Prijedor, 31 maggio
31 maggio 2017
Il 31 maggio di cinque anni fa un ragazzo, Emir Hodžić, si legò una fascia bianca al braccio sinistro e si mise da solo in piedi nella piazza principale di Prijedor, per protestare in silenzio contro la decisione delle autorità locali di negare, di nuovo, alle associazioni di vittime civili di guerra della città il diritto a organizzare una commemorazione pubblica in ricordo del 31 maggio di vent'anni prima.
Quel giorno del 1992 le autorità di Prijedor obbligarono tutti i cittadini non-serbi ad appendere uno straccio o un lenzuolo bianco ad una finestra delle proprie case e per essere riconoscibili anche fuori dalle mura di casa furono obbligati a mettere una fascia bianca al braccio. In pochi mesi 31.000 civili di Prijedor vennero rinchiusi nei lager, 53.000 persone furono vittime di persecuzione e deportazione. Tra i 3.173 che vennero uccisi, 102 erano bambini.
Il gesto coraggioso di Emir venne ripreso dai giornali e spinse molti giovani ad attivarsi, creando 'iniziativa "Jer me se tiče" (Perché mi riguarda) che portò in piazza decine di persone il 31 maggio 2013, nella Giornata internazionale delle fasce bianche. Solo tre anni dopo erano più di 500 i giovani e meno giovani, provenienti da diverse città della Bosnia Erzegovina, a sfilare per le strade di Prijedor chiedendo un monumento in memoria dei 102 bambini uccisi in guerra e denunciando al mondo che in questa città ancora si nega il massacro di migliaia di civili. Mentre la protesta cresceva, le autorità negavano, pur di fronte a una petizione firmata da centinaia di bosniaci a sostegno del monumento.
Quest'anno, sono ancora di più i manifestanti, portati con autobus organizzati da Banja Luka, Sarajevo, Zenica, Tuzla ma anche da altri piccoli centri con auto private, che alle ore 12.00 si troveranno all'inizio della zona pedonale per poi sfilare fino alla piazza principale e appoggiare a terra 102 rose con ognuna un bigliettino bianco con nome ed età dei bambini uccisi nel 1992.
Nomi che per la prima volta il quotidiano locale, Kozarski Vjesnik , ha deciso di pubblicare nell'annuncio funebre voluto dai familiari, rompendo il muro del silenzio. Un segno positivo, come dichiarato da Refik Hodžić, bosniaco originario di Prijedor, direttore delle comunicazioni del Centro Internazionale per la Giustizia Transizionale (ICTJ ) ma anche documentarista e attivista, al quotidiano Vijesti lo scorso 27 maggio : "La pubblicazione è un fatto di grande importanza perché ha abbattuto più muri di tutte le manifestazioni di piazza".
Hodžić si riferisce all'immediata reazione delle organizzazioni serbe degli ex-combattenti e dell'Organizzazione dei familiari dei caduti, deportati e scomparsi in guerra che hanno proposto di erigere un monumento dedicato a tutti i bambini di Prijedor uccisi nel ventesimo secolo – quindi anche i 990 bambini morti nella Seconda Guerra Mondiale. "Pur essendo certo che non sia una proposta sincera e rappresenti il tentativo di relativizzare la morte di quei 102 bambini, non significa che non si debba dialogare", ha aggiunto.
Inoltre, sottolinea, non è di poco conto la pubblicazione in sé se si pensa alla storia di questa testata: "Non si tratta di un giornale qualsiasi. E' l'unico media esplicitamente citato nei processi per crimini di guerra che si sono svolti al TPI, responsabile di aver incitato quei crimini. Un giornale che negli anni '90 è stato un media usato per preparare il genocidio e che in tutti questi anni non aveva mai dato spazio al dialogo su eventi del passato".
Edin Ramulić e Goran Zorić, dell'iniziativa "Jer me se tiče ", ricordano nel loro manifesto che la Giornata delle fasce bianche è il simbolo di una lotta mondiale: "Per il diritto alla memoria di tutte le vittime, contro la negazione dei crimini, per la difesa della dignità e diritti dei più deboli, non solo a Prijedor e in Bosnia Erzegovina ma ovunque nel mondo. Un appello a superare i conflitti, sconfiggere l'odio e, prima di tutto, essere umani".
Edukit sulle Guerre degli anni '90
Naviga l'educational kit "Gli Anni '90 e il ritorno della guerra in Europa" realizzato nell'ambito del progetto EUSEE promosso dal Centro di eccellenza Jean Monnet di Trento in collaborazione con OBCT
Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito del progetto Testimony – Truth or Politics. The Concept of Testimony in the Commemoration of the Yugoslav Wars, coordinato dal CZKD (http://www.czkd.org/ ) e cofinanziato dal programma "Europa per i cittadini" dell’Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea.