneritori e da certe fabbriche particolari. Abbiamo così deciso di continuare con la ricerca andando a vedere là dove si fa la guerra "per gioco", cioè nei poligoni di tiro. Abbiamo ottenuto la conferma che il problema è lo stesso, anche qui legato alla produzione di polveri sottili. Poi è seguita l'analisi dei militari reduci dai Balcani e dalla Guerra le Golfo che avevano già sviluppato patologie analoghe; abbiamo trovato le stesse similitudini anche se le chimiche erano diverse. Il concetto è che alte temperature di combustione producono aerosol la cui chimica è occasionale e dipende da ciò che sta bruciando in quel momento. La composizione chimica del particolato è diversa a seconda se si tratta di un inceneritore, o di una bomba all'uranio, o ancora se quella bomba va a colpire una fabbrica di armamenti, una raffineria, e così via. L'inquinamento è differente, ma si tratta sempre di polveri sottili.
Voglio aggiungere che in base a questa teoria, nel settembre del 2002 - ad un anno dal crollo delle torri gemelle - ho mandato un articolo all'Herald Tribune nel quale scrivevo che se già c'erano state tante vittime da trauma, probabilmente molte altre ne sarebbero seguite, ma che non sapevo se l'origine delle patologie, questa volta indipendenti da fatti traumatici, sarebbe stata riconosciuta. Il 5 ottobre di quest'anno sono stata invitata da una fondazione medico-scientifica di New York 1(Foundation for the Advancement of Science and Education) ad esporre il mio studio, perché dopo il crollo delle torri si ritrovano con un "piccolo" problema: 180.000 ammalati nella sola Manhattan. Ricordiamo che in quell'occasione sono stati vaporizzati due aerei (che contenevano uranio nelle ali e nella coda come stabilizzatore), ed inoltre bruciarono ad alte temperature vari materiali di cui le torri erano composte… Producendo polveri sottili.
Chi ha inalato quelle polveri sta avendo grossi problemi: tumori, linfomi, leucemie. I cani usati a Ground Zero per la ricerca dei dispersi sono tutti morti dopo nemmeno un anno per tumore ai polmoni. E c'è da sottolineare che il tempo di sviluppo della malattia con tutta probabilità dipende dalla quantità e dalla concentrazione di polveri inalate. 180.000 malati dal settembre 2001 ad oggi è un dato che purtroppo dimostra che la nostra teoria tiene.
Il nuovo progetto che state tentando di presentare a livello europeo darà la possibilità di continuare questi studi?
Il nuovo progetto è basato su dei sensori per captare queste nanopolveri, ma non è detto che il nostro progetto venga selezionato, e una mancata selezione significherà automaticamente l'interruzione della ricerca. Noi vorremmo costruire una specie di "nano-detector", più o meno, semplificando un po', come quelli che esistono già per misurare, ad esempio, la quantità di radiazioni X ai quali è sottoposto chi vi lavora. Ma quella è un'analisi che si fa una volta al mese, mentre con questo sensore vogliamo cercare di ottenere la misura delle polveri presenti nel momento stesso dell'esposizione, dando così la possibilità al soggetto di prendere immediate precauzioni, con una mascherina o con altre misure ad hoc. E' chiaro che in guerra questo interessa fino ad un certo punto, ma diviene molto interessante in fabbrica o in altre situazioni simili.
Rispetto alla casistica che possedete, ci sono delle patologie comuni a chi è stato sottoposto ad un inquinamento da polveri sottili?
Il problema è ampio. Perché dipende come già detto dal tipo e dall'entità dell'inquinamento al quale si è esposti, oltre a dipendere dal fatto che il particolato sia stato ingerito o inspirato. Se mangio l'insalata che è cresciuta sotto quelle polveri è più probabile che si sviluppi una malattia legata all'apparato gastro-intestinale, mentre se quelle polveri le inspiro è più probabile che si provochino malattie dell'apparato respiratorio e circolatorio. Più o meno è questa la discriminante. Secondo questa logica, per esempio, chi fuma si espone all'inalazione delle polveri presenti nell'ambiente di crescita e di essiccazione delle foglie di tabacco. Sappiamo che durante la guerra a Sarajevo funzionava solo la fabbrica del tabacco. Tabacco che si è inquinato, è stato essiccato e poi venduto a distanza di anni. Così, chi ha fumato quel tabacco è probabile che abbia inalato anche le polveri di "guerra". Nel 2002 ho analizzato alcune sigarette in commercio a Sarajevo e in un tipo ho trovato alcune particelle contenenti uranio.
Per cui secondo lei le nano-particelle possono entrare nella catena alimentare?
Rispetto a questo non ho esperienza di ricerca diretta. Ma posso parlare di un altro caso, di cui ho esperienza e che posso esporre su basi scientifiche. E cioè se una pecora mangia l'erba inquinata da polveri sottili, esiste un'alta probabilità che il figlio nasca malformato, perché la madre può passargli le nano-particelle nel sangue. Oppure per parte di padre, come è successo con i militari, perché queste polveri capaci di disseminarsi in tutto il corpo sono entrate nelle gonadi e nello sperma. Sono cose che abbiamo visto e fotografato con le nostre apparecchiature nei tessuti di questi militari. E' quindi possibile che i figli malformati denunciati dai militari reduci dai Balcani e dalla Guerra nel Golfo abbiano attinenza con l'esposizione a queste polveri. Ovviamente non posso dirlo con certezza perché non posso analizzare i tessuti dei bimbi, ma potrei asserirlo se potessi analizzare campioni prelevati da agnellini nati malformati.
Nello scorso giugno abbiamo pubblicato la traduzione di un articolo della testata belgradese Blic News. In esso si parla della comparsa frequente di bestiame che nasce con malformazioni genetiche, nonché dell'aumento di aborti spontanei sterilità ed anemie acute nel bestiame nella zona di Bratoselce, Borovac e Norce, tutte località vicine a siti bombardati con proiettili all'uranio impoverito.
Per me sarebbe importantissimo ottenere i campioni di fegato, reni, gonadi, polmoni o cervello di questi animali nati malformi, perché, se in questi organi si trovano dei corpi estranei, questi devono essere stati "tramandati" dalla madre in quanto l'aborto non è mai stato esposto all'ambiente. Sarebbe importante poter analizzare anche reperti appartenenti alla madre, perché questo mi permetterebbe di verificare se ciò che ho trovato nell'agnellino esiste anche nella pecora che l'ha partorito, e si potrebbe vedere se esiste una correlazione tra malformazione e presenza di polveri sottili. Inoltre consiglio vivamente di non mangiare non solo l'agnellino nato deforme, ma anche la madre. Non sono in grado di dire nulla sul formaggio perché non so se le nano-particelle possono passare nel latte poiché non ho avuto la possibilità di avere a disposizione tutti i campioni (agnello, madre, e latte).
Lo scorso 28 ottobre è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il decreto ministeriale che prevede l'attuazione di un programma di monitoraggio per la ricerca di uranio e arsenico nelle derrate alimentari provenienti da Bosnia Erzegovina e Kosovo. Lei che ne pensa?
Rispetto all'uranio, dato che su quei territori hanno bombardato, direi che potrebbe essere più o meno plausibile. Anche se l'UNEP ha sempre dichiarato nei suoi rapporti che nel terreno non ha mai trovato uranio. Cioè, ha trovato resti di proiettili all'uranio impoverito e quindi livelli sensibili di radioattività, ma solo nelle vicinanze dei proiettili. Invece l'inquinamento da arsenico rimane per me un mistero. Perché o qualcuno sa che è stato fatto un bombardamento su qualche sito pieno di arsenico e quindi sanno che è stato immesso in atmosfera, oppure io non capisco proprio perché si debba ricercare questo elemento chimico. Su questo, però, non prendo alcuna posizione, non possedendo dati in proposito.
Non si può quindi capire quanto la tipologia e l'aumento di casi di tumori in BiH e Kosovo sono correlabili ai bombardamenti all'uranio impoverito?
Personalmente posso solo riferire di dialoghi avuti due anni fa con la dottoressa Nurja Bilalovic, che ha il primariato di ematologa di Sarajevo, la quale mi ha riferito la sua sensazione, da persona che lavora lì da più di vent'anni nel settore e, a mio avviso, l'esperienza di un medico può essere significativa.
A Sarajevo non esiste il registro tumori ma dai suoi dati risulta che il linfoma di Hodgkin ha avuto due recrudescenze nel '92-'93 e nel '97-'98. Oltretutto l'ematologa racconta che in passato non le era mai successo di trovare delle leucemie in pazienti di 75 anni, mentre nel 1999 le è capitato a più riprese.
Si tratta di sensazioni di medici che sono nient'affatto superficiali o dettate magari dall'emotività. Sono professionisti seri, abituati a lavorare su una popolazione che conoscono molto bene e, comunque, le differenze tra mortalità prima, durante e dopo la guerra sono ben evidenti, pur non avendo riscontri quantitativi.
Rispetto ai picchi evidenziati dalla Bilalovic se quello del '97-'98 potrebbe essere spiegabile come conseguenza del rilascio di polveri belliche, perché quello del 1992-'93? Sappiamo che a Sarajevo l'inquinamento industriale era praticamente nullo: non funzionava alcuna fabbrica, eccetto quella del tabacco e non circolavano le auto per mancanza di benzina.
Poi mi ha raccontato un fatto. Durante l'assedio non c'era da mangiare, ci si poteva muovere poco da casa, e lei coltivava delle verdure sul suo balcone. Un giorno dice di aver trovato delle bollicine bianche che "friggevano" sulle foglie della bietola che poi, nel giro di due giorni, è morta. Poi mi ha raccontato che, per scaldarsi, bruciavano di tutto, dai copertoni delle auto alla para delle scarpe. A questo punto le ho chiesto se c'era dell'inquinamento in città e quando mi ha detto che da casa sua, in collina, si vedeva la città sempre avvolta in una nebbia giallina, ho cominciato a fare dei collegamenti.
La gomma vulcanizzata contiene zolfo che, bruciando, diventa SO2 (ndr: anidride solforosa o più correttamente biossido di zolfo) il quale, rilasciato nell'atmosfera, produce appunto nebbia giallastra. Oltretutto queste gomme non riescono mai a bruciare completamente e producono polveri, acido solforico, acido solfidrico e tanti altri composti che, quando si posano sulle piante, le fanno "morire". Quindi attraverso i suoi racconti ho trovato un riscontro inaspettato alla teoria delle polveri.
Poi ha aggiunto un altro aspetto interessante. L'ematologa non si spiegava come mai alcuni soggetti di linfoma di Hodgkin del '92-'93 si sono salvati pur non avendo medicine per curarli, mentre mi ha detto che di quelli ammalitisi nel 1998, nonostante tutte le medicine a disposizione, è difficilissimo riesca a salvarne qualcuno.
Personalmente, anche qui è possibile dare una spiegazione. Perché nel 1992 l'inquinamento era legato a polveri composte di carbonio e zolfo, ma essenzialmente degli idrocarburi. Il nostro organismo possiede meccanismi spesso enzimatici in grado di distruggere questi composti, mentre non possiede quelli per distruggere i composti essenzialmente metallici di queste polveri di guerra. Pertanto ho trovato una conferma ulteriore alla mia teoria, al di là delle mie più fervide fantasie, perché prima, di parlare con lei, di quell'inquinamento a Sarajevo non sapevo nulla.
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