Riunione straordinaria sulla crisi georgiana ieri a Bruxelles. Il Parlamento europeo ha accolto positivamente lo sforzo di mediazione della Presidenza, ma ha chiesto fermezza nel rispetto degli accordi
Da Bruxelles, scrive Vera Cavallin
Mercoledì 20 agosto la Commissione per gli Affari Esteri, la Sottocommissione per la sicurezza e la difesa e la Delegazione per le relazioni con il Caucaso del Sud hanno indetto una riunione straordinaria al Parlamento Europeo per discutere dell'attuale crisi in Georgia.
Invitati principali alla seduta sono stati il segretario di Stato incaricato degli Affari Europei, Jean Pierre Jouyet, in qualità di rappresentante della Presidenza del Consiglio, ed il Presidente della Delegazione Caucaso del Sud del Parlamento Europeo, Marie-Anne Isler Beguin.
Il Parlamento ha dunque riaperto i battenti una settimana prima del previsto dopo la pausa estiva. L'ha fatto per discutere della crisi caucasica che sta causando migliaia di vittime tra bombardamenti, scontri armati ed esodi forzati.
A porte chiuse, cioè senza che rappresentanti della società civile potessero prendere parte al dibattito, il Ministro Jouyet ha ricostruito chiaramente la dinamica delle azioni militari, dei compromessi diplomatici e delle scelte politiche che hanno portato alla crisi attuale in Georgia.
L'Unione europea ha svolto un ruolo di mediazione fondamentale nella risoluzione del conflitto ottenendo la firma del Presidente russo Medvedev sull'accordo di compromesso del 15 agosto, ed è necessario che ora rimanga ferma nel pretendere da Mosca il rispetto di quanto concordato.
Il ritiro russo è previsto per il 22/23 agosto. Per la comunità internazionale è fondamentale che non vi siano ulteriori ritardi. Allo stesso modo è necessario che vengano rispettati i 6 punti indicati nel documento di compromesso. Il cessate il fuoco deve essere immediato, così come la rinuncia all'utilizzo della forza e il libero accesso agli aiuti umanitari. Misure a breve termine devono essere prese per dare beneficio immediato alle popolazioni maggiormente colpite. Bisogna agire facendo valere l'accordo concluso, sebbene si tratti di un testo non esauriente e lacunoso in certi punti, soprattutto per quanto riguarda il concetto di integrità territoriale. Se infatti Sarkozy ha posto come imprescindibile il ritorno allo status quo in virtù del principio dell'unità territoriale georgiana, Mosca da parte sua replica affermando il diritto alla secessione dei popoli, complicando il dialogo in materia di diritto internazionale.
La linea della presidenza francese rimane in ogni caso quella che prevede interventi immediati per sostenere i civili. Come ricorda Marie-Anne Beguin, per il momento gli aiuti umanitari non hanno libero accesso alle zone maggiormente colpite come Gori, città simbolo dell'occupazione russa in Georgia. Quindi deve essere garantito nel più breve lasso di tempo possibile l'apertura di un corridoio umanitario che permetta di intervenire efficacemente.
L'UE invierà in Georgia forze di pace tramite missioni PESC (politica estera di sicurezza e difesa comune), ad affiancare i peacekeepers già presenti in loco. La missione dovrebbe aiutare la società civile nel mantenimento della pace garantendo un ruolo principale all'Unione nella risoluzione definitiva dei conflitti.
L'Osce da parte sua si impegnerà ad inviare un nuovo contingente di 20 osservatori supplementari sul campo; il dibattito ha giudicato deludente tale cifra, in quanto addirittura inferiore al numero di paesi membri dell'UE, e comunque troppo bassa rispetto a quanto sperato, 100 osservatori.
Per quanto riguarda la sfera delle relazioni internazionali, ricordando la riunione Nato tenutasi l'altro ieri a Bruxelles, il Presidente francese ha ribadito la valenza del processo di adesione della Georgia alla Nato, sostenendo che l'attuale crisi non ne bloccherà l'ingresso.
Di fronte alle considerazioni di Jouyet, il Parlamento Europeo, mantenendo una linea di pensiero comune e indipendentemente dai colori politici, ha così commentato: "L'azione europea è stata importante e d'aiuto ma non efficace e rapida come ci si aspettava".
Il ruolo svolto dalla Presidenza francese è stato fondamentale ma tardivo, sottolinea la Presidente della Delegazione Caucaso del Sud, di ritorno dalla Georgia. "Non si è evitata l'escalation di violenza e non siamo stati protagonisti ma solo partecipanti", ha affermato Beguin. La Presidente ha poi aggiunto: "La nostra Delegazione non è riuscita ad entrare a Gori il 14 agosto scorso. Siamo stati bloccati in 6 check points russi prima di essere rimandati indietro senza essere riusciti a visitare la città. La popolazione georgiana è affranta perché i carri armati russi continuano a circolare senza dar cenno di ritirarsi. Gli stessi osservatori Osce hanno avuti grandi difficoltà a superare i controlli per entrare a Gori ed alcuni sono rimasti fuori dalla città."
Secondo Beguin l'Unione europea deve fare in fretta ed inviare nell'immediato una missione di pace, modificando l'assetto attuale di peacekeeping. Deve inoltre lottare affinché il numero di osservatori Osce arrivi a 100 per riuscire ad affrontare adeguatamente la gravità della situazione. Questi gli obiettivi europei da realizzare a breve termine condivisi da tutta l'aula e sostenuti con vigore dallo stesso Presidente Jouyet al termine del dibattito.
La percezione che si ha uscendo dalla sala è quella di un'Europa in ritardo ma presente. Si interverrà con l'invio di forze di pace e, in un futuro prossimo, con lo stanziamento di fondi per la ricostruzione delle infrastrutture distrutte. Gli stati membri si impegneranno nell'aiuto economico delle vittime del conflitto. I rapporti con la Russia si manterranno stabili sebbene si sia ribadito con forza che l'UE si impegnerà nei prossimi giorni a mostrare fermezza nel voler vedere rispettato l'accordo di compromesso.
Se il ritiro russo non dovesse essere effettuato nei tempi previsti, ipotesi che Jouyet non esclude del tutto, i rapporti tra Unione Europea e Russia andranno rivisti tramite riunioni di Capi di Stato e di Governo.
La riunione di ieri pomeriggio a Bruxelles è stata sicuramente utile, e ha permesso di ascoltare testimonianze dirette sull'attuale situazione georgiana, gettando le basi per interventi futuri. Rimane tuttavia l'amarezza per il ritardo con la quale l'Unione ha agito. Come se servissero conflitti armati e migliaia di morti innocenti per riaccendere l'interesse di Bruxelles verso zone da tempo note come focolai di tensione.
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