© Zulfugar Graphics/Shutterstock

© Zulfugar Graphics/Shutterstock

Inizia oggi a Baku, Azerbaijan, COP29 la conferenza delle Nazioni Unite sul clima. Quello che segue è un messaggio rivolto al pubblico internazionale: prendetevi un minuto per ricordare i prigionieri politici azerbaijani e le numerose violazioni dei diritti umani

11/11/2024 -  Arzu Geybullayeva

Lo scorso 7 novembre un cittadino azerbaijano, dopo aver tentato il suicidio, è stato arrestato con l’accusa di teppismo. Il ministero dell’Interno ha confermato che l’accusa è legata al tentativo di suicidio con il quale l’uomo, 32 anni, avrebbe bloccato il traffico nel momento in cui il presidente dell’Azerbaijan Ilham Aliyev sarebbe dovuto intervenire all’inaugurazione di una nuova strada nelle vicinanze del luogo dell’incidente.

Il fatto che l’uomo sia stato accusato di teppismo dopo aver provato a togliersi la vita la dice lunga sull’atteggiamento delle autorità azerbaijane nei confronti dei cittadini: anziché indagare le motivazioni alla base dell’ideazione suicidaria, si è optato per la punizione. Uno schema fin troppo familiare .

Capita spesso che i cittadini azerbaijani vengano puniti per aver deciso di esprimere, in un modo o nell’altro, il proprio dissenso.

Prendiamo l’esempio delle proteste scoppiate nel 2023 nel villaggio di Soyudlu. La popolazione, preoccupata per gli effetti sull’ambiente, si era opposta all’idea che un’azienda mineraria specializzata nell’estrazione dell’oro costruisse un secondo lago artificiale nei pressi del villaggio.

Invece di chiedere spiegazioni all’azienda, le autorità hanno reagito dispiegando ingenti forze di polizia in tenuta antisommossa. La polizia è intervenuta in modo violento contro gli abitanti, utilizzando anche proiettili di gomma e gas lacrimogeni.

Molte persone sono state arrestate con l’accusa di aver violato le norme che regolano l’organizzazione e lo svolgimento delle manifestazioni pubbliche e di aver disobbedito alle forze dell’ordine. Anche quando gli abitanti del villaggio di Saatli hanno deciso di protestare per la mancanza d’acqua, la polizia ha reagito con proiettili di gomma.

Un esempio più recente è quello del quartiere di Songar a Baku, dove i ragazzi non possono più frequentare la scuola perché le famiglie, alle prese con difficoltà economiche, non possono permettersi di pagare il biglietto dell’autobus per i loro figli. Nel quartiere di Songar non ci sono scuole, quindi i ragazzi sono costretti a spostarsi diversi chilometri per raggiungere la scuola più vicina.

Alcune famiglie con più figli in età scolare hanno dichiarato ai media locali che per loro è semplicemente impossibile sostenere le spese di trasporto su base giornaliera. Sono ormai vent’anni che Songar non ha una scuola. Col tempo i conducenti degli autobus, con la scusa dell'aumento dei costi della benzina , hanno iniziato a far pagare i biglietti agli scolari.

Poi ci sono le inondazioni. Recentemente a Baku le forti piogge hanno provocato allagamenti , sommergendo case, uffici, sottopassi. Due persone sono morte per annegamento in un tunnel allagato.

I casi di cui sopra, come tante altre vicende, dimostrano che le autorità azerbaijane – che dovrebbero occuparsi delle politiche, delle infrastrutture e del benessere della popolazione – evitano di assumersi le responsabilità, affermando semplicemente di cercare di risolvere i problemi e accusando i cittadini di aver commesso vari reati.

Intanto, l’Azerbaijan è orgoglioso di ospitare la COP29 che inizia oggi, 11 novembre. Come recentemente annunciato, tutti i partecipanti alla conferenza potranno viaggiare gratis sui mezzi pubblici.

Durante i preparativi, la città di Baku ha subito un massiccio intervento di restyling , paralizzando la vita della popolazione con chiusure stradali, deviazione dei percorsi dei mezzi pubblici e un impatto complessivo dovuto alle polveri da cantiere durante la torrida estate in città.

Alcune scuole rimarranno chiuse per tutta la durata della conferenza. Le restrizioni, decise dalle autorità, riguarderanno anche alcuni luoghi di lavoro, presumibilmente per fornire accoglienza agli ospiti internazionali ed evitare gli ingorghi sulle strade.

Il disprezzo che le autorità esprimono nei confronti dei cittadini – al contempo dimostrando rispetto e attenzioneper gli ospiti internazionali e per tutti quelli che l’élite al potere considera come alleati – non è certo un fenomeno nuovo.

Quando, nell’ottobre di quest’anno, Kema Seba, un controverso attivista africano, è stato arrestato in Francia , le autorità azerbaijane lo hanno subito definito prigioniero politico , chiedendo il suo immediato rilascio.

Seba, noto per gli elogi al presidente russo Vladimir Putin e per l’incitamento all’odio, era tra gli ospiti internazionali invitati ad una conferenza sul neocolonialismo tenutasi a Baku. Quella del neocolonialismo è una questione su cui l’Azerbaijan insiste da due anni ormai come parte integrante di una narrazione anti-occidentale, e in particolare anti-francese, portata avanti dalla leadership di Baku.

La conferenza di cui sopra ha riunito i rappresentanti di alcuni piccoli stati insulari, tra cui la Nuova Caledonia. Durante le recenti proteste in Nuova Caledonia i manifestanti hanno sventolato le bandiere dell’Azerbaijan e gli striscioni con l’immagine del presidente azerbaijano Ilham Aliyev. Il ministero degli Esteri ha prontamente negato qualsiasi coinvolgimento nelle proteste.

Quando Pavel Durov, fondatore di Telegram, è stato arrestato in Francia, il governo di Baku ha rilasciato una dichiarazione chiedendo l’immediato rilascio di Durov e invitando l’UE, il Consiglio d’Europa e l’OSCE a indagare sul caso. È curioso notare come il ministero degli Esteri azerbaijano abbia dimenticato di menzionare le denunce contro Telegram, ma anche gli arresti di Kema Seba e la decisione del governo di Parigi di privare il controverso attivista della cittadinanza francese.

Prima del suo viaggio in Francia [durante il quale è stato arrestato], Pavel Durov ha visitato l’Azerbaijan dove ha incontrato i rappresentanti del ministero dello Sviluppo digitale e dei Trasporti, nello specifico del Centro per la cybersicurezza. Il personale del Centro è stato formato da esperti di sicurezza informatica israeliani. Da tempo ormai l’Azerbaijan utilizza la tecnologia di sorveglianza israeliana .

Oltre che su un’ampia rete di troll e bot, la leadership di Baku fa affidamento sulle piattaforme per mettere a tacere i critici e promuovere un’immagine edulcorata del paese. Sono ormai anni che il governo e altre istituzioni azerbaijane, ma anche alcuni attori non governativi allineati al potere utilizzano Telegram per intimidire gli attivisti e le loro famiglie , approfittando dell’approccio indulgente della piattaforma al controllo dei contenuti, soprattutto nei casi di intimidazione e disinformazione.

Nel settembre di quest’anno, dopo la visita di Durov, il parlamento di Baku ha approvato la proposta di creare una commissione speciale per le interferenze straniere e le minacce ibride. La creazione della commissione è stata motivata con la necessità di prevenire presunti tentativi di rovesciare l’ordine costituito e contrastare le minacce di una guerra ibrida.

Poi ad ottobre, Sergey Naryshkin, capo dell’intelligence estera russa, si è recato in visita in Azerbaijan. I servizi segreti dei due paesi hanno concordato di unire le forze per identificare e combattere “l’opposizione non sistematica” all’estero.

In un paese, come l’Azerbaijan, dove l’opposizione da tempo ormai è bersaglio di varie forme di repressione sistematica , atti intimidatori e pressioni, l’intenzione di perseguitare anche i critici all’estero non sorprende affatto .

Solo nell’ultimo decennio, le organizzazioni internazionali per i diritti umani hanno documentato numerosi casi di caccia ai dissidenti e agli attivisti azerbaijani fuggiti all’estero.

Ecco il messaggio per il pubblico e gli stakeholder internazionali in viaggio a Baku per partecipare alla COP29: mentre gli ospiti godranno delle comodità del trasporto gratuito, delle strade senza ingorghi e del recente restyling della città, prendetevi un minuto per ricordare i prigionieri politici azerbaijani, così tanti da non poterli contare.

Ne cito solo alcuni: Akif Gurbanov, Bahruz Samadov, Iqbal Abilov, Anar Mammadli, Imran Aliyev and Ilhamiz Guliyev, Famil Khalilov, Elvin Mustafayev, Afiaddin Mammadov, Emin Ibrahimov, Ruslan Izzatli, Mushfig Jabbarov, Nargiz Absalamova, Elnara Gasimova, Sevinc Vagifgizi, Rail Abbasov.


Hai pensato a un abbonamento a OBC Transeuropa? Sosterrai il nostro lavoro e riceverai articoli in anteprima e più contenuti. Abbonati a OBCT!