L'Albania s'avvicina all'Unione europea. Ma molti dei suoi immobili sono ancora abusivi. L'Europa deve essere un'occasione per la gestione e tutela del territorio. A partire da quartieri come quelli di Kёneta, nella periferia di Durazzo. Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Gli esiti urbanistici della caduta del muro di Berlino sono stati indagati ampiamente in tutta l’Europa dell’Est ma rappresentano ancora terreni inesplorati in quei territori dei Balcani, dove ancora si convive con una difficile transizione.
Il quartiere informale di Kёneta (il termine significa canneto, palude), nato e sviluppatosi a ridosso della città di Durazzo in Albania, è tuttora in cerca di un riconoscimento sociale e politico.
La storia di quest’area risale agli inizi degli anni ’50, quando il regime comunista di Henver Hoxha decise di bonificare una vasta area paludosa che delimitava a nord la città di Durazzo. L’obiettivo era di recuperare vaste aree da trasformare in terreni agricoli per garantire l’autonomia produttiva della nazione.
Con la caduta del regime comunista agli inizi degli ’90 e l’instaurarsi di un sistema economico e politico liberista, l'Albania entra in una fase storica piena di contraddizioni ideologiche. Kёneta, insieme ad altri quartieri informali, diventa emblema di questa transizione.
Tale fase fu caratterizzata da un doloroso passaggio dal concetto di proprietà pubblica a quella più occidentale di proprietà privata. Un passaggio regolamentato attraverso la Legge n.7501 del 19/07/1991, la quale tentò di attribuire l’uso del suolo ai cittadini in base al numero dei componenti familiari.
Il risultato fu la frammentazione delle proprietà del suolo a favore dei privati, che senza controlli da parte delle amministrazioni, dettero inizio ad una sistema di compravendita illegale. Questo processo, ancora non del tutto assimilato dalla popolazione, ha concorso alla nascita di una diffusa operazione di abusivismo edilizio, interessando sia i centri storici, sia la periferia di tutte le città albanesi.
In particolare a Kёneta si osserva un’escalation dell’attività edilizia che ha contribuito, in soli vent’anni, a realizzare un quartiere interamente abusivo di circa 40.000 abitanti.
L’affluenza di un numero così elevato di abitanti verso la città costiera è dovuto ad un fenomeno poco conosciuto, ma essenziale per capire le trasformazioni avvenute in Albania. Accanto al fenomeno di emigrazione verso l’occidente ne esiste un altro, molto rilevante, di flussi migratori interni che ha visto lo svuotamento dei paesi montani a favore di un vasto inurbamento della regione Tirana – Durazzo.
L’incremento della popolazione ha portato in evidenza la mancanza di politiche sociali volte a dare risposte abitative a coloro i quali confluivano verso le città. E' in questo contesto, dove il concetto di proprietà pubblica venne meno e quello della proprietà privata era ancora in via di definizione, che la popolazione si sentì autorizzata a “fare da sé”.
Il risultato di questa sequenza storica è un vasta area urbana che ha la necessità di un radicale cambiamento nelle politiche di sviluppo locale. Come questo quartiere, molte aree del paese sono in attesa di una vera politica in termini di sviluppo territoriale. Basti ricordare che il 45% delle costruzioni nella capitale sono considerate abusive (Economic Comission for Europe). In quest'ottica, il parere positivo della Commissione europea (16/10/2013), in merito allo status di candidato del paese a fare parte della UE, deve essere una spinta propulsiva per considerare questi territori una risorsa a cui attribuire un ruolo determinante nella definizione delle politiche del governo del territorio.
Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell'Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Racconta l'Europa all'Europa.
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