Il Mausoleo di Dimitrov nel 1968 - Wikipedia

Il Mausoleo di Dimitrov nel 1968 - Wikipedia

Venticinque anni fa a Sofia veniva distrutto il mausoleo di Georgi Dimitrov. A questo evento la storica bulgara Maria Todorova ha dedicato un saggio intitolato “Far saltare in aria il passato”

04/10/2024 -  Božidar Stanišić

Tra tutti i testi che conosco sul confronto con il passato nei paesi ex comunisti dopo la caduta del Muro, mi soffermo sul saggio Far saltare in aria il passato di Maria Todorova. Docente di storia all’Università dell’Illinois a Champaign, Todorova è nota ai lettori italiani come autrice di uno dei libri più seri ed eversivi sui Balcani [1].

Far saltare in aria il passato. Il mausoleo di Georgi Dimitrov come lieu de mémoire è uno dei sei saggi sui Balcani e sull’est Europa raccolti nell’omonimo volume di Maria Todorova. Come sottolinea l’autrice stessa nella prefazione, l’edizione serba – pubblicata nel 2010 dalla casa editrice Biblioteka XX vek di Belgrado (p. 234, traduzione dall’inglese: Slobodanka Glišić) – è “frutto dell’impegno di tre persone: editore, traduttrice e autrice”.

Dicendosi onorata della rinnovata collaborazione con la prestigiosa Biblioteka XX vek, "anche se siamo già entrati nel XXI secolo", Todorova ha ringraziato Ivan Čolović, editore e intellettuale che – vale la pena ricordarlo – con la sua casa editrice da ormai oltre mezzo secolo resiste alla decadenza culturale e all’egemonia del discorso politico in Serbia, nella regione post-jugoslava e nel resto d’Europa.

Vi risparmio la fatica di cercare, né il libro né il saggio di cui sopra sono mai stati tradotti in italiano (mi astengo dal polemizzare sugli editori ai quali avevo proposto di pubblicare suddette opere di Todorova, non penso nemmeno di citare i loro nomi, uno più illustre dell’altro.)

Maria Todorova ha risposto prontamente e con gentilezza alla mia richiesta di informazioni bibliografiche accurate, spiegando che il suo saggio sul mausoleo di Georgi Dimitrov è stato incluso nel volume Scaling the Balkans: Essays on Eastern European Entanglements, col titolo Blowing up the Past: the Mausolum of Georgi Dimitrov as Lieu de Mémoire (Leiden, Boston: Brill, 2019).

Il saggio è stato tradotto anche in bulgaro. L’edizione serba contiene una versione leggermente riveduta del testo, originariamente pubblicato nel 2006 . In quest’opera Todorova ha ulteriormente elaborato e approfondito le sue riflessioni sugli argomenti affrontati nel libro Immaginando i Balcani.

Far saltare in aria il passato è un’analisi complessa, in cui l’autrice, intrecciando ricordi e osservazioni personali, dialoga con filosofi, sociologi e storici che si sono occupati dei luoghi di memoria e, più in generale, del concetto di memoria. Tra questi un posto speciale è riservato a Pierre Nora, noto storico francese, al quale dobbiamo l’espressione “lieu de mémoire” [2].

Nel saggio di Todorova, oltre ai fatti legati a Dimitrov e al suo mausoleo che – come spiega l’autrice – ci servono “per fare un’analisi ed esprimere un giudizio di valore”, a rivestire particolare importanza è proprio il concetto di luogo di memoria. Perché, secondo Nora, “non siamo più alla ricerca delle origini, bensì cerchiamo di comprendere chi siamo in base a ciò che eravamo”.

Consapevole del potere del meccanismo di cancellazione del passato, Todorova, nel suo saggio, sottolinea quanto sia importante tenere a mente anche le voci enciclopediche, generalmente accettate, dedicate a Dimitrov. Secondo l’Enciclopedia Britannica, citata da Todorova, Dimitrov è ricordato soprattutto per la sua difesa dall’accusa, rivoltagli dai nazisti, di coinvolgimento nell’incendio del Reihstag del 1933, ma anche come leader comunista e il primo presidente della Bulgaria del secondo dopoguerra.

Todorova evidenzia l’importanza della figura di Dimitrov non solo nella memoria collettiva in Bulgaria e in Germania, ma anche nella “percezione generale del comunismo e del fascismo”. L’autrice sottolinea che il mausoleo di Dimitrov era un’espressione innegabile del culto della personalità ispirato a Stalin.

Seguendo il filo delle argomentazioni pro e contro la distruzione del mausoleo che negli anni Novanta spesso si trasformavano in polemiche senza fine – polemiche simili a quelle a cui si assisteva nell’intera est Europa (compresa la Jugoslavia) – Todorova intreccia le sue osservazioni analitiche sul vuoto con i frammenti di memorie intime.

L’autrice non ricorda infatti di aver mai visitato il mausoleo con la sua famiglia. L’unica testimonianza che le è rimasta è una fotografia che mostra i suoi genitori e suo zio Dimitris, comunista irriducibile e avvocato, che negli anni Cinquanta aveva difeso i comunisti greci da accuse che venivano loro mosse dal regime autoritario di allora.

Fu solo nel 1994 che Todorova scattò la sua prima foto del mausoleo per immortalare un graffito contro l’allora presidente bulgaro Želju Želev: “Tutte le rane sono verdi, solo le nostre sono rosse”.

Todorova ha dedicato un capitolo del suo saggio alla sorte della salma di Georgi Dimitrov. Nel 1990, dopo la chiusura del mausoleo, il corpo imbalsamato di Dimitrov, per volere della sua famiglia, fu cremato e i resti furono deposti nel cimitero di Sofia. Qui Todorova entra in polemica con Berthold Unfried, antropologo e storico austriaco, autore di un saggio sul destino dei monumenti staliniani nell’est Europa “con particolare enfasi sulla Repubblica Ceca e sulla Bulgaria”.

La storica bulgara critica Unfried per aver svolto un lavoro sciatto, o meglio per aver basato la sua ricerca su modelli prestabiliti, ignorando i testi sullo stesso argomento precedentemente pubblicati in Bulgaria. La reazione di Todorova – osservata in un contesto più ampio in cui si evita di criticare i cosiddetti stranieri che scrivono di argomenti già affrontati dagli “autoctoni” – è una vera rarità nell’universo balcanico.

Pur cercando di proporre una risposta analitica, Todorova costruisce il suo saggio sull’idea di apertura (nei confronti di tutti i protagonisti reali e analisti di un evento effettivamente accaduto, e quindi anche nei confronti dei lettori). Il frutto della sua analisi è un vero e proprio saggio narrativo sulla demolizione del mausoleo di Georgi Dimitrov inteso come “uno strano luogo della memoria distrutta che conserva la memoria della distruzione”.

“Se non fosse stato fatto saltare in aria – scrive Todorova – sarebbe ancora un milieu de mémoire perché l’epoca in cui era stato costruito appartiene alla memoria viva di diverse generazioni”.

Parafrasando Derrida, Todorova vede la distruzione dei monumenti [3] come “la presenza dell’assenza” e, implicitamente, come espressione di un peculiare rifiuto collettivo di fare i conti con il passato. Questo rifiuto, neanche a dirlo, è parte integrante della revisione della memoria che caratterizza il processo di occidentalizzazione dell’ex est europeo. Per chi volesse conoscere le innegabili conseguenze di questo processo, consiglio i film del regista bulgaro Stefan Komandarev. Tutti, dal primo all’ultimo. Il cinema di Komandarev, in un modo tutto suo, ci fa capire che le disuguaglianze distruggono la società, fino all’osso.

Qui sorge spontanea una domanda scomoda: tutti noi, provenienti dei paesi ex comunisti, siamo diventati persone – quindi esseri dotati di memoria – migliori dopo il crollo del comunismo?

Concludo questo articolo su un caso emblematico di distruzione della memoria proponendovi un’interessante intervista con Tania Vladova che contiene numerose informazioni sul mausoleo costruito nel 1949 in soli sei giorni. Per distruggerlo invece ce ne sono voluti sette.

Ora lascio la parola a Maria Todorova.

Frammenti tratti dal saggio Far saltare in aria il passato

Il terzo luogo in cui mi incontravo con gli amici era il mausoleo di Georgi Dimitrov. Non lo frequentavo spesso perché non abitavo nelle vicinanze, però per me era comunque un punto di riferimento nel centro della città. Nell'estate del 1999 il mausoleo fu fatto saltare in aria e oggi in quel luogo c’è uno spazio vuoto che viene occasionalmente utilizzato come giardino, palcoscenico estivo per spettacoli d’opera o area destinata alle bancarelle durante il Beerfest (versione locale del festival della birra Oktoberfest, si svolge a Sofia senza una data fissa). La piazza situata tra il mausoleo e il vecchio palazzo reale (oggi ospita la Biblioteca nazionale), che un tempo si chiamava Piazza IX settembre in ricordo del colpo di stato del 1944, oggi porta il nome che merita, Piazza Battenberg, in onore del primo principe di Bulgaria dopo il 1878, il tedesco Alexander Battenberg. Non vi è alcun artefatto materiale nel luogo in cui sorgeva il mausoleo, né alcun segno che rammenti ai passanti la sua lunga presenza. Curiosamente, però, il mausoleo ancora esiste e la battuta “Incontriamoci nel/davanti/dietro al Mausoleo” non necessita di spiegazioni: anche le giovani generazioni conoscono questo luogo spettrale. È come se il mausoleo fosse ancora lì – non più come un monumento storico, bensì come un punto di riferimento quotidiano.

Durante la costruzione del mausoleo la salma di Dimitrov fu riportata in treno da Mosca a Sofia e imbalsamata nel palazzo di Vrana, anch’esso un vero e proprio milieu e lieu de mémoire. Nel periodo tra le due guerre fu la residenza degli zar, poi ospitò una delle sedi del governo comunista, e oggi è la residenza dell’ex primo ministro della Bulgaria Simeone di Sassonia-Coburgo-Gotha. L’imbalsamazione fu eseguita da un gruppo di esperti sovietici e fu la seconda di questo tipo nel XX secolo (dopo quella di Lenin).

Negli anni Novanta si discuteva molto del significato e del futuro del mausoleo. L’edificio venne trascurato e, insieme al Monumento all’esercito sovietico, divenne il principale bersaglio di chi scriveva graffiti contro il comunismo e contro il governo. Alla fine degli anni Novanta funse da quinta scenica per spettacoli d’opera all’aperto, in particolare per l'Aida di Verdi. […] Poi, del tutto inaspettatamente e senza alcun dibattito pubblico, in piena estate, quando gli abitanti di Sofia erano in vacanza e il parlamento e la maggior parte delle istituzioni statali erano chiusi, i giornali pubblicarono un’ordinanza del ministero dello Sviluppo regionale e della Pianificazione del territorio firmata dal ministro (che all’epoca ricopriva anche la carica di vice premier) Evgeny Bakardzhiev.

[…] la vicenda salì alla ribalta della cronaca solo il giorno dell’esplosione, avvenuta nel primo pomeriggio di sabato 21 agosto, c’erano 35-40°C e la maggior parte degli abitanti rimasti in città durante l’estate era andata in campagna o in case di villeggiatura. Il primo ministro Ivan Kostov interruppe le vacanze e, con il presidente del parlamento Jordan Sokolov e alcuni ministri, assistette all’esplosione dal balcone dell’attiguo edificio dell’Archivio nazionale. Alle 14.35 precise una forte esplosione sollevò una nube di polvere. Quando la nube si dissipò, emerse che “il mausoleo, come la Torre di Pisa, pur essendosi un po’ inclinato verso l’albergo Bulgaria, era ancora in piedi”. Seguì una seconda esplosione, alle 16.50, ma l’edificio rimase intatto. Alcuni giornali persino riportarono la notizia che l’edificio si sarebbe raddrizzato. I giornalisti non resistettero alla tentazione di sfruttare il lato comico della vicenda. Uno dei giornalisti suggerì al vice premier Bakardzhiev di chiedere aiuto alla NATO. […] Alla fine si decise di demolire l’edificio manualmente, con piccole esplosioni. L’intervento si concluse nei giorni successivi e nel tardo pomeriggio del 27 agosto dalla piazza furono rimossi gli ultimi resti dell’edificio. La demolizione durò sette giorni, quindi più della costruzione. Per la prima volta dopo cinquant’anni, dall’ex palazzo reale di fronte al mausoleo si apriva una vista indisturbata.

Il mausoleo rimarrà impresso come un’immagine nella memoria collettiva e individuale della generazione che lo ha visto. Essendo uno dei principali simboli di quell’epoca, probabilmente resterà anche nella memoria orale della generazione successiva. Del resto, come osserva Umberto Eco, “il linguaggio – come tutti i sistemi semiotici – ha la capacità di rendere presente ciò che è assente”.

 

[1] Immaginando i Balcani, Argo edizioni, Lecce, 2002, 2014; p. 384; traduzione dal inglese: Fernando Cezzi

[2] Les lieux de mémoire, Paris, Gallimard, 1984-1992. In quest’opera Nora individua una serie di “luoghi” – reali e simbolici, monumentali e naturalistici – a cui appartengono anche artefatti testuali, come libri scolastici e archivi.

[3] Il Memento Park a Budapest è un’eccezione in questa follia della distruzione dei monumenti dell’epoca comunista. Inaugurato nel 1993, ospita quarantadue monumenti rimossi dai loro siti originari, dalle statue di Marx, Engels e Lenin a quelle dedicate a personalità che hanno lasciato una traccia nella storia del comunismo in Ungheria.


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