Il 15 maggio, dopo sette mesi di stallo, i presidenti Nikos Anastasiadis e Mustafa Akıncı, neo-eletto presidente turco-cipriota, hanno riavviato i negoziati sulla questione cipriota. Incoraggianti i segnali d’apertura reciproca
Dopo sette mesi di congelamento, nelle ultime due settimane è ripartito il dialogo fra i leader greco e turco-cipriota, in preparazione di un nuovo processo negoziale. La fase precedente si è arrestata lo scorso ottobre, a causa di controversie legate alle riserve d’idrocarburi scoperte nelle acque territoriali cipriote. Gli attriti tra la Repubblica di Cipro (RC), da un lato, e la Repubblica Turca di Cipro Nord (RTCN) e la Turchia, dall’altro, sono sorti in merito alla gestione delle operazioni di esplorazione e successivamente di gestione d’eventuali riserve di gas e petrolio.
Le autorità greco-cipriote hanno rivendicato il diritto di condurre entrambe, con la conseguente ripartizione dei profitti tra le due comunità. I possibili giacimenti sarebbero collocati, secondo la Repubblica di Cipro, nella propria Zona economica esclusiva; in secondo luogo, la RC è l’unica entità politica legittima dell’isola agli occhi della comunità internazionale. In antitesi a tale prospettiva, le autorità turco-cipriote e turche hanno giudicato illegittima la realizzazione di attività esplorative ed estrattive senza un precedente accordo fra le parti, e hanno quindi avviato operazioni autonome.
L’arrivo e la permanenza della nave turca da ricerca sismica Barbaros Hayreddin nelle acque territoriali cipriote sono stati interpretati dalla Repubblica di Cipro come un abuso e una deliberata provocazione, cui la RC ha risposto con l’abbandono del tavolo negoziale da parte del presidente Anastasiadis.
Tuttavia, già prima dell’arresto nel mese di ottobre, l’ultimo processo negoziale non si era distinto per dinamismo e produttività. Nel mese di luglio il mancato accordo per l’avanzamento dei negoziati ha prodotto attriti fra le parti e il presidente Anastasiadis è sembrato poco incline a considerare ancora validi gli accordi stipulati dai loro predecessori, Christofias e Talat, già approvati dalle Nazioni Unite.
Nei mesi successivi alla crisi di ottobre, invece, l’ormai ex-presidente Derviş Eroğlu ha definito la rivendicata violazione delle acque territoriali come nient’altro che una scusa greco-cipriota per abbandonare i negoziati, aggiungendo che tre anni prima condizioni analoghe – le esplorazioni condotte da una nave turca in acque cipriote – non avevano determinato una simile reazione.
In termini generali, sull’andamento dei negoziati hanno pesato, da un lato, la nota intransigenza dell’ex-presidente turco-cipriota e dall’altro, le difficoltà incontrate dal presidente Anastasiadis nel tentativo di conciliare le aspettative della comunità internazionale con le richieste e le critiche dal fronte interno. La fase negoziale, terminata prima delle elezioni presidenziali turco-cipriote, fin dal principio non è stata illuminata da buoni auspici; il suo sviluppo non ha smentito le prime impressioni degli osservatori interni e internazionali.
Mustafa Akıncı, nuovo presidente turco-cipriota
Sebbene sia ancora prematuro cogliere una svolta nell’avvio della nuova fase diplomatica, che fa seguito al voto turco-cipriota del 19 e 26 aprile, le condizioni per una discontinuità col recente passato sembrano sul tavolo. L’esito delle elezioni presidenziali turco-cipriote costituisce il fattore principale per una possibile svolta.
Tutta la carriera politica del neo-presidente Mustafa Akıncı– membro del TDP, partito di orientamento socialdemocratico – è stata caratterizzata dall’impegno per il riavvicinamento e la riconciliazione fra greco e turco-ciprioti.
Sindaco della parte nord di Nicosia, fra il 1976 e il 1990, il suo nome è da allora associato, insieme a quello dell’omologo Lellos Demetriades, alla realizzazione del piano regolatore generale (il Master Plan) e del sistema fognario integrato che, dopo anni di conflitto e divisione, hanno permesso la concreta cooperazione tra la comunità greco e turco-cipriota di Nicosia. In qualità di vice-primo ministro, Akıncı prese nettamente posizione contro le diverse forme di influenza e l’atteggiamento paternalistico che la Turchia esercitava verso Cipro Nord.
In più occasioni Akıncı ha chiarito di non ritenere accettabile la rappresentazione nazionalistica di Cipro Nord come “patria bambina” (Yavruvatan) nei confronti della “madrepatria” (Anavatan) turca. Emblematica della sua indisponibilità all’acquiescenza fu, nel 2000, la polemica con l’allora capo delle forze armate turche di stanza nell’isola. Il vice-primo ministro Akıncı riteneva opportuno emendare la costituzione turco-cipriota in modo da porre le forze di polizia sotto l’autorità del ministero dell’Interno, piuttosto che del capo delle forze armate turche, un generale nominato dal governo di Ankara. In risposta, Akıncı fu pubblicamente accusato dal generale di alto tradimento.
Fedele a questo percorso, il neo-presidente ha ribadito il mese scorso che la sua visione del rapporto tra la comunità turco-cipriota e la Turchia non corrisponde alla riconoscente dipendenza implicita nell’immagine “madre-bambina”, ma a un’idea di relazione tra “sorelle”, con Cipro Nord finalmente matura e capace di contare sulle proprie forze.
I punti da chiarire e la possibile svolta nei negoziati
La fase negoziale arenatasi nella crisi dello scorso ottobre ha avuto inizio con una Dichiarazione congiunta (febbraio 2014), un documento di una sola pagina accettato con riluttanza da ambo le parti, attraverso la mediazione diplomatica statunitense e turca. Gli esperti hanno individuato almeno tre problemi nella Dichiarazione congiunta quale base per la prosecuzione dei negoziati.
Innanzitutto, non prevede scadenze o almeno un’informale scansione dei tempi; in secondo luogo, non è chiaro se le convergenze emerse fino allo scorso ottobre siano i punti di partenza della nuova fase. Infine, il formato, il metodo e la frequenza dei negoziati non sono definiti con precisione. Senza correggere preliminarmente questi punti di debolezza, quindi, è difficile immaginare che il nuovo processo negoziale possa essere più efficace del precedente.
Per quanto riguarda invece i segnali incoraggianti della nuova fase negoziale, il primo elemento può essere colto nella doppia sospensione, da parte della Turchia e della Repubblica di Cipro, delle esplorazioni in acque territoriali cipriote. Il secondo segnale si è materializzato proprio nel giorno della ripresa dei negoziati, con la decisione di sospendere il controllo dei documenti dei residenti nell’isola presso i check-point che permettono l’attraversamento della Linea Verde – una scelta evidentemente ispirata dalla volontà di facilitare i contatti tra le due comunità. Un terzo e altrettanto significativo gesto di reciproca apertura è arrivato sabato scorso, quando osservati e acclamati da numerosi cittadini, i due leader hanno passeggiato nel centro di Nicosia, da un lato e dall’altro della Linea Verde, e brindato doverosamente con un bicchiere di zivania, un distillato cipriota.
Le fazioni oltranziste in entrambe le comunità hanno prevedibilmente tentato di sminuire questa iniziativa, ma si è innegabilmente trattato di un evento senza precedenti. Mai prima di sabato scorso un leader greco e turco-cipriota hanno passeggiato insieme per le vie della capitale; mai prima di sabato un presidente della Repubblica di Cipro ha camminato nella parte nord di Nicosia, ufficialmente considerata sotto occupazione militare turca.
I cittadini ciprioti che hanno accompagnato e mostrato il proprio sostegno ai due leader sono certamente consapevoli che una passeggiata non può risolvere la questione cipriota; tuttavia, in essa ha trovato espressione l’ottimismo che sta caratterizzando la ripresa dei negoziati. L’impressione che va diffondendosi è che, dopo decenni di rituali e vuote dichiarazioni d’intenti, i leader greco e turco-cipriota siano intenzionati a lavorare insieme, non più l’uno contro l’altro.
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