Nicole Corritore 10 febbraio 2017

Condannato il responsabile delle minacce alla giornalista Ema Branica e rinviato a giudizio il sospettato delle minacce al presidente dell'Associazione dei giornalisti croati. Ma continuano gli attacchi alla libertà di stampa

Con una lettera inviata al ministro degli Esteri croato Davor Ivo Stier, la Rappresentante dell’Osce per la libertà dei media Dunja Mijatović lo scorso 25 gennaio ha espresso soddisfazione per i passi avanti fatti dalle autorità nelle indagini su due casi di minacce a danno di giornalisti in Croazia. Allo stesso tempo, ha auspicato che si indaghi subito sull'ultimo caso della giornalista della Tv di stato, Jagoda Bastalić, che due settimane fa ha denunciato alle autorità le pesanti minacce subite a seguito di un suo servizio dedicato alla presidente croata Kolinda Grabar Kitarović.

Il primo caso citato dalla Mijatović riguarda Ema Branica, giornalista di Nova TV. Il 28 settembre 2016, mentre per la trasmissione "Provjereno" stava intervistando Tito Gubić sul quale pendevano 120 denunce per reati quali furto, frode, falsificazione di documenti e circonvenzione di incapace, la giornalista veniva da lui pesantemente minacciata: “Finirai come (Ivo) Pukanić”. Ivo Pukanić, caporedattore e proprietario del settimanale Nacional, è stato ucciso il 23 ottobre 2008 in pieno centro a Zagabria da una bomba piazzata su una moto parcheggiata accanto alla sua auto. Con lui sono morti il responsabile marketing di Nacional, Niko Franjić e due tecnici della redazione, Ivica Horvat e Vedran Duhaček.

Ema Branica aveva subito presentato denuncia alle autorità competenti. Come riporta il quotidiano Dnevnik, il 9 gennaio, dopo un solo mese di dibattimento processuale è arrivata la condanna a 10 mesi di carcere a carico di Grubić. Le minacce rivolte alla giornalista sono state considerate anche minacce alla libertà di stampa e non solo alla singola persona.

Il secondo caso per cui si è felicitata la Rappresentante OSCE è stato l'avvio di un procedimento penale a carico di Ivan Goluban per “crimine di odio”. Ora quest'ultimo rischia da sei mesi a cinque anni di reclusione. Ivan Golub è in carcere dal novembre 2016 per rischio di inquinamento delle prove. L'accusa si riferisce a messaggi minatori inviati a Saša Leković, presidente dell'HND (Associazione dei giornalisti croati), già oggetto in passato di numerosi attacchi, non da ultimo un tentato omicidio avvenuto il 28 ottobre scorso.

In merito al caso citato riguardante Jagoda Bastalić della Televisione croata (HRT) è stato proprio Leković, a nome dell'HND, a denunciare le minacce subite dalla giornalista, chiedendo immediata e netta reazione delle autorità. La giornalista era stata attaccata dopo la sua trasmissione “Labirint” andata in onda il 16 gennaio dedicata ad un sospetto caso di conflitto di interesse riguardante la presidente della Repubblica Kolinda Grabar-Kitarović.

Come riporta Hratska Danas il 21 gennaio Jagoda Bastalić è stata minacciata e insultata su siti già noti per l'uso di linguaggio d'odio - come Hu-benedikt.hr, Maxportal.hr, Dnevno.hr, Krugovaldomovina.info, Kamenjar.com - nonché è stata oggetto di una lettera diffamatoria da parte di un sottotenente dell'esercito croato, Dubravko Jošić.

La giornalista ha dichiarato a Fairpress che, pur sconvolta, non si farà intimidire: “Ho preso tutte le misure necessarie, ho denunciato alla polizia quanto avvenuto e mi difenderò in tutti i modi possibili. Mi è stato fatto un danno enorme. Si tratta di una dura pressione su di me come su tutti i colleghi della redazione 'Labirint' e siamo sconvolti. E' difficile difendersi da cose del genere. Sono persone alle quali la verità non interessa e l'unico obiettivo è gettare discredito. Ma non mollo: ciò che non mi uccide, mi rende più forte. Nessuno può fermare la verità”.

A sostegno di Jagoda Bastalić e di tutti i giornalisti, operatori e collaboratori che in questi ultimi mesi sono stati oggetto di attacchi, si è pubblicamente espressa anche la testata per cui lavora, la televisione di stato HRT.

Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto