Emir Suljagić, direttore del Memoriale di Srebrenica, esprime in una lettera, profonda solidarietà con la popolazione italiana colpita dalla pandemia. Un gesto di partecipazione che ha le radici negli anni di sostegno dell'Italia al rientro dei rifugiati bosniaco-musulmani nelle loro case in Bosnia orientale
Emir Suljagić aveva 17 anni quando iniziò la guerra in Bosnia Erzegovina nel 1992. Conoscendo l'inglese, divenne interprete per il contingente delle Nazioni Unite di stanza a Srebrenica. Cittadina decretata “Area protetta” dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU tra aprile e maggio 1993 con le Risoluzioni 819 e 824 e posta sotto protezione dei Caschi blu, dove si erano assembrati migliaia di bosniaci musulmani fuggiti dai villaggi della zona. Tra questi, anche lui con la sua famiglia.
Quando nel luglio del 1995 la cittadina cadde nelle mani delle truppe serbo-bosniace comandate dal generale Ratko Mladić (il quale è stato condannato in primo grado dal TPI all'ergastolo, per genocidio e crimini contro l'umanità, nel novembre 2017), essere interprete dei Caschi blu gli salvò la vita. È lui il ragazzino che si vede nei filmati del Tribunale dell'Aja mentre traduce l'incontro tra Mladić e il comandante del contingente ONU olandese, dopo la caduta della città.
La sua storia, toccante testimonianza sulla vita a Srebrenica durante e alla fine dell'assedio, è raccontata nel libro "Cartolina dalla fossa. Diario di Srebrenica", uscito in Italia nel 2010. Nel suo libro, come scriveva Azra Nuhefendić per OBCT, "Emir non odia, non cerca vendetta, non insulta, non urla; il suo è il resoconto su come sopravvivere all'assedio".
Un testo lucido, in cui denuncia anche le responsabilità dei "suoi" e dei Caschi blu, come ricorda Andrea Oskari Rossini in un articolo del 2012: "L'autore parla della ferocia dell'assedio, dei crimini commessi dall'esercito serbo bosniaco, del genocidio. Ma Suljagić non volta lo sguardo di fronte ai crimini commessi dai “suoi”, descrive lo sfruttamento, le malversazioni e la corruzione che regnavano in una città sottoposta all'arbitrio dei suoi capi militari e, soprattutto, racconta le angherie commesse dalle forze di pace, i Caschi blu."
Oggi è direttore del Memoriale di Srebrenica, dove ogni 11 luglio vengono tumulati i resti delle persone uccise e occultate in fosse comuni quei giorni di luglio '95, dopo un lungo lavoro di ricomposizione e riconoscimento, oltre che con gli effetti personali e i resti dei vestiti, attraverso l’incrocio del DNA prelevato dalle ossa e i campioni di sangue dei familiari superstiti.
Pubblichiamo la sua lettera di solidarietà, scritta lo scorso 20 marzo :
Egregi,
a nome del Memoriale di Srebrenica e dell’intera comunità bosgnacca della Bosnia orientale, esprimo le mie condoglianze e piena solidarietà a tutti coloro che in Italia sono stati colpiti dalla pandemia in corso. Il nostro cuore è con i nostri fratelli e le nostre sorelle in Italia in questo momento di immense perdite e sofferenze.
Partecipiamo al dolore delle famiglie che hanno perso i propri cari, ed esprimiamo grande solidarietà e ammirazione nei confronti di coloro che lottano in prima linea per contenere l’espandersi del virus e per alleviarne le conseguenze.
Con la fine della guerra in Bosnia Erzegovina, l’Italia è stato uno dei nostri più forti alleati nel supportare il rientro di rifugiati bosgnacchi nelle loro case della Bosnia orientale. Negli anni di intervento, avete continuato ad essere grandi amici della comunità bosgnacca, e il vostro supporto al Memoriale di Srebrenica nello sforzo di onorare le vittime del genocidio non può essere sottovalutato.
Mentre il vostro paese si trova ad affrontare l’immensa sfida e la grande tragedia di questo oscuro momento storico, il nostro cuore è con il popolo italiano.
Sopravvissuti agli orrori del genocidio e alla devastazione della guerra, non c'è un uomo o una donna nella nostra comunità che non abbia subito la perdita di una persona cara. Comprendiamo quindi il dolore individuale e collettivo che state vivendo ed esprimiamo la nostra più profonda e sincera empatia in questi tempi difficili.
Noi saremo sempre con voi, come voi siete sempre stati con noi, tutti questi anni.
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