La selezione armena non parteciperà all'edizione 2012 del famoso festival europeo, che quest'anno si svolgerà in Azerbaijan dal 22 al 26 maggio. Le motivazioni ufficiali, le reazioni della gente e dei musicisti che non potranno recarsi a Baku. La posizione dei Dorians
Dopo mesi di esitazioni, il 7 marzo è giunto l’annuncio ufficiale che l’Armenia non parteciperà ad Eurovision , il festival europeo della canzone che si terrà dal 22 al 26 maggio a Baku. La Televisione Pubblica Armena , l’emittente responsabile delle selezioni dei cantanti armeni per la competizione, ha comunicato la decisione all’European Broadcasting Union (EBU) , riconducendola alla dichiarazione fatta dal presidente azero Aliyev il 28 febbraio scorso nel corso di un lungo discorso tenuto ad un convegno a Baku quando ha affermato che “il nostro principale nemico sono gli armeni del mondo”.
Le reazioni in Armenia
In Armenia, già nei mesi scorsi, la partecipazione a questa edizione del festival aveva sollevato dibattiti e preoccupazioni tra i media locali e la gente, che segue numerosa la manifestazione canora. Quest’anno, infatti, in seguito alla vittoria nella scorsa edizione dei cantanti azeri Ell e Nikki, sarà Baku ad ospitare l’evento. La coincidenza ha da subito suscitato perplessità per ciò che avrebbe riguardato la sicurezza dei cantanti armeni in Azerbaijan. Per Yerevan, le parole di Aliyev non lascerebbero dubbi: “Il presidente di un Paese che ospiterà Eurovision sta ufficialmente dichiarando che tutti gli armeni, inclusi quelli che farebbero parte della delegazione ad Eurovision, sono nemici dell’Azerbaijan. Pertanto non avrebbe senso inviare i nostri partecipanti in un Paese dove verrebbero ricevuti come nemici, è una questione di principio”, ha spiegato in un comunicato stampa la Televisione Armena.
Per molti armeni, però, la decisione è stata una mossa sbagliata, legata soprattutto a considerazioni politiche. “Questa era l’occasione per tener fuori la politica dallo scontro tra i due Paesi: l’Armenia avrebbe dovuto esserci a Baku, per spostare il confronto sul piano artistico, in modo pacifico. Sarebbe stato un inizio”, ha dichiarato una ragazza ad Armenialiberty . “In molti pensano che non sia stata una decisione intelligente, l’Armenia avrebbe dovuto partecipare”, ha spiegato invece ad Osservatorio una giovane di Yerevan secondo cui “la decisione è servita a mostrare agli altri Paesi partecipanti che gli azeri usano una retorica aggressiva anche quando si tratta di cultura e sono loro a ospitare un evento”.
I Dorians: viviamo in pace e senza guerre
Su Facebook i giovani fans del gruppo Dorians , candidato a rappresentare l’Armenia a Baku con la canzone “This is our world” , hanno criticato aspramente la Televisione Armena e ribadito il loro sostegno alla band, tra le prime ad aver dichiarato la propria disponibilità a recarsi a Baku. La band non ha mai ritrattato la propria posizione, neanche quando il 24 febbraio un gruppo di artisti armeni aveva firmato un appello chiedendo alle autorità di non partecipare ad Eurovision in seguito all’uccisione di un soldato armeno, Albert Adibekyan, avvenuta il giorno prima sulla linea di contatto tra forze armene e azere in circostanze poco chiare . “Ci rifiutiamo di esibirci in un Paese noto per i massacri e le uccisioni di armeni, un Paese dove l’odio verso gli armeni ha raggiunto livelli di politica statale, un Paese che proibisce l’ingresso a qualsiasi persona di origine armena, anche se non cittadino armeno. Chiediamo alla Televisione Pubblica Armena di non mandare un concorrente armeno in quel Paese”, ha riferito il network indipendente Epress.am . I Dorians non si sono uniti all’appello e hanno fatto sapere attraverso il loro produttore, Vahagn Gevorgyan, che “non cambiano idea, sono pronti a rappresentare l’Armenia nella capitale azera. È triste che la morte di un soldato venga ricollegata ad Eurovision, destando ancora più clamore della morte di tanti altri soldati”.
Anche dopo l’annuncio del 7 marzo, i Dorians hanno ribadito le proprie convinzioni spiegando sulla pagina Facebook del gruppo che “quando andavamo in Russia per Eurovision, nessuno parlava di sicurezza anche se […] là ogni giorno un armeno viene ucciso, ma non avevamo paura di andarci. Quanti armeni vengono uccisi tra le centinaia di migliaia che vivono in Turchia oggi? In percentuale, cento volte meno che in Russia. Eliminiamo questo odio che abbiamo dentro, la vita viene una volta sola: viviamo in pace e senza guerre”.
Purtroppo il messaggio positivo di pace contenuto nel brano che avrebbero presentato ad Eurovision, e lo spirito stesso della kermesse, non sono riusciti ad evitare le tensioni. Anzi, la designazione di Baku a sede di questa edizione di Eurovision è diventata motivo di discussione anche al di fuori dei due Paesi.
Echi europei
Il 6 marzo Armenpress aveva riportato l’appello del partito Europeo dei Liberali, Democratici e Riformatori , promosso dal presidente del partito, Graham Watson, e rivolto agli organizzatori del concorso. “Diciamo al governo azero che non può ospitare l’evento musicale più seguito d’Europa se nega i diritti fondamentali della sua gente”, recita il video-comunicato che, dopo una panoramica sulla situazione azera, si conclude con un monito: “i liberali europei sono i guardiani dei diritti umani fondamentali e delle libertà civili. Pertanto, mentre il mondo si appresta a celebrare questo felice evento, i liberali e i democratici invitano l’Europa a ricordare l’atmosfera di paura che c’è in Azerbaijan”.
Della stessa opinione anche John Kennedy O’Connor, autore del libro “The Eurovision Song Contest: The Official History”, che in un’intervista radiofonica alla BBC ha dichiarato: “Penso che l’Azerbaijan non dovrebbe ospitare il concorso, come sostenuto anche da Amnesty International. Recentemente in Azerbaijan ci sono stati casi di violazione di diritti umani: persone a cui sono stati espropriati i terreni per i preparativi dell’evento”. L’autore ha inoltre ricordato che “gli azeri che nel 2009 votarono per l’Armenia vennero convocati dalle autorità investigative [del loro Paese]”.
Il confronto tra Armenia e Azerbaijan è diventato dunque motivo di scontro su tutti i fronti, incluso quello musicale, dimostrando la necessità di misure concrete di confidence building che potrebbero rientrare nel nuovo piano d’azione per la soluzione del conflitto in Karabakh. Il piano – di cui si è discusso durante l’ultima visita nella regione dei tre co-presidenti del Gruppo OSCE di Minsk il 6 marzo scorso – non è stato ancora reso pubblico ma dovrebbe prevedere un più serio impegno della politica per la costruzione di una reciproca comprensione tra i due popoli e di una cultura della pace.
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