Le discriminazioni contro la minoranza turca in Bulgaria durante il cosiddetto "processo di rinascita" negli anni '80. Il caso della professoressa Süleymanoğlu, docente di filologia costretta a cambiare nome e lavoro. Un interessante contributo al nostro dossier: Il lungo '89
La professoressa Hayriye Süleymanoğlu Yenisoy fa parte della comunità turca in Bulgaria. Si laurea in filologia bulgara e turca nell'Università "Sv. Kliment Ohridski" di Sofia, dove in seguito insegna per molti anni. Quando il regime comunista bulgaro dà il via al cosiddetto "processo di rinascita" (con il cambio forzato dei nomi di turchi e pomacchi) la Syleimanoglu subisce gravi discriminazioni.
L'11 agosto 1983 la Darzhavna Sigurnost (i servizi segreti di regime) irrompe nella sua abitazione e la perquisisce, confiscando libri e testi scientifici, tra cui il manoscritto del vocabolario "turco-bulgaro" compilato dalla studiosa. Tutte le copie del suo vocabolario "bulgaro-turco", pubblicato nel 1981, vengono poi ritirate dalle librerie, e una commissione speciale viene formata per disporre la loro distruzione.
Accademici come la professoressa Lyudmila Stefanova e il professor Aleksandar Nichev si organizzano a loro volta per tentare di salvare l'opera. L'allora rettore Ilcho Dimitrov emette però una circolare di condanna, e il dizionario viene riposto sotto chiave nei sotterranei dell'università, e lì tenuto per 13 anni come testo particolarmente pericoloso.
Nel periodo 1984-85 comincia la fase più dura del "processo di rinascita". Per il potere la Süleymanoğlu è un personaggio scomodo: viene licenziata dall'università e costretta a lavorare come donna delle pulizie in una fabbrica.
Con l'apertura delle frontiere, nel 1989, la Süleymanoğlu è una delle decine di migliaia di turchi che lasciano la Bulgaria e si trasferiscono in Turchia. Qui la studiosa corona una brillante carriera accademica, ed è una delle fondatrici della cattedra di filologia bulgara nell'Università di Ankara.
Conversiamo con la Süleymanoğlu (nota in Bulgaria col nome Hayrie Memova Syuleimanova) nella città turca di Bursa, a margine di una conferenza organizzata dall'organizzazione dei turchi provenienti dai Balcani "BAL-GÖÇ".
Professoressa Süleymanoğlu, durante il regime comunista in Bulgaria, quando ha sentito per la prima volta l'espressione "scorrerà sangue turco"?
Nel 1985 in teoria continuavo ad essere ufficialmente dipendente dell'Università di Sofia, ma nei fatti venni trasferita in una fabbrica di elettromotrici, dove dovevo guadagnarmi il pane come donna delle pulizie, tra l'altro ad orario ridotto. Nella fabbrica eravamo 47 donne delle pulizie; naturalmente io ero l'unica insegnante universitaria, ma anche l'unica turca. Responsabile del nostro gruppo era "zio" Dimitar, pensionato, ex pompiere. Una mattina "zio" Dimitar, scosso, mi raccontò che un suo vicino, di professione generale, gli aveva confidato che stava per partire per Kardzhali (regione a forte presenza turca) per una importante missione di carattere militare. "Scorrerà sangue turco", avrebbe detto il generale in questione. Capii che le cose si mettevano al brutto, e purtroppo le mie previsioni si avverarono in pieno.
Cosa ricorda del giorno in cui cambiarono il suo nome musulmano in un nome bulgaro?
Mi vennero a prendere nella fabbrica, dove erano arrivati sia il segretario locale del Partito Comunista e che quello del "Komsomol" (organizzazione giovanile del partito). Volevano cambiarmi il nome seduta stante. Il segretario del "Komsomol" ebbe però un atto di comprensione, e mi concesse di vedermi prima con la mia famiglia, quella sera stessa, per poter discutere con loro della questione. Il giorno dopo cambiarono tutti i nostri nomi. La funzionaria mi disse che mi aveva scelto un bel nome, Hristina. "Visto che ormai diventerete cristiani, vi diamo i nomi più belli, così avrete anche un bell'onomastico", disse. Tutta la famiglia visse questo momento in modo molto drammatico.
Come riuscì a tirarsi fuori dalla fabbrica di elettromotrici?
Si era sparsa ormai la voce che una professoressa universitaria lavorava come donna delle pulizie. Il noto professore Aleksandar Fol venne così a conoscenza del mio caso, e si indignò. Riuscii quindi ad incontrarlo, e a raccontargli della mia situazione. Nel 1985 venni assunta all'Istituto di Studi Bulgari presso l'Accademia delle Scienze, dove sono rimasta per cinque anni.
Durante quegli anni, ha subito pressioni per assecondare la propaganda legata al "processo di rinascita" e al cambio forzato dei nomi?
Già la prima settimana venne a parlarmi un collega, dicendo che parlava a nome del Comitato centrale del Partito Comunista. Mi disse che Boris Avramov, il dirigente che si occupava della questione dei "bulgari rinati" mi ordinava di scrivere un articolo nel quale dovevo raccontare di aver cambiato volontariamente il mio nome. Andai immediatamente dall'allora direttore dell'Accademia per rassegnare le dimissioni. Gli spiegai di essere un'insegnante, non un servo di partito, e che non volevo scrivere articoli di carattere politico. Lui mi consigliò di calmarmi, mi disse che le cose si sarebbero chiarite. Rimasi così al lavoro.
Negli anni 1988-89 i musulmani bulgari (turchi e pomacchi) organizzarono azioni contro il cambio forzato dei nomi. Come reagirono allora gli intellettuali bulgari al "processo di rinascita" e alla conseguente emigrazione di massa verso la Turchia, nota come "grande gita"?
Fino al 1988 da parte degli intellettuali c'è stato un silenzio assordante. In seguito le cose iniziarono lentamente a muoversi, e gradualmente gli intellettuali cominciarono a farsi sentire: Zhelyu Zhelev, la storica Antonina Zhelyaskova, il poeta Radoy Ralin, la scrittrice Blaga Dimitrova. Allora noi musulmani di Bulgaria capimmo di non essere soli. Allora, nel 1989, la Turchia supportava la minoranza turca di Bulgaria, ma era necessaria una forza interna perché il regime venisse rovesciato. Per la prima volta intellettuali bulgari si ribellavano alla Darzhavna Sigurnost e all'onnipresente Partito comunista. Zhelyu Zhelev ci ospitò nella sua casa, e insieme scrivemmo una petizione contro le repressioni.
Il 10 novembre 1989 il regime di Todor Zhivkov cadde, e nel 1990 lo stesso Zhelev divenne presidente della Bulgaria. Nella nuova cornice venutasi a delineare, riuscì a recuperare i dizionari che le erano stati sequestrati negli anni '80?
Il dizionario "bulgaro-turco" tornò nelle librerie grazie all'aiuto dei miei amici intellettuali, gli stessi che ci protessero durante le repressioni attuate dai comunisti nel 1989. Il dottor Zhelev, in qualità di presidente, intraprese varie iniziative affinché venissero aperti i sotterranei dell'università. Purtroppo però non riuscii mai a tornare in possesso del manoscritto del dizionario "turco-bulgaro". Suppongo si trovi ancora negli archivi segreti della Darzhavna Sigurnost. Ma non mi sono data per vinta, ho semplicemente riscritto l'intera opera da capo. Nel 2007 il dizionario è stato pubblicato dal ministero dell'Istruzione turco e verrà spedito come omaggio alla Bulgaria.
Durante il processo di democratizzazione in Bulgaria, lei ha partecipato alle discussioni sulla possibilità che le minoranze potessero studiare nella propria lingua madre. So però che il suo manuale di lingua turca non è mai stato pubblicato né adottato in Bulgaria...
In quel periodo venne presa la decisione di permettere alle minoranze di studiare nella propria lingua. Quando iniziammo ad organizzare le classi in lingua turca, presentammo il progetto al ministero dell'Istruzione di Sofia per l'approvazione. I testi scolastici preparati vennero stampati, fotocopiati e distribuiti in alcune scuole. Quando cominciai a lavorare nell'Università di Ankara, ampliai il contenuto di quei testi, che ricevettero l'approvazione per la stampa. Venne così alla luce il primo manuale in turco per le scuole elementari. Fino al 2000 abbiamo preparato anche dei testi per le ultime classi dell'obbligo. Nel frattempo, però, sono arrivati volti nuovi nell'amministrazione bulgara. E' per me un enorme dispiacere che dal 2001 ad oggi i manuali in turco non sono stati ammessi nella scuola bulgara. I testi si trovano a Edirne, in un sottoscala. Ho chiesto anche la collaborazione del DPS (partito dei turchi in Bulgaria), ma nessuno è riuscito a smuovere le acque.
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