Da Lesbo, in Grecia, è arrivata in Italia una famiglia di richiedenti asilo attraverso un corridoio umanitario, grazie al lavoro di rete tra One Bridge to Idomeni, il Centro Salute per Immigrati (CESAIM), la Comunità di San Nicolò e Combonifem e prevede l’inserimento di una famiglia di profughi sul territorio veronese
Fonte: One Bridge to Idomeni
La Onlus veronese One Bridge to Idomeni grazie alla collaborazione della società civile ha dato avvio ad un progetto di accoglienza tramite un corridoio umanitario. Il progetto si realizza grazie al lavoro di rete tra One Bridge to Idomeni, il Centro Salute per Immigrati (CESAIM ), la Comunità di San Nicolò e Combonifem e prevede l’inserimento di una famiglia di profughi sul territorio veronese.
Il progetto avviato è in linea con il modello dell’accoglienza diffusa, al fine di permettere un adeguato inserimento della famiglia nel tessuto sociale d’arrivo. One Bridge to Idomeni si occupa del coordinamento del progetto puntando ad affiancare la famiglia in un processo d'autonomia per sviluppare le competenze linguistiche e formative, lavorative, sanitarie e abitative. L’appoggio fornito da esperti e professionisti è fondamentale per il supporto su problematiche specifiche, come l’aspetto sanitario che è assicurato grazie al contributo del CESAIM.
Questo progetto propone un modello di solidarietà basato sulla collaborazione della società civile: dalle associazioni di volontariato ai privati cittadini che si sono resi disponibili. Dal punto di vista economico, si tratta di un progetto sostenuto tramite donazioni volontarie, che non prevede finanziamenti pubblici.
L’arrivo della famiglia, che era residente in un campo profughi greco, è stato reso possibile grazie a un Protocollo d'intesa tra la Comunità di Sant’Egidio e il Governo italiano. Il presidente di One Bridge to Idomeni, Giulio Saturni afferma: “L’apertura di un canale legale per coloro che vivono nei campi profughi greci è fondamentale per evitare l’attraversamento della Rotta Balcanica, dove le condizioni di vita e di viaggio sono sempre più precarie e pericolose. Il corridoio umanitario è un ottimo canale di arrivo perché è legale, sicuro e strutturato, ma rappresenta comunque una soluzione marginale, in quanto non è accessibile a tutti. Speriamo che questa pratica si diffonda sempre di più, ma è necessario trovare altre vie di accesso per tutte le persone che percorrono le
rotte migratorie.”
I corridoi umanitari rappresentano uno dei pochi canali di accesso sicuri e legali per persone migranti in condizione di particolare fragilità. Le associazioni inviano sul posto dei volontari, che prendono contatti diretti con i rifugiati nei paesi interessati dal progetto, predispongono una lista di potenziali beneficiari da trasmettere alle autorità consolari italiane, che dopo il controllo da parte del Ministero dell'Interno rilasciano dei visti umanitari con Validità Territoriale Limitata, validi dunque solo per l'Italia. Una volta arrivati in Italia legalmente e in sicurezza, i profughi presentano domanda di asilo. I corridoi umanitari sono totalmente autofinanziati dalle associazioni che li hanno promossi.
One Bridge to Idomeni è una onlus veronese che lavora sui confini europei della rotta balcanica, in supporto alle persone migranti. Il lavoro dell’associazione - nata nella primavera del 2016 con un primo viaggio nel campo per rifugiati informale di Idomeni in Grecia - è suddiviso in due direttrici tra loro inscindibili: da un lato, portare aiuti lungo la rotta, dall’altro ritornare a casa con le testimonianze delle persone e delle storie incontrate. OBTI lavora nei Balcani, dove sono stati attivati progetti in Grecia, Serbia e in Bosnia Erzegovina, e a Verona, promuovendo incontri, formazioni e attività nelle scuole.
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