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Per volontà della Corte costituzionale la Croazia deve adottare una nuova legge sull'aborto entro febbraio 2019. Il punto sullo stato dei lavori di una legge che attira parecchia attenzione a livello regionale

07/03/2018 -  Zvonimir Šarić

(Originariamente pubblicato da H-Alter , il 26 febbraio 2018)

Da quando, nel febbraio del 2017, la Corte costituzionale, presieduta da Miroslav Šeparović, si è pronunciata in merito alla legge sull’aborto, l’opinione pubblica dell’intera regione segue con molta attenzione l’evolversi della situazione relativa ai diritti riproduttivi delle donne in Croazia. Un’attenzione tanto più comprensibile se si considera che la Croazia sta attraversando una vera rivoluzione conservatrice, i cui esponenti hanno ormai invaso tutti i segmenti del sistema politico-sociale, cominciando a introdurvi modifiche conformi ai dettami della Chiesa cattolica.

Il 21 febbraio 2017 la Corte costituzionale della Repubblica di Croazia ha emesso un’ordinanza con cui ha respinto la richiesta di attivazione del giudizio di legittimità costituzionale della legge sull’aborto, presentata nel 1991 da Ružica Čavar, in veste di presidentessa del Movimento croato per la vita e la famiglia. A favore di questa decisione hanno votato dodici giudici costituzionali, mentre l’unico a votare contro è stato il giudice Miroslav Šumanović, sostenendo, come ha scritto nella sua opinione dissenziente, che “la vita deve essere protetta fin dal momento del concepimento”.

In parole povere, l’aborto rimane legale, ma la normativa attuale (la Legge sulle misure mediche volte a garantire l’esercizio del diritto alla libera scelta rispetto alla procreazione del 1978) deve essere modificata. La Corte costituzionale ha infatti ordinato al Parlamento croato di adottare una nuova legge sull’aborto entro un termine di due anni. Al legislatore è stato chiesto di inserire nella nuova normativa misure educative e preventive finalizzate a rendere l’interruzione della gravidanza un’eccezione, piuttosto che una regola. La nuova legge dovrebbe disciplinare anche la questione, particolarmente problematica, dell’obiezione di coscienza dei medici, nonché garantire alle donne l’accesso alle informazioni su metodi contraccettivi, sesso sicuro, gravidanza e funzionamento dell’asilo nido.

Benché la Corte costituzionale abbia sancito che non può essere emanata una legge che vieta l’interruzione volontaria di gravidanza, ha tuttavia lasciato al legislatore un ampio margine di discrezionalità, pertanto non è escluso che l’accesso all’aborto possa essere ristretto.

A un anno di distanza dalla decisione della Corte costituzionale, ci siamo chiesti cosa sta facendo il governo di Andrej Plenković, e in particolare il ministero della Salute, a proposito della nuova legge sull’aborto, che deve essere elaborata e approvata entro febbraio dell’anno prossimo. Abbiamo inoltre chiesto ad alcune note attiviste e politiche croate come vedono la situazione attuale e il futuro dei diritti riproduttivi delle donne in Croazia, nonché in che modo intendono contribuire alla lotta per una legge moderna sull’interruzione volontaria di gravidanza.

Dal ministero della Salute abbiamo ricevuto la seguente risposta: “Con ordinanza del 21 febbraio 2017, la Corte costituzionale della Repubblica di Croazia ha ordinato al parlamento croato di adottare, entro un termine di due anni, una nuova legge in materia di diritto all’interruzione di gravidanza. Lo scopo della legge è quello di predisporre misure educative e preventive idonee a rendere l’interruzione di gravidanza un’eccezione. In virtù di quanto sopra, sono stati avviati i lavori preparatori per l’ingaggio di esperti medici, legali e di bioetica, nonché per l’elaborazione di un’analisi comparativa delle dottrine e prassi giuridiche dei diversi stati membri dell’Unione europea, con lo scopo di modernizzare l’attuale normativa croata in materia di aborto”.

Biljana Borzan, medico e parlamentare europea eletta tra le fila del Partito socialdemocratico (SDP): bisogna vietare l’obiezione di coscienza selettiva

"Non mi stupirei se il governo, sotto la pressione dell’ala conservatrice dell’HDZ e di varie associazioni di orientamento conservatore, proponesse un disegno di legge che, pur non sopprimendo il diritto all’aborto, ostacola il suo esercizio in maniera tale da renderlo quasi impossibile. Sono favorevole a una legge che regoli anche la questione dell’educazione sessuale nelle scuole, nonché l’esercizio del diritto all’obiezione di coscienza [da parte dei medici], che sta diventando un problema in alcuni stati membri dell’Ue. Ho sempre invitato i miei colleghi medici che intendono specializzarsi in ginecologia a riflettere bene, nel caso siano contrari all’aborto, se quella sia davvero la strada giusta per loro.

Bisogna vietare l’obiezione di coscienza selettiva. Ogni ospedale deve garantire la presenza di un numero minimo di medici disposti a praticare l’interruzione di gravidanza. Inoltre, è necessario garantire che un medico che si dichiara obiettore di coscienza non discrimini la paziente, spiegandole in modo chiaro tutte le opzioni che ha di fronte. Il gruppo parlamentare dell’SDP presenterà una propria proposta di legge, prendendo in considerazione le indicazioni suggerite dalla Corte costituzionale. La maggioranza dei deputati del Parlamento europeo, compresi i membri della Commissione per l’uguaglianza di genere, è favorevole al diritto all’aborto. Li informo regolarmente sulla situazione in Croazia perché temo, visto come stanno andando le cose, che potrebbe essere proposta una legge ancora più restrittiva di quella attuale, e allora l’Unione europea dovrà reagire urgentemente e fare pressione su Zagabria".

Nataša Bijelić, collaboratrice del Centro per l’educazione, la consulenza e la ricerca (CESI) di Zagabria: un iter legislativo poco trasparente

"Non ci sono informazioni pubblicamente disponibili sull’andamento dell’iter legislativo per l’approvazione della nuova legge sull’aborto, e ci si chiede se sarà rispettato il termine stabilito dalla Corte costituzionale per l’emanazione della nuova normativa. L’esito dipenderà, in larga misura, dai rapporti tra le forze politiche in campo e da un eventuale negoziato politico, ma si può supporre – tenendo presente l’attuale clima sociale contrassegnato da costanti attacchi ai diritti sessuali e riproduttivi provenienti da ambienti clericali e ultraconservatori – che si cercherà di limitare e ostacolare l’accesso all’aborto (ad esempio tramite l’imposizione di una consulenza obbligatoria e di un periodo di riflessione prima dell’intervento).

Per quanto riguarda la questione dell’obiezione di coscienza, non sono molto ottimista riguardo alla possibilità che la nuova legge la regoli in modo soddisfacente, ovvero in maniera tale da impedire che il ricorso all’obiezione di coscienza da parte dei medici si ripercuota sull’accesso ai servizi sanitari e sulla loro qualità. CESI senz’altro prenderà parte al dibattito pubblico sulla nuova legge. Ad oggi però non siamo stati contattati dal ministero della Salute, né siamo al corrente se quest’ultimo abbia già costituito, o se intenda costituire, un gruppo di lavoro per la stesura del testo normativo".

Svjetlana Knežević, attivista dell’associazione B.a.B.e: le limitazioni all’aborto spingeranno le donne a praticarlo illegalmente

"È legittimo temere che la nuova legge sull’aborto sarà molto più rigida di quella attuale. La Corte costituzionale ha lasciato al legislatore la possibilità di rendere complicata la procedura di consulenza obbligatoria alla quale le donne sarebbero tenute a sottoporsi prima di poter accedere all’intervento, ovvero ha lasciato un ampio margine di discrezionalità nella scelta di soggetti che fornirebbero tale consulenza.

Inoltre, tenendo presente che in Croazia, così come in molti altri paesi, vanno sempre più diffondendosi prassi conservatrici volte a ostacolare l’accesso all’aborto, è probabile che venga proposto anche un “periodo di riflessione“ obbligatorio. Si tratta di imporre alle donne che hanno già deciso di interrompere la gravidanza l’obbligo di far trascorrere una pausa di riflessione prima di procedere all’intervento. In questo modo viene ridotto il periodo in cui è possibile interrompere legalmente la gravidanza.

Un’altra questione problematica è quella dell’obiezione di coscienza dei medici. In Croazia non si è ancora provveduto a una raccolta sistematica di dati sul numero di medici che, per varie convinzioni, si rifiutano di eseguire certi interventi, né tanto meno esiste alcuna norma specifica che regoli l’esercizio dell’obiezione di coscienza, ragione per cui i medici spesso abusano di questo diritto, ostacolando in tal modo l’accesso delle donne a un’adeguata assistenza sanitaria.

Nonostante la Corte costituzionale abbia invitato il legislatore a disciplinare la questione dell’obiezione di coscienza sull’aborto, non è escluso che il legislatore ometta di prevedere l’obbligo per gli ospedali pubblici di assicurare il servizio di interruzione volontaria di gravidanza. Bisogna inoltre ricordare che le spese dell’intervento, un’altra questione mai trattata dalla giurisprudenza, gravano interamente sulla paziente. Se a tutto ciò aggiungiamo il fatto che i contraccettivi sono piuttosto costosi e a volte persino inaccessibili (si pensi al caso della farmacista che si è rifiutata di vendere la pillola del giorno dopo), arriviamo alla conclusione che i diritti riproduttivi delle donne in Croazia sono già piuttosto ristretti e che in questo campo ci sono ancora molte aree grigie e mal definite, o non definite affatto.

È importante sottolineare che oggi in Croazia l’aborto su richiesta della donna è legale, ma spesso risulta difficilmente praticabile per varie ragioni: dal costo dell’intervento che varia da ospedale a ospedale e la carenza di personale sanitario qualificato in aree remote, fino all’abuso del ricorso all’obiezione di coscienza da parte dei medici. Nel nostro paese le donne che scelgono di interrompere la gravidanza continuano ad essere stigmatizzate, etichettate e discriminate non solo nelle strutture sanitarie, ma anche da parte dell’ambiente sociale, poco sensibile alla questione della salute e dei diritti riproduttivi delle donne.

Al momento non disponiamo di alcuna informazione sull’andamento dell’iter del disegno della nuova legge sull’aborto. Non siamo ancora stati contattati dal ministero della Salute, ma in ogni caso parteciperemmo al dibattito pubblico, chiedendo che a ogni donna sia garantito l’accesso a un aborto legale e sicuro. Come sarà la proposta della nuova legge sull’interruzione volontaria di gravidanza dipende dal più ampio contesto politico e sociale. Gli ultimi anni sono stati contrassegnati da duri attacchi ai diritti riproduttivi e sessuali delle donne provenienti da ambienti clericali e conservatori (basti ricordare la cosiddetta “Marcia per la vita“, preghiere anti-abortiste davanti agli ospedali, l’apertura dei cosiddetti “centri per la vita“, ecc.). A prescindere da come sarà la nuova legge, le donne che desiderano interrompere la gravidanza continueranno a farlo. Se l’accesso all’aborto dovesse essere ristretto, le donne lo praticheranno illegalmente, in condizioni non sicure, e questo potrebbe comportare gravi conseguenze sulla loro vita e sulla loro salute".

Mirjana Kučer, coordinatrice della Rete delle donne della Croazia: le associazioni per la difesa dei diritti delle donne devono essere incluse nel processo di elaborazione della legge

"Già l’anno scorso, quando è stata resa nota la decisione della Corte costituzionale, abbiamo espresso preoccupazione per la possibilità che la libertà delle donne di disporre del proprio corpo possa essere limitata.

La contestata legge ha infatti disciplinato in modo abbastanza esaustivo la questione dell’aborto e i sostenitori della sua applicazione, ivi compresa la Rete delle donne della Croazia, ritengono che bisognerebbe soltanto adeguarla ai progressi della medicina, rendendo l’interruzione volontaria di gravidanza ancora più accessibile e sicura.

Nella motivazione della sua decisione, la Corte costituzionale ha sottolineato l’importanza di educare e informare le donne riguardo ai loro diritti e alla gravidanza. Il modo migliore per farlo è attraverso l’introduzione di un numero sufficiente di ore di educazione sessuale a partire dal terzo anno della scuola elementare. Ogni misura che segnerebbe un passo indietro sul fronte dei diritti delle donne è inaccettabile e speriamo che non si arrivi a questo.

Non sappiamo a che punto sia giunta l’elaborazione della proposta di riforma della legge sull’aborto, né se si sia già proceduto alla costituzione di un apposito gruppo di lavoro. Noi intanto stiamo preparando le nostre proposte e intendiamo partecipare attivamente al dibattito. La nomina delle rappresentanti delle associazioni per la difesa dei diritti delle donne, compreso il diritto alla salute sessuale e riproduttiva, nel gruppo di lavoro per la stesura della proposta della nuova legge è il minimo che ci aspettiamo dallo stato".

Preoccupazione

Alla luce di tutte queste considerazioni, possiamo concludere che in seno alla società civile e all’opposizione croata vi è una forte e giustificata preoccupazione riguardo alla possibilità che durante il mandato del governo guidato dall’HDZ, i cui disegni di legge vengono accolti con favore anche dai deputati eletti nelle fila di HRAST (Movimento per una Croazia di successo, di orientamento ultraconservatore), l’accesso all’aborto possa essere reso più difficile, e in alcuni casi addirittura impossibile.

Tuttavia, è incoraggiante il fatto che, di fronte a questa problematica, la società civile si presenta unita, pronta a contribuire attivamente, con forti argomenti, all’elaborazione di una legge migliore che non metterebbe a repentaglio i diritti riproduttivi delle donne.

Ora che è stato ufficialmente confermato che il ministero della Salute ha avviato i lavori preparatori per l’elaborazione della nuova legge sull’aborto, non resta che seguire attentamente l’andamento dell’intero iter legislativo e informarne l’opinione pubblica, le istituzioni e i soggetti politici interessati, allo scopo di contribuire all’adozione di una buona legge che sarebbe in linea con le moderne legislazioni europee in materia.

La Commissione FEMM del Parlamento europeo

Per preparare i lavori del PE, i deputati europei si suddividono in commissioni permanenti, ciascuna specializzata in determinati temi e settori. La composizione politica delle commissioni parlamentari rispecchia quella dell'Aula. Le commissioni elaborano, modificano e votano proposte legislative e relazioni d'iniziativa. Esaminano inoltre le proposte della Commissione e del Consiglio e, se del caso, redigono una relazione che sarà presentata in Aula. Attualmente vi sono 20 commissioni parlamentari: tra queste la commissione FEMM Diritti della donna e uguaglianza di genere . La commissione FEMM è stata molto attiva a sostegno del processo di adesione dell’UE alla Convenzione di Istanbul, trattato internazionale contro la violenza sulle donne, a cui le istituzioni europee stanno lavorando. Nel corso del 2017, FEMM ha infatti organizzato dei meeting inter-parlamentari tra parlamentari europei e deputati dei parlamenti nazionali per monitorare l’implementazione della Convenzione di Istanbul a livello nazionale in diversi paesi dell'Unione.

Questa pubblicazione/traduzione è stata prodotta nell'ambito del progetto Il parlamento dei diritti, cofinanziato dall'Unione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea.


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