Il 9 novembre del 1993 il Ponte Vecchio di Mostar veniva abbattuto a suon di cannonate dalle truppe croato-bosniache. La sua ricostruzione, conclusa nel 2004, non è riuscita a colmare il vuoto della sua distruzione
"Questa mattina, alle 10 e 16 minuti dalle montagne è stato bombardato e distrutto il Ponte Vecchio... (...) L'hanno distrutto dei barbari, sostenitori della 'civiltà'. (...). Così come la poesia 'Emina' (ndr: di Aleksa Šantić, poeta serbo con cittadinanza austro-ungarica vissuto a Mostar) non morirà mai, noi diciamo che Mostar non morirà mai, che Mostar sarà sempre Mostar". Sono alcune delle parole con cui il giornalista di Ratni Studio Mostar dà l'annuncio alla popolazione dell'abbattimento dello "Stari Most", dopo due giorni di cannonate sparate delle milizie croate (HVO) della autoproclamata Repubblica di Herceg Bosna.
Un ponte costruito tra il 1557 e il 1566 dall'architetto turco Hajruddin, su commissione del sultano Sulejman il Magnifico. Per affrontare questa sfida architettonica Hajruddin aveva unito maestri e tecniche orientali ed occidentali. Un'opera prodigiosa, con una campata unica di 29 metri, costituita da 456 blocchi di pietra calcarea locale unite da uno strato di malta, con un complesso sistema di staffe e perni metallici inseriti in sedi apposite scolpite e poi riempite con piombo fuso tramite canalette. Insieme alle due torri di fortificazione (Tara e Halebija), il Ponte era un unico complesso che si saldava alle due rive della Neretva: la muratura sorgeva dalle rocce e avvolgeva le sponde.
Sponde che vennero riunite, dopo la distruzione nel 1993, prima da una traballante passerella di corda poi da un ponte di metallo più stabile fino alla nascita del "nuovo" Ponte Vecchio. "Non era un obiettivo militare, non era un bersaglio strategico. Su quel 'bianco arcobaleno di pietra' non poteva passare niente. Era un obiettivo simbolico, lo Stari Most. I mostarini non lo chiamavano il Vecchio Ponte, ma semplicemente "Il Vecchio", a significare quanto quel monumento rappresentasse e custodisse l'essenza stessa della città": così raccontava il giornalista di OBCT Andrea Rossini nel luglio del 2004, nei giorni dell'inaugurazione del ponte, ricostruito dopo 11 anni dalla sua distruzione grazie a diversi paesi donatori tra i quali l'Italia, la Francia e la Turchia.
Nell'aprile di quello stesso anno il generale croato Slobodan Praljak veniva estradato all'Aja per essere poi condannato dal Tribunale per i crimini di guerra, come ricorda Azra Nuhefendić in un suo articolo per OBCT: "I responsabili della distruzione, sei croato-bosniaci, che erano i massimi esponenti politici e militari della cosiddetta Comunità Croata di Herceg-Bosna (l’entità autoproclamata nel 1991 e disciolta nel 1994), sono stati giudicati dal Tribunale dell’Aia responsabili di una 'impresa criminale congiunta' e condannati dai dieci ai venticinque anni di prigione. Tra di loro il generale croato Slobodan Praljak, condannato a venti anni, in quanto riconosciuto principale responsabile della distruzione dello Stari Most".
La distruzione del ponte venne filmata da Zaim Kajtaz e le immagini divennero tra le più conosciute del conflitto. Oggi le bianchissime pietre del nuovo Ponte Vecchio, dal 2004 inserito nella lista Unesco dei patrimoni dell'umanità, riflettono la luce del sole negli occhi di turisti di tutto il mondo. Ma la buia memoria della ferita inferta al "Vecchio" rimane incisa nella storia.
Mostar e il Ponte Vecchio
Durante il conflitto 1992-1995 la parte est della città di Mostar è stata quasi del tutto distrutta. Giacomo Scattolini e Tullio Bugari, fotoreporter free lance e persone che si mossero in aiuto delle popolazioni della ex Jugoslava in fuga, sono stati più volte a Mostar.
Per loro gentile concessione pubblichiamo:
una galleria fotografica su Mostar con scatti del 1996 (e del ponte ricostruito, inaugurato nel 2004), di Giacomo Scattolini
un video con immagini girate a Mostar tra il 1996 e il 1997 da Tullio Bugari