Fare rete per sostenere i diritti delle persone in transito, richiedenti asilo e rifugiati, in Bosnia Erzegovina, lungo la rotta balcanica. Con questo obiettivo la rete RiVolti ai Balcani ha deciso di finanziare le attività di 11 realtà associative che operano sul territorio bosniaco, con fondi raccolti a seguito dell'incendio del campo di Lipa
Fonte: RiVolti ai Balcani
Fare rete per sostenere i diritti delle persone in transito, richiedenti asilo e rifugiati, in Bosnia Erzegovina, lungo la rotta balcanica. Con questo obiettivo la rete RiVolti ai Balcani ha deciso, nella primavera 2021, di destinare 55mila euro - una parte delle donazioni arrivate alla rete a seguito dell’incendio del campo di Lipa del dicembre 2020 - per finanziare le attività di alcune realtà associative che operano sul territorio bosniaco. Delle ventidue realtà, tra associazioni e gruppi informali di cittadini, che hanno partecipato al bando presentando il proprio progetto sono state selezionate le 11 proposte che meglio rispondevano ai criteri individuati dalla rete.
Dagli occhiali da vista forniti alle persone in transito, alle occasioni di sensibilizzazione e conoscenza reciproca della popolazione locale tramite proiezioni di docufilm ed eventi culinari passando per il supporto dell’integrazione dei richiedenti asilo presenti sul territorio: con l’inizio del mese di luglio 2021 i progetti hanno preso il via.
Quello promosso da RiVolti ai Balcani è stato un esperimento controcorrente rispetto ai modelli di finanziamento che da diversi anni vengono proposti in Bosnia ed Erzegovina con riferimento alla (non) gestione del fenomeno migratorio.
2Da tempo assistiamo a progetti pensati dall’alto e catapultati sul locale senza alcuna partecipazione di chi deve metterli in atto"; spiega Agostino Zanotti, dell’associazione per l’Ambasciata della democrazia locale (ADL) a Zavidovici, onlus che fa parte della rete. "Noi volevamo ‘dare gambe’ a idee che nascono per affrontare i bisogni concreti e di prossimità con cui le realtà associative che operano nella zona si confrontano quotidianamente. Anche per questo motivo abbiamo deciso di valorizzare le organizzazioni autoctone e non eterodirette perché ci sembrava interessante far crescere l’attivismo locale: quasi tutti i progetti hanno questa caratteristica. Pensiamo, con orgoglio, di aver messo in campo un processo partecipativo unico nel suo genere".
Da Bihać e Velika Kladuša, nella parte nord-occidentale della Bosnia, alle più centrali Tuzla e Zenica fino alla capitale Sarajevo. I progetti intervengono su diversi territori della repubblica bosniaca.
"L’elemento geografico è stato importante perché abbiamo voluto spalmare gli interventi valorizzando le proposte che meglio rispondevano alle esigenze più specifiche di quel territorio", spiega Silvia Maraone di Ipsia Acli. "Non solo, nella valutazione dei progetti abbiamo cercato di bilanciare le attività promosse da gruppi informali, formati da singoli cittadini che in questi anni hanno portato avanti interventi di assistenza, da associazioni locali più strutturate. Siamo contenti di aver potuto finanziare anche progetti che vanno oltre la mera assistenza e quindi ampliano lo sguardo rispetto ai soliti interventi".
RiVolti ai Balcani, costituita da oltre 36 realtà e singoli cittadini con l’intenzione di rompere il silenzio su quanto accade lungo la rotta balcanica e tutelare i diritti di chi la percorre e cerca di raggiungere l’Europa, nasce con la volontà di generare una mobilitazione che sia trasversale e il bando aiuta a “fare rete”.
"La relazione che si è creata con le associazioni è fondamentale per non farle sentire soli nelle loro attività. Volevamo mandare un messaggio chiaro: in Italia c’è qualcuno che appoggia la vostra causa", conclude Zanotti.
Alcuni progetti sono particolarmente innovativi perché forniscono beni di cui solitamente le persone in transito sono sprovviste e gli interventi “usuali” di assistenza non garantiscono. È il caso del Collective aid di Sarajevo che fornisce visite oculistiche, occhiali e lenti contatto alle persone in transito. Una necessità che nasce dalla violenza dei respingimenti in frontiera. “Ripetutamente, un numero scoraggiante di persone riferisce che i loro occhiali sono stati sequestrati con la forza o rotti dalla polizia di frontiera. - spiegano gli attivisti - Gli occhiali da vista sono un articolo essenziale per chiunque li indossi, ma sono spesso trascurati nel contesto umanitario perché non sempre sono prioritari tra gli altri servizi. Il nostro progetto vuole colmare questa lacuna”. Nel primo mese e mezzo di attività 27 persone hanno potuto sottoporsi agli esami della vista, presso un ottico locale, avere nuovi occhiali e lenti a contatto.
Poco più di un centinaio di chilometri sopra la capitale, a Tuzla, la rete ha finanziato tre progetti. Il centro giornaliero di Tuzla è invece gestito dall’associazione IFS Emmaus . È stato aperto a causa dell’urgente necessità di fornire servizi di assistenza giornaliera per le persone in movimento come docce, cibo, bevande calde, ricarica del cellulare, con lo scopo di restituire per un attimo dignità a persone stanche ed esauste. Da tempo però, il centro è diventato anche luogo di incontro e scambio grazie alle attività sportive proposte, ai laboratori di cucina e altri momenti di aggregazione. “Qui le persone possono socializzare e parlare apertamente dei loro problemi e delle loro difficoltà, dei desideri e delle speranze che spesso mancano nel loro viaggio”.
Da luglio ad agosto 2021, circa 300 persone sono transitate nel centro. Sempre a Tuzla, la rete ha finanziato l’attività di un gruppo di cittadini informali che da diversi anni aiuta le persone in transito fornisce beni di prima necessità, biglietti per raggiungere i campi a Sarajevo e proponendo piccoli momenti di svago per le persone in movimento. Infine, la commissione valutatrice ha deciso di valorizzare il progetto proposto Centar for community services Pu ž di Tuzla per l’integrazione dei richiedenti asilo attraverso la creazione di un piano individuale per la loro integrazione e prevenire l'abbandono del processo di asilo.
Come denunciato nel dossier “Bosnia Erzegovina, la mancata accoglienza”, pubblicato dalla rete nel luglio 2021, il sistema di accoglienza per chi sceglie di fermarsi sul territorio bosniaco è quasi inesistente. In questi mesi di attività, il progetto ha fornito sostegno a sette richiedenti asilo favorendo l’accesso all’alloggio e ai piani individuali per l’integrazione. Quattro persone hanno finito con successo il corso di lingua bosniaca, e sono in attesa della certificazione, e altre quattro hanno avuto accesso al mercato del lavoro ottenendo un impiego temporaneo.
L’associazione Rahma propone un’attività di sensibilizzazione della popolazione di Velika Kladuša, cittadina del cantone Una Sana che, insieme a Bihać divenuta crocevia delle persone, migranti e richiedenti asilo, che tentano di raggiungere l’Europa in cui la criminalizzazione della solidarietà e l’ostilità nei confronti delle persone in transito è alta. Il progetto prevede sei workshop in cui cittadini locali e rifugiati cucinano insieme: donne bosniache hanno cucinato pasti tradizionali e dolci con le donne rifugiate che le hanno aiutate sia nei villaggi al confine della cittadina, sia negli squat informali. Da luglio 2021 si sono svolti quattro appuntamenti con cibo preparato per almeno 100/130 persone. Con lo stesso obiettivo l’associazione U Pokretu ha proposto un progetto che mira a sensibilizzare la comunità locale, soprattutto la popolazione più giovane, sul contesto migratorio in cui vivono. Nella prima parte del progetto, che si è svolta nei mesi estivi, l’associazione ha organizzato la proiezione di docufilm su tematiche specifiche (consapevolezza ambientale, diritti umani e migrazione) e promosso un festival multiculturale del cibo di strada dando l'opportunità alla comunità locale di scoprire i sapori dei Paesi di origine delle persone in movimento. Alle prime cinque proiezioni, tra luglio e agosto 2021, hanno partecipato 250 persone tra giovani locali, volontari internazionali e persone in movimento. Nella seconda parte del progetto, che si svolgerà da settembre fino alla fine di novembre 2021 verranno organizzati tre cicli di laboratori in due diverse scuole superiori in cui verranno approfondite le tematiche della discriminazione, i flussi migratori, i discorsi d'odio nella comunicazione dei mass media, così come le questioni di genere e di protezione dell'ambiente.
Infine, anche il Border Violence Monitoring Network , rete che opera lungo tutta la rotta balcanica che monitora le violazioni dei diritti umani alle frontiere esterne dell'Unione europea e si batte per fermare la violenza esercitata contro le persone in movimento, ha ricevuto un finanziamento per la realizzazione di un docufilm sulla rotta balcanica che sarà concluso nel mese di dicembre 2021.