I leader greco-cipriota e turco-cipriota hanno ribadito l'impegno a risolvere la divisione dell’isola entro l’anno, ma le previsioni di un accordo entro marzo e un nuovo referendum a luglio sembrano poco realistiche
Giovedì scorso il presidente cipriota Nikos Anastasiadis e quello turco-cipriota Mustafa Akıncı sono intervenuti al World Economic Forum di Davos, in presenza di Ban Ki-moon, Segretario generale delle Nazioni Unite. Nel corso del panel “Reuniting Cyprus” i due leader hanno confermato la propria determinazione e fiducia nella possibilità di raggiungere un compromesso entro il 2016, sottolineando come una Cipro riunificata possa divenire un modello di risoluzione dei conflitti e cooperazione in un’area del mondo e, soprattutto, in una congiuntura politico-economica globale che sembra aver bisogno di simili esempi.
La riunificazione rappresenta tuttavia un obiettivo complesso, non solo per l’impegno negoziale tra le due parti, ma per gli investimenti materiali che richiederà. I due presidenti hanno quindi colto l’opportunità offerta dal forum di Davos per dichiararsi fiduciosi nel sostegno della comunità internazionale. Al ritorno nell’isola e facendo seguito agli incontri preparatori di giovedì, il Consigliere speciale ONU su Cipro, Espen Barth Eide, ha affermato che il sostegno internazionale per una soluzione non è stato mai così forte.
Importanti investitori stranieri sarebbero interessati all’isola, pertanto – ha lasciato intendere Eide – offrire loro l’immagine d’una Cipro riunificata sarebbe fondamentale per attrarre investimenti pubblici e privati. Se la missione congiunta dei due presidenti a Davos potrà dare i frutti sperati, non mancano gli elementi che invitano alla cautela gli osservatori più ottimisti.
I costi della riunificazione
Nel meeting di venerdì 29 gennaio i due presidenti hanno concordato la procedura con cui si svolgeranno i negoziati nei prossimi mesi, ma non hanno discusso alcuna questione sostanziale. Vi sono almeno tre elementi da valutare in relazione alla prossimità, o meno, di una soluzione. Innanzitutto, quali soggetti sosterranno le spese di riunificazione; in secondo luogo, quale cornice politica assumerà un eventuale nuovo stato cipriota; infine, ciò che i cittadini greco e turco-ciprioti pensano e dicono, al di là dell’andamento dei negoziati.
Il costo della riunificazione comprende vari elementi, fra cui le spese per la compensazione dei proprietari di terreni e abitazioni da un lato o dall’altro della Linea Verde. Come ribadito negli anni, i possibili criteri per gestire il problema delle proprietà sono tre: restituzione, scambio e compensazione.
Date le realtà dell’isola e la natura bi-zonale e bi-comunitaria dell’eventuale nuovo stato cipriota, il criterio maggiormente applicato sarà il terzo, ma saranno necessarie risorse notevoli: 30 miliardi di euro, secondo alcune stime. I vantaggi per l’economia greco e turco-cipriota derivanti dalla riunificazione dell’isola sono stati sottolineati in vari studi [fra cui quelli condotti dal PRIO Cyprus Centre], ma non sarà semplice convincere i due elettorati della desiderabilità di un gravoso impegno collettivo in nome di un futuro condiviso, scenario su cui molti ancora nutrono timori e incertezze.
D’altra parte, è per lo meno altrettanto arduo immaginare che i paesi membri dell’UE, nella fase di crisi che conosciamo, decidano di aumentare il prelievo fiscale comunitario per finanziare le spese di riunificazione cipriote.
Che forma istituzionale per Cipro riunificata?
Il secondo elemento – forse un ostacolo meno evidente di quello economico, ma finora ugualmente difficile da superare – è politico: che forma avrà e come funzionerà il nuovo stato federale cipriota?
Una nota divergenza fra le due parti riguarda l’estensione del potere del governo centrale rispetto agli stati costituenti, che renderebbe la repubblica federale simile ad uno stato unitario, con limitate autonomie (opzione preferita dai greco-ciprioti), o una confederazione, con elevate autonomie e un debole governo centrale (opzione preferita dai turco-ciprioti).
Accanto a questa classica contrapposizione, più recentemente è emerso il problema della continuità, o meno, del nuovo stato con l’attuale Repubblica di Cipro. Se dal punto di vista greco-cipriota la federazione bi-zonale e bi-comuniaria dovrebbe essere un’evoluzione dell’attuale repubblica, la controparte turco-cipriota l’ ha sempre inteso in discontinuità, una realtà nuova e fondata da due stati di pari sovranità e autonomia.
Il problema della cornice politica non è solo formale; ha implicazioni dirette sul modo in cui il potere sarà gestito e, sul piano identitario e simbolico, riflette differenti prospettive sul passato dell’isola: i modi in cui periodi o eventi traumatici sono stati elaborati collettivamente e, di conseguenza, in cui un futuro condiviso viene immaginato dalle due comunità.
Il peso dell'opinione pubblica
Oltre alle questioni economiche e politiche sul tavolo negoziale, vi è un terzo elemento, probabilmente sottovalutato al tempo del Piano Annan e sempre decisivo per il successo della riunificazione: le opinioni, le impressioni e gli stati d’animo diffusi fra i cittadini a sud e a nord della Linea Verde.
Il lietmotiv delle dichiarazioni d’intenti e dei riconoscimenti reciproci di buona volontà va avanti da anni, senza che i passi successivi – l’effettivo compromesso sui punti fondamentali e la ratifica popolare – si materializzino. Le ragioni sono numerose e una delle principali sembra essere lo scarto fra i negoziati, pur scanditi da segnali positivi e ben auguranti, e la sintonia popolare rispetto ad essi.
Alla vigilia del referendum del 2004 emerse in modo allarmante uno scarto fra il concetto di federazione bi-zonale e bi-comunitaria – ribadito dalle due delegazioni cipriote come base del compromesso dalla fine degli anni ’70 – e le aspettative di molti greco-ciprioti, per decenni mai adeguatamente informati dai loro rappresentanti sul significato pratico di questa particolare formula federale.
Qualcosa di simile potrebbe accadere nuovamente, se nei prossimi mesi all’eventuale successo dei negoziati non si accompagneranno serie campagne d’informazione da una parte e dall’altra della Linea Verde. Un termometro della realtà dell’isola è un sondaggio pubblicato all’inizio del mese, realizzato dall’Università di Nicosia e IMR per il quotidiano Simerini, secondo cui il 65% dei greco-ciprioti ha dichiarato di non credere che vi sarà una soluzione nel 2016. Tale scetticismo sembra echeggiare il senso di letargia percepibile nella comunità turco-cipriota.
Un diverso esempio di scarto fra negoziati e realtà è accaduto la scorsa settimana, quando i cittadini turco-ciprioti hanno appreso dalla stampa locale che il presidente Anastasiadis avrebbe intenzione d’avviare le procedure per richiedere che il turco diventi una lingua ufficiale dell’Unione europea.
Ammesso che la notizia diffusa si concretizzi nei prossimi mesi, come osservato da alcuni addetti ai lavori, sarebbe probabilmente più semplice ed efficace rendere il turco una lingua effettivamente visibile e utilizzata negli spazi pubblici della Repubblica di Cipro, come previsto dalla costituzione. L’impegno a garantire il godimento effettivo di un diritto sancito formalmente avrebbe sul processo di riconciliazione un impatto maggiore dell’avvio di un percorso burocratico dall’esito incerto.
2016, anno della svolta?
Ci sono state altre fasi, negli ultimi dieci anni, in cui le due comunità cipriote sono state guidate da leader animati da buone intenzioni e capaci di rendere le dichiarazioni d’intenti di prassi più credibili mediante un passato politico segnato dall’impegno per la riconciliazione – come nella fase negoziale gestita dai presidenti Christofias e Talat.
Tuttavia, se il recente passato ha insegnato qualcosa, è che l’ottimismo senza riserve non è la strategia più sensata per raggiungere un accordo fra greco e turco-ciprioti. Le previsioni che collocano la chiusura dei negoziati a marzo e ipotizzano un nuovo referendum a luglio 2016 appaiono poco realistiche. Più verosimilmente il processo negoziale continuerà dopo le elezioni parlamentari nella Repubblica di Cipro, in programma il 22 maggio.
Nel meeting di Davos il presidente Akıncı ha affermato che lui e il presidente Anastasiadis appartengono all’ultima generazione, quella dei nati negli anni ’40 del secolo scorso, che ricorda una Cipro unita – sarebbe quindi affidata a loro l’ultima chance per riunificare l’isola. L’augurio è che quelle parole imprimano alle coscienze di molti ciprioti la spinta necessaria per raggiungere tale traguardo.
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