Mostar al voto dopo 12 anni

17 dicembre 2020

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Sono passati dodici anni dall’ultima volta che si è votato a Mostar, Bosnia Erzegovina, per le amministrative. Ora si tornerà finalmente alle urne domenica 20 dicembre.

Tra i 100.864 aventi diritto di voto a Mostar, rileva la Deutsche Welle , saranno molti a votare per la prima volta per eleggere il governo della propria città. non si tratta di giovanissimi ma di persone che hanno già circa trent’anni. È infatti dal 2008 che non si vota a Mostar, dodici anni sono serviti ai due principali partiti etnonazionali, il bosgnacco SDA di Bakir Izetbgović, e il croato HDZ BiH di Dragan Čović per mettersi d’accordo dopo un'impasse creatasi nel 2010. Accordo che i due leader politici hanno stretto il giugno scorso dietro forti pressioni della comunità internazionale e dell’ambasciata americana.

Il tutto era iniziato anni fa quando i partiti croati avevano fatto ricorso perché ritenevano che i voti bosgnacchi in alcune circoscrizioni di Mostar valessero più di quelli croati, violando così la regola di "una testa un voto". Nel 2010 il Tribunale costituzionale aveva accolto il ricorso e aveva cancellato la regola elettorale ritenuta discriminatoria, dichiarando inoltre incostituzionale lo Statuto della Città di Mostar.

Tuttavia dopo la sentenza ci sono voluti altri dieci anni prima che i leader politici raggiungessero un accordo su una nuova legge elettorale.

Questo è avvenuto anche grazie al fatto che l’attivista Irma Baralija, membro del partito Naša stranka, ha portato il caso di Mostar davanti alla Corte di Strasburgo. Ima Baralija nel 2018 aveva fatto rientro nel suo paese natale con l’intenzione di apportare dei significativi cambiamenti nella sua città ed ha presto sporto denuncia contro la Bosnia Erzegovina presso la Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU), sostenendo che il mancato svolgimento delle elezioni comunali a Mostar violava i suoi basilari diritti umani. La sentenza della CEDU ha dato ragione alla Baralija nell’ottobre 2019 sancendo che, nel caso la politica non fosse riuscita a modificare la legge elettorale entro sei mesi, sarebbe stata la Corte costituzionale bosniaca a dover intervenire con una normativa provvisoria per andare al voto. Questo e pressioni internazionali hanno portato infine Bakir Izetbgović e Dragan Čović all'accordo.