Il fotografo Ivo Danchev ha dedicato gran parte del suo lavoro alle campagne dei Balcani. Ed alle loro genti. Una foto scattata nella Bulgaria nord-occidentale

Molti cittadini dell'Europa sud-orientale non possono permettersi di scaldare adeguatamente la propria casa. L'impatto sulla loro salute e sull'inquinamento atmosferico è grave, ma la povertà energetica ha iniziato a diminuire

05/03/2019 -  Lorenzo Ferrari

Il 37% della popolazione bulgara non riesce a riscaldare adeguatamente la propria abitazione in inverno. Un problema che tocca in modo consistente anche i paesi confinanti, come la Grecia, la Macedonia del Nord e la Turchia, e in misura minore la Romania. Le difficoltà di riscaldamento toccano l’8% degli abitanti dell’Unione europea nel suo complesso: una percentuale nettamente inferiore, ma che comunque indica che più di 40 milioni di cittadini dell’Ue hanno vissuto il freddo quest’inverno.

La difficoltà a scaldarsi è una delle manifestazioni più immediate e tangibili della povertà: sono poche le altre esigenze umane più basilari. In effetti, il problema è innanzitutto economico. In paesi come la Macedonia del Nord, la Bulgaria e la Romania le famiglie arrivano a spendere in media il 10-12% del loro reddito per il riscaldamento, a fronte di una media del 7% per i paesi dell’Europa meridionale – ma nonostante questo sforzo molti cittadini rimangono comunque al freddo.

Il problema della legna e del carbone

L’approvvigionamento energetico rappresenterebbe una voce ancora più grande dei bilanci familiari se le persone in difficoltà non ricorressero a combustibili solidi per riscaldarsi, come la legna o il carbone. Questa forma di consumo non è limitata alle zone rurali, dove gli allacciamenti possono essere più difficili e costosi: ad esempio, in una grande città della regione, Sarajevo, i due terzi delle abitazioni continuano a essere riscaldate con la legna e il carbone.

Pur essendo più accessibili rispetto al gas o all’elettricità, i combustibili solidi provocano però problemi ambientali molto seri: non è un caso se le città dell’Europa sud-orientale in inverno raggiungono picchi allarmanti di inquinamento da PM2.5, le polveri sottili più pericolose per la salute. La ricaduta dell'inquinamento atmosferico è estremamente pesante, tanto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che il ricorso al legno e al carbone per il riscaldamento domestico sia responsabile ogni anno di circa 61.000 morti premature in Europa.

Abitazioni più calde e più salubri

Benché una porzione ancora troppo alta dei cittadini dell’Europa sud-orientale continui a soffrire l’inquinamento atmosferico e il freddo, almeno per quanto riguarda questo secondo aspetto la situazione è migliorata sensibilmente nel corso dell’ultimo decennio. In Romania la quota di popolazione in difficoltà dal punto di vista energetico si è ridotta di due terzi tra il 2007 e il 2017, mentre nello stesso periodo in Bulgaria è passata dal 67 al 37%.

Questa evoluzione non è solo un indice del graduale aumento del reddito pro capite, che anno dopo anno permette alle famiglie di acquistare più combustibili. È in corso un rinnovamento del patrimonio edilizio, segnalato da molti indicatori: le case sono meno soggette alle infiltrazioni e all’umidità, dispongono sempre più spesso di servizi igienici – e sono meglio isolate, dunque costa meno tenerle calde d’inverno.

Le ristrutturazioni e la sostituzione delle stufe con impianti elettrici e a gas non ricadono solo sui privati: le autorità pubbliche intervengono a diversi livelli con incentivi e finanziamenti, che però non sono sufficienti. Per quanto riguarda l’Unione europea, questi sforzi ricadono nel pacchetto di iniziative “Energia pulita per tutti gli europei” , che da un lato cerca di ridurre il ricorso a fonti inquinanti e dall’altro punta ad affrontare per la prima volta in modo diretto il problema della povertà energetica in Europa. D’altra parte la possibilità di accedere ai servizi energetici è stata riconosciuta come uno dei diritti sociali di cui tutti i cittadini europei devono godere.

Questo articolo è pubblicato in associazione con lo European Data Journalism Network  ed è rilasciato con una licenza CC BY-SA 4.0

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