Miksalište, il centro belgradese di aiuto ai rifugiati nato nell'agosto del 2015, viene smantellato. Lo spazio è destinato al faraonico progetto "Belgrado sull'acqua"
"Cari 'Mikserovci', cari cittadini, amici, volontari, partner con i quali siamo riusciti a costruire il Refugee Aid Miksalište, abbiamo una triste notizia da darvi: il centro Miksalište di via Mostarska 5 finirà di esistere dalle ore 10.00 del 27 aprile, ora della sua demolizione”.
Sono le parole con cui inizia la lettera postata da Refugee Aid Miksalište sul proprio wall di Facebook nella mattina del 26 aprile, dopo aver ricevuto dalle istituzioni preposte la comunicazione della demolizione del centro entro 48 ore.
La motivazione addotta dal Consiglio della città di Belgrado è legata al progetto “Belgrado sull'acqua”. La parcella di terreno su cui è nato il centro di aiuto ai profughi l'8 agosto del 2015 è infatti compresa nel lembo di terra sulla riva destra della Sava, tra il fiume e i binari della ferrovia, da decenni dismessa e che dal 2014 è al centro dell'operazione “Beograd na vodi”, promossa dal partito del premier e molto criticata dalla società civile. Il 9 aprile dell'anno scorso il Parlamento ha persino adottato una Lex specialis con cui ha reso possibile un accordo diretto con l’investitore “Eagle Hills” - azienda costruttrice degli Emirati Arabi Uniti - e così senza gara di appalto velocizzare gli espropri degli edifici.
“Continuiamo a pensare che tutto questo non sia possibile, nemmeno in un paese come la Serbia”, prosegue la lettera. “Noi per primi, mesi fa, avevamo annunciato che avremmo cercato un'altra sede entro inizio giugno per cercare di salvare il Miksalište e ricrearlo altrove, ma non ci è stata data la possibilità. Evidentemente a qualcuno interessava che venissimo cacciati via brutalmente, senza dialogo o accordi e senza prendere in considerazione le nostre attività umanitarie”.
Durante i 263 giorni di lavoro ininterrotto, nel centro sono stati assistiti una media di 300-350 profughi al giorno, con distribuzione di vestiti, cibo, offerta di assistenza medica, un luogo dove lavare la biancheria, farsi una doccia, ma anche attività di aggregazione e culturali. Negli ultimi due mesi, dopo la chiusura della cosiddetta rotta balcanica, grazie al lavoro di 15 volontari con turni 24 ore su 24, il centro ha aiutato fino a 500 profughi al giorno tra i tanti rimasti bloccati nella capitale serba, di cui solo ieri 70 minori.
Una realtà nata dal basso e unica della società civile locale che era stata audita a febbraio, tramite il suo rappresentante Ivan Lalić, presso il Parlamento europeo per testimoniare sulla situazione. Un centro nel quale sono arrivati a operare 1200 volontari di 58 paesi e che ha ricevuto il sostegno di decine di enti privati e pubblici, dall'Ambasciata della Repubblica Svizzera in Serbia, fino alla Caritas e alla Chiesa Evangelica, ma anche Ong e piccole associazioni di diversi paesi europei ed extraeuropei.
Ora si fermano le attività, sebbene i volontari scrivano ottimisti alla fine del loro post: "Non ci manca l'energia e la forza e siamo certi che un nuovo Miksalište, quale metafora positiva della Belgrado nobile e solidale, rinascerà altrove".