Stanno per scadere gli ultimi giorni per l'accordo sulla riforma della polizia in BiH, condizione per il proseguimento del cammino europeo del paese. Integrazione o isolamento, questo è il dilemma davanti ai due leader bosniaci. Che si giocano la carriera politica
Tra i politici della Bosnia Erzegovina già da tempo indifferenti, così come tra l'opinione pubblica che, a dire il vero, non esiste più, ci si pone con sempre più enfasi e in un modo perverso la seguente domanda: Haris Silajdzic, leader della maggioranza bosgnacca delle strutture politiche della BiH e Milorad Dodik, leader delle strutture serbe, saranno destituiti oppure (di nuovo) riusciranno a sopravvivere politicamente? Se dovessero essere destituiti, come sempre più insistentemente si annuncia, la causa sarebbe il definitivo fallimento della riforma della polizia in BiH.
Questa riforma, ricordiamo, già da tempo è stata dichiarata dall'Ue come la condizione imprescindibile per la firma dell'Accordo di stabilizzazione e associazione tra la BiH e la Commissione europea. Senza questo Accordo non si potrà proseguire con l'avvicinamento della BiH all'Unione europea. Tutti gli altri paesi della regione, eccetto la Serbia, hanno già firmato questo accordo. L'arresto dello sviluppo politico istituzionale della BiH è evidente. La comunità internazionale, ma ormai anche l'opinione pubblica locale, colpevolizza per questa situazione soprattutto i due leader politici. Dodik per la serie di comportamenti coi quali in modo drammatico nega la Bosnia Erzegovina come stato sovrano e integro. Egli infatti cerca di fare dell'entità che si chiama Republika Srpska uno stato parallelo. Silajdzic, invece, è accusato di non smuoversi dall'idea di eliminare la Republika Srpska e dal tentativo di creare uno stato unitario centralizzato. In cui governerebbero, in quanto maggioranza, i bosgnacchi.
Ma, torniamo all'inizio. In cosa consiste la "perversione" della domanda sul destino dei due politici? Prima di tutto nel fatto che per l'opinione pubblica e quella politica non interessa affatto la domanda chiave: ci sarà entro la fine di settembre - cioè entro il termine per l'introduzione dell'accordo sulla polizia - un accordo di compromesso che sia vantaggioso per tutto lo stato? Al pubblico in modo sadomasochista interessa soprattutto che cada una testa, qualunque essa sia. Più alte sono le cariche, maggiore è lo spettacolo! Il massimo dell'assurdo sta anche nel fatto che l'eliminazione dei due politici è attesa dalle stesse persone che li hanno eletti in massa alle elezioni dell'anno scorso. A pochi giorni dalla scadenza del termine previsto per la riforma e per l'introduzione delle sanzioni da parte dell'Ue, se la riforma non dovesse partire, è veramente difficile scommettere sul possibile esito di questa vicenda.
Il giovane e ambizioso "alto rappresentante della comunità internazionale", lo slovacco Miroslav Lajcak, evidentemente ha il via libera da Bruxelles per quanto concerne le misure punitive più radicali possibili, se dovessero servire. Allo stesso tempo è chiaro che lui stesso non desidera applicare queste misure, a meno che non sia veramente giustificato a farlo. A differenza dei locali che sono più interessati alle "teste", la comunità internazionale è molto più interessata a come far procedere le riforme bloccate. Non sembra che gli sia indifferente farlo con o senza Dodik e Silajdzic. Di certo preferirebbero andare avanti con loro piuttosto che senza.
In questi giorni si specula parecchio sul "perché entrambi saranno sicuramente destituiti". E allo stesso tempo ci sono parecchie speculazioni sul "perché di sicuro non saranno destituiti". Dalla "lettura" di queste speculazioni si possono addurre argomenti molto differenti. Sono fondati sulle passioni da tifoseria, (non) conoscono la reale situazione in BiH e i meccanismi comportamentali della comunità internazionale, sono basati sui desideri politici personali senza una base reale, ecc.
Tifare per l'una o l'altra opzione testimonia in modo drammatico anche il grande isolamento politico, intellettuale e formativo dell'opinione pubblica locale rispetto al reale andamento delle questioni internazionali in Europa e nel mondo. In poche parole, si tratta di una frustrazione totale a causa del blocco del processo di avanzamento della BiH che dura ormai da anni e a causa delle speranze disattese. È anche evidente la costernazione di fronte alla mancanza di idee e di consistenza della strategia dell'Europa nei Balcani, in particolare in Bosnia. In breve, sulla base delle precedenti esperienze il "popolo" non crede più all'Europa.
D'altro canto questa Europa insiste continuamente in modo retorico sull'interpretazione della legittimità della scelta, constatando che: da soli li avete scelti alle elezioni democratiche. Ecco dove sta la questione. È vero che alle "elezioni democratiche" nessuno ha rubato i voti o falsificato i risultati ma come si può parlare di elezioni democratiche in un paese privo di una vera democrazia e di istituzioni democratiche? Se preparate gli elettori alle elezioni con l'enorme pressione della divisione nazionale e infondete il timore degli altri, se li "educate" con le preghiere nelle chiese e nelle moschee ormai politicizzate, se li informate con i media politicamente corrotti , allora non possono nemmeno esserci "elezioni democratiche".
Il quadro costituzionale di Dayton, con il suo semiprotettorato, ha affossato interamente qualsiasi senso di responsabilità dei politici locali. Cosa dire di uno stato la cui presidenza non è riuscita a mettersi d'accordo nemmeno sulla piattaforma comune della delegazione del vertice statale che partecipa alla sessione del Parlamento generale delle Nazioni Unite? Il presidente della presidenza, nominalmente il capo dello stato, in quell'occasione ha parlato solo "a nome suo".
I meccanismi per porre rimedio in qualche modo a questa situazione non esistono. La politicizzazione isterica su base nazionale - fondata su una completa riduzione della "lettura" di Dayton con il continuo appoggio della comunità internazionale a questo tipo di lettura, nonché il continuo osservare la situazione della BiH attraverso gli accadimenti in Serbia e in Kosovo - hanno portato la situazione del paese sino all'assurdo: Oggi in Republika Srpska si pianifica di introdurre un sistema elettro-energetico comune e la creazione di riserve statali con un altro stato, la Serbia, e non con lo stato di appartenenza, la BiH. Dodik firma accordi internazionali! Srebrenica è "protetta" dai poliziotti che hanno direttamente partecipato al genocidio contro gli abitanti della stessa Srebrenica. I leader del male, Karadzic e Mladic sono ancora in libertà. Allo stesso tempo, da questo paese è difficile cacciare i mujaheddin che già 12 anni fa, in base all'accordo di Dayton, avrebbero dovuto andarsene.
Ovviamente, questo non vuol dire bilanciare le colpe per la situazione interna. Questo è solo un piccolo avvertimento sul fatto che la possibile uscita o la possibile continuazione di Dodik e Silajdzic è una questione importantissima per il futuro della Bosnia. Questa (non)uscita di scena, invece, non significherà nulla se non si inizierà definitivamente a cancellare gli errori di costruzione nel sistema creato da Dayton. Questo sistema è giunto ad un punto tale che la cosiddetta comunità internazionale è "ostaggio" di Dodik e Silajdzic, i quali dietro di sé hanno un pubblico politico degenerato dal quale traggono la propria forza. Quindi, la questione chiave non è cosa sarà dei due politici, bensì se Bruxelles sa veramente cosa vuole, come fare ad avere quello che vuole e con quali strutture politiche. Le forze oneste della BiH, oggi sono completamente messe da parte e marginalizzate. Questo deriva dall'interesse di qualcuno o dalla totale perdita di senso della realtà.
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