La risoluzione del Parlamento europeo che invita gli Stati membri dell'Unione e quelli dei Balcani occidentali a proclamare l'11 luglio come giorno di commemorazione del genocidio di Srebrenica. Le reazioni in Bosnia Erzegovina e Serbia, un commento
Alić Hamida cerca: il marito Alić Šefka, del 1942, il figlio Alić Ševala, del 1967, il figlio Alić Kjašifa, del 1971, e il figlio Alić Nehrudina, del 1975, del villaggio di Knezovi, municipalità di Srebrenica
(Manifesto portato da una madre di Srebrenica durante una protesta a Sarajevo)
Il Parlamento europeo ha proclamato l'11 luglio il giorno della memoria delle vittime del genocidio di Srebrenica.
Con 556 voti favorevoli, nove contrari e 22 parlamentari assenti, il Parlamento ha adottato una risoluzione con la quale invita tutti gli Stati membri e in particolare quelli balcanici a commemorare più di 8.000 ragazzi e uomini bosniaci, uccisi dai soldati serbo bosniaci nel 1995.
Nel documento si ricorda che in quell'occasione anche più di 25mila donne, bambini e anziani bosniaci furono deportati a forza da Srebrenica.
Il Parlamento europeo afferma che il genocidio di Srebrenica e' stato il maggior crimine di guerra perpetrato in Europa dalla fine della Seconda guerra mondiale, e indica i principali colpevoli: i generali serbi Ratko Mladić (ancora latitante), Radislav Krstić (condannato all'Aia a 35 anni di carcere per complicità in genocidio), e l'ex presidente della Republika Srpska Radovan Karadžić (attualmente all'Aia accusato, tra altro, per il genocidio).
"Ai sopravvissuti dobbiamo giustizia, e alle vittime la memoria", ha detto l'Alto Rappresentante della comunità internazionale in Bosnia, Miroslav Lajčák, sottolineando che "senza la verità non c'è giustizia, senza giustizia non c'è riconciliazione e senza di essa non ci sarà futuro".
La signora Hatidža Mehmedović, presidente dell'Associazione delle Madri di Srebrenica, ha affermato che "nessuno ci può restituire i nostri cari ma almeno, con questa risoluzione, possiamo sperare che in quel giorno altri saranno vicini al nostro dolore".
E' inutile sperare che la risoluzione del Parlamento europeo, nonostante la sua importanza in particolare per la Bosnia Erzegovina (BiH), sarà approvata dal parlamento di quello Stato. Il blocco dei parlamentari serbo bosniaci è già annunciato.
Il Primo ministro della Republika Srpska, Milorad Dodik, ha dichiarato che per "i serbo bosniaci è inaccettabile commemorare le vittime di Srebrenica l'11 luglio. Magari possiamo pensare ad un altro giorno", rifletteva Dodik, che ha accusato "alcuni parlamentari europei di voler pulire la propria coscienza sporca con quella risoluzione".
Il professore della Facoltà di Scienze Politiche di Sarajevo, Mirko Pejanović, ritiene che questa risoluzione potrebbe avere l'effetto di contrastare la negazione del genocidio e del crimine, ma che "certi gruppi non saranno nemmeno sfiorati dalla risoluzione, perché fanno parte del crimine stesso".
In Serbia alcune organizzazioni non governative hanno invitato il Parlamento a sostenere la risoluzione europea, ma la loro voce non ha avuto nessun effetto per la loro reputazione di "soliti nemici della patria".
Il Partito Democratico che governa, (del quale è membro il presidente Boris Tadić) fino ad ora non ha fatto nessuna dichiarazione sulla risoluzione europea. Ma cosa potrebbe essere più esplicito del fatto che la Serbia ancora oggi, 13 anni dopo il genocidio a Srebrenica, protegge uno dei principali colpevoli di quel crimine, il generale Ratko Mladić?
La risoluzione del Parlamento Europeo è l'ultimo atto di una lista di vari documenti internazionali che hanno sanzionato il genocidio di Srebrenica.
Il più importante è la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia che ha accertato che a Srebrenica fu compiuto un genocidio. La Serbia fu assolta della colpa. La Corte, però, ha affermato che Belgrado non ha fatto niente per impedire il crimine.
Ancora prima, nel 2000, le Nazioni Unite hanno dichiarando che a Srebrenica "fu compiuto un genocidio, e che Srebrenica rappresenta la più grande vergogna delle Nazioni Unite".
Il Congresso e il Senato degli Stati Uniti hanno adottato una risoluzione sul genocidio di Srebrenica accusando i colpevoli e chiedendo giustizia e verità per quanto accaduto.
Nulla di questo ha cambiato la politica o l'opinione pubblica in Serbia. Là, i principali colpevoli per il genocidio di Srebrenica sono considerati da molti degli eroi nazionali.
"Le mie amiche portano le foto di Karadžić e Mladić nel portafoglio, come si fa con le foto dei famigliari", ha detto Jelena Mirkov, una giovane appartenente al gruppo "Iniziativa dei Giovani", della Serbia.
Tre anni fa, in occasione del decimo anniversario del genocidio di Srebrenica, il gruppo ha provato a invitare i partecipanti al festival EXIT, (uno tra i più importanti eventi musicale per i giovani in Europa, che si tiene a Novi Sad), ad osservare un minuto di silenzio per le vittime di Srebrenica. Ma "abbiamo rinunciato, perché i nostri coetanei ci dicevano che Srebrenica era stata un'azione giusta e che sperano che si ripeterà", ha spiegato Jelena.
Un gruppo misto di rappresentanti di organizzazioni non governative di Bosnia Erzegovina e Serbia, partendo dall'ipotesi che i serbi non sanno cosa è successo a Srebrenica, ha organizzato una mostra speciale. Sui principali punti di Belgrado e di altre grande città serbe furono esposti manifesti giganteschi, le foto dell'autore bosniaco Tarik Samarah, sui crimini compiuti a Srebrenica.
Le reazioni del pubblico serbo furono deprimenti: i manifesti furono strappati, distrutti, e su alcuni sono apparse le scritte "Noz, žica, Srebrenica" (Coltello, filo spinato, Srebrenica), o "si ripeterà", oppure i versi: Dormi tranquilla Fato, tutti i tuoi sono sgozzati, tranne Mujo, che pende sulla porta.
Il professor Vojin Dimitrijević, membro del Partito Democratico della Serbia, ritiene che in Serbia ci sono due reazioni ai crimini compiuti in BiH: la negazione del crimine o la convinzione che quello che è stato fatto a Srebrenica fu giusto.
"La negazione del genocidio è l'ultima fase dello stesso crimine", sostiene la professoressa Janja Beć Neumann, autrice del seminario "I crimini di guerra, il genocidio e le memorie". "Intere generazioni di giovani serbi, dopo le guerre degli anni novanta, crescono in un clima di negazione dei crimini, da una parte, e dall'altra parte vengono educati al fatto che la Serbia è l'eterna vittima, mentre tutto il mondo la vede come the master of death", sostiene Janja Beć Neumann.
Un cambiamento nell'opinione pubblica in Serbia è avvenuto nel 2005, dopo che la TV pubblica di Belgrado (sotto la pressione del Tribunale dell'Aja) ha mostrato un video amatoriale, fatto dai membri dell'unita paramilitare serba "Scorpioni". Si sono filmati da soli mentre uccidevano un gruppo di bosniaci di Srebrenica. I serbi furono impressionati della spietata uccisione dei bosniaci (il più giovane aveva solo 17 anni), ma non abbastanza per approvare in Parlamento una risoluzione/condanna del genocidio di Srebrenica.
"Talvolta mi chiedo se lo spirito dei popoli balcanici non sia per sempre avvelenato, e se forse non saranno mai più in grado di fare altro tranne sopportare la violenza o esercitarla", ha scritto il premo Nobel Ivo Andrić nel suo libro "Znakovi pored puta" (I segni lungo la strada).
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