Inaugurazione del Centro dell'Accademia delle Scienze - foto BAS

Inaugurazione del Centro dell'Accademia delle Scienze - foto BAS

Anche grazie ai fondi europei di coesione la Bulgaria si è da poco dotata di un innovativo centro di ricerca per le tecnologie pulite, per mettere in rete il mondo scientifico bulgaro e aiutare cittadini e istituzioni a rispettare i nuovi standard ecologici

04/07/2024 -  Francesco Martino Sofia

“Per uno scienziato, la cosa più importante è avere la curiosità e la perseveranza di portare avanti i propri studi. Al tempo stesso, però, per avere risultati importanti, è innegabile l’importanza di avere a propria disposizione infrastrutture ed apparecchiature all’avanguardia. Oggi, anche i nostri ricercatori possono contare su questi fondamentali elementi”.

Nella calura di un’estate precoce, la professoressa Radostina Stoyanova, direttrice dell’Istituto di chimica generale ed inorganica dell’Accademia delle Scienze bulgara (BAS), ci accompagna nel dedalo di viuzze ed edifici del campus situato nel tranquillo quartiere residenziale “Geo Milev”, a Sofia.

La maggior parte degli edifici intorno a noi, quasi tutti destinati alle attività scientifiche dell’Accademia, costruiti nello stile brutalista del tardo socialismo e fiancheggiati da larghe aree di verde, mostrano i segni, talvolta inclementi, del tempo. Ecco perché la nostra meta, il “block 29”, si staglia sul resto del campus per il suo aspetto moderno, sottolineato da dettagli architettonici vezzosi dai colori vivaci che ne accentuano il contrasto con il grigio delle costruzioni vicine.

"Questo è il cuore del nostro ‘Centro nazionale per la meccatronica e le tecnologie pulite’”, mi dice non nascondendo un certo orgoglio la Stoyanova, il cui istituto è l’organizzazione capofila del progetto. “L’ambizione è quella di creare in Bulgaria un polo in grado di effettuare studi su nuovi materiali ed elaborare tecnologie innovative per aiutare mondo produttivo ed istituzioni a migliorare la vita dei cittadini, rispettando sempre di più i nuovi standard ecologici”.

In realtà, il complesso dei laboratori del “blok 29”, costato circa 70 milioni di leva (35 milioni di euro) è solo uno dei tre complessivi realizzati nel periodo 2018-2023 col sostanziale contributo del Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale. Altri due hub del “Centro Nazionale” sono stati realizzati nella capitale bulgara, uno gestito dall’Università di Sofia “Sv. Kliment Ohridski”, l’altro dall’Università Tecnica di Sofia.

“Il progetto ha riunito 17 partner scientifici, tra cui varie università ed istituti dell’Accademia bulgara delle Scienze (BAS)”, spiega Tsvetelina Vladimirova, incaricata del monitoring del progetto, che ci accompagna nei lunghi corridoi del “blok”, su cui si affacciano i laboratori, su un’area totale di circa 1800 metri quadri.

“Il progetto ha diversi obiettivi: oltre a quello di mettere a disposizione dei ricercatori nuove infrastrutture ed apparecchiature, c’è anche quello meno visibile, ma altrettanto importante, di migliorare ed approfondire la cooperazione tra le diverse istituzioni scientifiche del paese” aggiunge Vladimirova. “Sono stati gli stessi partner di progetto a delineare la strategia complessiva per realizzare le attività previste”.

Nuove tecnologie di catalizzazione

Entriamo nei laboratori: alcuni sono ancora in fase di allestimento, in altri vari macchinari ed apparecchiature portano avanti diligentemente le proprie operazioni di analisi, in altri ancora dei ricercatori controllano sui monitor i risultati di esperimenti in corso d’opera.

“Come detto, il filo conduttore delle ricerche qui è la creazione di tecnologie pulite”, ribadisce Stoyanova. “Al momento, ci stiamo concentrando su alcuni precisi filoni di studio. Uno estremamente importante è il miglioramento e la creazione di nuove tecnologie di catalizzazione, per rendere meno impattante l’uso e il consumo di carburanti e prodotti industriali sull’atmosfera e sull’ambiente in generale”.

Per raggiungere obiettivi concreti, ora gli scienziati di BAN hanno a disposizione nuovi e potenti strumenti, come un microscopio elettronico ad emissione di campo: un dispositivo, in questo caso prodotto in Italia, che permette un’analisi di profondità prima non raggiungibile, e che può essere utilizzato in campi di studio diversi, che vanno dall’analisi dei materiali elettronici agli studi di archeologia. Sono pochi i microscopi di questo tipo a disposizione degli scienziati: in Bulgaria è l’unico, e ce ne sono appena cinque installati in tutta Europa.

Passiamo in altri laboratori, come quello per le tecnologie catalitiche, dove si studiano non solo materiali, ma anche le sostanze organiche presenti nell’atmosfera, o quello per lo studio dei cristalli.

In quello per i metodi di lavoro c’è un esperimento in corso: a coordinarlo è Oleg Lagunov, ricercatore impegnato da circa dieci anni nello studio dei materiali catalitici. “L’obiettivo è individuare i materiali catalizzatori più promettenti, che una volta scoperti possono essere introdotti nei processi produttivi industriali”, spiega Lagunov, che si sofferma poi sugli effetti complessivi della realizzazione del “Centro nazionale” sulla qualità del suo lavoro.

“Il nuovo centro e i nuovi laboratori creano una situazione senz’altro migliore per la ricerca. Non solo per l’innegabile vantaggio di lavorare in una struttura nuova e di utilizzare apparecchiature all’avanguardia, ma anche perché vari laboratori si trovano ora nello stesso edificio, e questo rende molto più facile coordinare i propri sforzi con altri ricercatori”.

Batterie di nuova generazione

Arriviamo nel laboratorio di sintesi: qui si concentrano gli sforzi di uno degli obiettivi scientifici più ambiziosi oggi perseguiti dal centro, lo studio e la produzione di batterie di nuova generazione, in grado di sostituire quelle attualmente in uso. Una sfida che vede protagonista proprio la professoressa Stoyanova, specialista del settore.

“La tecnologia più promettente sembra essere quella degli accumulatori a ione sodio, che potrebbero in un prossimo futuro prendere il posto di quelle, più costose e instabili, a ione litio”, spiega la scienziata.

Al momento, in realtà, c’è una vera e propria corsa allo sviluppo di batterie agli ioni di sodio. Il sodio è un materiale infinitamente più abbondante del litio, che soprattutto per l’Europa è un materiale raro, difficile da ottenere e costoso. Le batterie di nuova generazione agli ioni di sodio hanno poi potenzialmente un ulteriore vantaggio, non indifferente: al posto della grafite, utilizzano infatti carbone attivo, che può essere ricavato da materiali di scarto con duplice vantaggio, prezzi più bassi e possibilità di inserire materiali riciclati nel processo produttivo.

“È difficile dire tra quanto le nuove batterie saranno perfezionate e messe in commercio: la scommessa è arrivarci entro pochi anni. La gara è in corso, e chi arriverà prima godrà di sicuro di enormi vantaggi”, dice convinta Stoyanova.

Il progetto ha avuto importanti ripercussioni sulle possibilità di ricerca e impiego dei ricercatori bulgari: per il 2023, il centro ha infatti visto l’occupazione di 175 scienziati, impegnati in vari campi di ricerca, un risultato che ha superato quelle che erano le cifre previste inizialmente dal progetto.

Di questi, una parte sono giovani, un elemento importante nello sforzo di mantenere in Bulgaria importanti risorse intellettuali. “È difficile dare cifre precise, ma al momento circa 250 ricercatori hanno accesso ai nuovi laboratori”, spiega Vladimirova.

Connessione col mondo produttivo

Durante la prima fase, iniziata nel 2018 e terminata nel 2023, gli sforzi si sono concentrati sulla realizzazione materiale dei nuovi centri e delle nuove infrastrutture. Non poche le sfide affrontate fin dall’inizio del progetto: le attività sono state segnate dalla lunga parentesi della pandemia Covid, che ne ha rallentato significativamente i progressi e ha reso difficile la mobilità dei ricercatori. Anche il rinnovamento delle strutture è stato rallentato dai meccanismi non sempre funzionali di appalti pubblici

“Nella seconda fase, cominciata da poco, l’obiettivo è quello di dare sostenibilità anche finanziaria al centro, creando collaborazioni durature e stabili con il mondo produttivo, mettendo a disposizione innovazione in cambio di risorse finanziarie”, elabora Vladimirova. Naturalmente, aggiunge poi, “è vista con grande interesse anche una possibile cooperazione con le istituzioni: molte delle ricerche effettuate non hanno solo potenzialità economiche e produttive, ma anche di miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini bulgari”.

Creare un rapporto solido col mondo produttivo non è però facile. I ricercatori e i laboratori dell’Università tecnica, tradizionalmente concentrati su ricerche più legate ad obiettivi pratici immediati, hanno al momento le maggiori potenzialità . Per quelli concentrati nell’Accademia delle Scienze, e orientati alla ricerca scientifica “pura”, questo processo è meno immediato e semplice.

“Per aumentare le nostre capacità di creare legami con l’esterno, l’idea è stata quella di associare i vari partner in un’ONG che figura come diciottesimo partner di progetto ma ha il ruolo di coordinamento”, spiega Vladimirova. “La nuova realtà ha il compito di fare da volano alle attività del centro e sviluppare una strategia di marketing in grado di rendere visibili e appetibili all’esterno le attività qui realizzate”.

Alcuni risultati sono già arrivati: ci sono contatti attivi col mondo dell’impresa, ad esempio con un’azienda bulgara che produce cementi, ma anche con una ditta americana. “Siamo però solo all’inizio, e il lavoro da fare è ancora tanto”, ammette Vladimirova.

Le premesse per un potenziale successo però ci sono tutte. “La nuova cornice di infrastrutture ed apparecchiature del centro ha posto le basi per la realizzazione di almeno seicento pubblicazioni scientifiche”, spiega nuovamente orgogliosa la professoressa Stoyanova. “Di queste, ben 125 hanno trovato spazio nel cosiddetto gruppo ‘Q1’, che include le migliori riviste scientifiche di settore e vanta il maggior numero di citazioni”.

 

Questo materiale è pubblicato nel contesto del progetto "Energy4Future" cofinanziato dall’Unione europea (Ue). L’Ue non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto. La responsabilità sui contenuti è unicamente di OBC Transeuropa. Vai alla pagina "Energy4Future"


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