Nuove alluvioni hanno colpito i due paesi negli scorsi giorni. Le acque hanno inondato per lo più le stesse aree che erano state messe in ginocchio già a maggio. Le popolazioni, intanto, cominciano a protestare contro le mancanze nell'azione dei due governi
Bosnia Erzegovina e Serbia di nuovo in ginocchio. Sono passati soltanto tre mesi, dalle grandi alluvioni di maggio, che hanno provocato nei due paesi quasi ottanta morti e miliardi di euro di danni, e la tragedia sembra non essere finita. In alcuni casi, comprensibilmente soprattutto nelle municipalità che non si erano trovate nell'occhio del ciclone in primavera, si parla di "danni superiori a quelli di maggio scorso ". Per il momento, in molte aree è stato dichiarato lo stato d'emergenza. I morti accertati finora [scriviamo nel tardo pomeriggio di giovedì 7 maggio] sono tre: uno in Serbia e due in Bosnia Erzegovina, mentre continuano le ricerche di un disperso nella zona di Banja Luka.
Bosnia Erzegovina
In Bosnia Erzegovina, il clima particolarmente piovoso delle scorse settimane ha provocato enormi disagi a viabilità e centri abitati. Le aree più colpite si trovano a Brčko, Srebrenik, Banja Luka, Prnjavor, Bijeljina, Čelinac (dove sono stati distrutti ben 7 ponti), Derventa, Gračanica, Žepče, Lukavac, Banovići, Doboj e Maglaj: per la maggior parte, si tratta di regioni dove già in maggio i danni delle alluvioni erano stati pesantissimi.
A Srebrenik, cittadina nel cantone di Tuzla, circa 500 case sono state allagate per lo straripamento del fiume Tinja. Più di mille persone, fino a questo momento, sono state costrette ad evacuare. Secondo i residenti, le devastazioni sono maggiori di quelle che erano toccate alla città a maggio. Allora gli argini avevano resistito ma - accusano gli abitanti - erano stati fortemente danneggiati, e l'amministrazione pubblica non si è assolutamente preoccupata di metterli in sicurezza, con il risultato che mercoledì sera hanno ceduto, lasciando il paese in balia delle acque. Sempre nel cantone di Tuzla, ingenti danni sono stati registrati nelle municipalità di Lukavac, Gračanica e di Čelić, tutte finite sott'acqua. Si registrano centinaia di abitazioni allagate e, secondo il capo della protezione civile del cantone Zdenko Tadić, il peggio deve ancora arrivare: "Il livello di accumulazione del lago Modrac sale di ora in ora", sottolinea, "ci aspettiamo che le acque superino di un metro il livello di guardia, il che non lascia presagire nulla di buono per gli abitanti".
Altre aree toccate dalle alluvioni nel corso della giornata di mercoledì scorso sono Banja Luka e Bijeljina. A Banja Luka, secondo le cifre comunicate dal comitato di emergenza riunitosi nella tarda serata del 6 agosto, ci sarebbero 247 case alluvionate, oltre ad altre 60 danneggiate dalle frane riattivatesi per le forti piogge. La situazione, ad ogni modo, starebbe già tornando alla normalità, e già oggi gli abitanti e la protezione civile hanno cominciato a ripulire e disinfettare le proprie case. Nel territorio di Bijeljina i danni peggiori si registrano nella località di Janja, dove centinaia di abitazioni sono state colpite dalle inondazioni. Militari, membri della protezione civile e volontari sono al lavoro per cercare di rinforzare gli argini, in un film identico a quello già visto tre mesi fa.
Serbia
Anche la Serbia, soprattutto nella sua parte occidentale e in quella centrale, è stata colpita dal maltempo che ha portato nuove alluvioni. In particolare, le inondazioni hanno riguardato le località di Banja Koviljača e di Losnica, al confine con la Bosnia Erzegovina. A Losnica è stato dichiarato lo stato di calamità naturale, mentre a Banja Koviljača un uomo è morto, travolto dalle acque mentre si trovava nel seminterrato della propria abitazione.
A Kosjerić, una città nel distretto centrale di Zlatibor, il fiume ha invaso il paese, distruggendo - come riportato dall'emittente B92 - "tutto ciò che era riuscito a rimanere intatto dopo le inondazioni di maggio". "Il fiume è arrivato in 20 minuti e ha sommerso immediatamente ogni cosa", ha raccontato una delle residenti, Mirjana Jovčić. Anche in questo caso, non si risparmiano le critiche alle autorità: "Dopo le alluvioni di maggio, nessuno è venuto a chiederci se avessimo bisogno di aiuto", lamenta Miodrag Nikolić, che ha perso la sua casa tre mesi fa, "abbiamo più volte allertato le autorità, chiedendo loro che provvedessero a ripulire il letto del fiume", ostruito dai detriti trasportati in primavera. "Oggi finalmente sono venuti qui da noi", conclude amaramente Nikolić, "visto che il fiume è esondato".
Tra proteste e immobilismo
Se da più parti si ripete che queste alluvioni sono peggiori rispetto a quelle di maggio non è, probabilmente, solo una constatazione materiale di fronte ai danni nelle località che in questa primavera erano state toccate solo marginalmente. La frase, piuttosto, riassume bene anche lo stato d'animo delle popolazioni dei due paesi, di fronte all'inerzia delle istituzioni e all'accanirsi del cattivo tempo, che nulla promette di buono nel corso delle prossime settimane. L'emergenza di mercoledì scorso in Bosnia Erzegovina e Serbia non è solo pesante sotto il profilo materiale: è, a livello simbolico, anche la dichiarazione più evidente dell'abbandono in cui sono state lasciate nel corso degli ultimi tre mesi le vittime delle alluvioni.
"La cosa più necessaria ora è ripulire le case, dragare il letto del fiume, riparare gli argini. Tutte cose che bisogna fare in fretta", ha dichiarato il sindaco di Kosjerić, Milijan Stojanić, a Radio Slobodna Evropa. "A ucciderci è l'incuria", ha ammonito. Proprio nelle scorse settimane, in Serbia, la popolazione di Obrenovac (una delle città che più avevano sofferto i danni delle alluvioni nello scorso maggio) era scesa in strada per protestare contro il governo. Per una ironica coincidenza del destino, soltanto in questi giorni ha avuto inizio il pagamento degli indennizzi a chi aveva subito danni durante le scorse alluvioni. Finora, però, i cittadini sono stati lasciati soli e nessuno, dal governo centrale alle autorità della municipalità, ha voluto iniziare le attività di ricostruzione. Jovan Milivojević, uno degli organizzatori della protesta, ha ribadito la propria intenzione di "iniziare una azione legale contro il governo ", responsabile di aver causato con la propria negligenza il disastro di tre mesi fa.
In Bosnia Erzegovina, praticamente nulla si è mosso negli ultimi mesi. Per ora, il governo centrale ha deciso di stanziare circa dieci milioni di marchi (circa cinque milioni di euro) per aiutare i cittadini. Ma al di là della cifra, che è stata ripartita come prevedibile su base politica (le due entità del paese avranno il 49% della cifra ciascuna, il restante 2% andrà al distretto di Brčko), non si ha tuttora alcun programma di ricostruzione, mentre in Republika Srpska le poche centinaia di cittadini che hanno ricevuto i voucher promessi da Milorad Dodik aspettano comunque che essi possano essere liquidati: al momento, sono soltanto pezzi di carta.
Il dramma è bene rappresentato dalla catastrofica situazione in cui si trovavano i residenti di Topčić Polje e Željezno Polje, fino a quando non sono stati costretti a lasciare la zona mercoledì. Le due località, che si trovano rispettivamente nelle municipalità di Zenica e Žepće, sono state quasi letteralmente spazzate via da una serie di frane lo scorso maggio. Ma le autorità non hanno fatto praticamente nulla per gli abitanti, limitandosi a inviare qualche macchina pesante, lo stretto necessario per riaprire se non altro le vie di comunicazione. Dopo qualche settimana in molti, senza un posto dove andare, sono tornati alle proprie case distrutte e qualcuno si è adattato a vivere in tenda. A inizio settimana si erano mobilitati in massa per protestare davanti al municipio di Žepče, anche se l'amministrazione locale è attualmente in pausa estiva. Da ieri, hanno cominciato a occupare la strada che da Zenica porta a Doboj, una delle principali del paese, nella speranza che ciò serva ad attirare l'interesse dell'opinione pubblica sulla loro condizione.
"La situazione attuale è inaccettabile", ha dichiarato Muris Bulić, uno degli esponenti del 'Centri civilnih inicijativa', centri di iniziativa civile, che proprio due giorni fa ha presentato, a Sarajevo, un rapporto che analizza la condotta del governo bosniaco nel corso degli ultimi mesi: "Nessuno si è assunto la responsabilità per il diluvio dello scorso maggio, il che dimostra che il nostro governo non risponde ancora ai criteri minimi di democrazia e di sviluppo della società. I cittadini continuano ancora ad aspettare l'aiuto da parte dello stato ma il governo, a quanto pare, non si interessa di questo problema cruciale. Al contrario, la maggior parte dei nostri politici se ne sono andati tranquillamente in vacanza".
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