Il nuovo codice penale croato prevede il controverso reato di "umiliazione". Quest'ultimo rischia di limitare notevolmente la libertà d'espressione ed ha già fatto la sua prima vittima tra i giornalisti: Slavica Lukić, del quotidiano Jutarnji list

15/04/2014 -  Drago Hedl Osijek

Se un giornalista croato scrive che il preside della facoltà di Legge a Osijek, la quarta città della Croazia, è accusato dalla magistratura di aver ricevuto una tangente di 2.000 euro per promuovere alcuni studenti durante un esame, rischia di finire a sua volta in tribunale e di subire una condanna per "umiliazione".

Per il tribunale ha poca importanza se l'informazione è corretta, per la legge basta infatti che il suddetto preside affermi di essersi sentito umiliato dalla pubblicazione della notizia. In base all’articolo 148 del codice penale infatti, introdotto all’inizio dell’anno scorso, il giudice può condannare un giornalista (o altra persona che causa umiliazione ad altri), se ritiene che l’informazione pubblicata non è di pubblico interesse.

A rendere la storia ancora più assurda è il fatto che l'estensore materiale di questo nuovo reato è proprio il preside della facoltà di Legge di Osijek, contro il quale a breve inizierà il processo perché accusato di aver ricevuto tangenti!

La prima sentenza di condanna

La prima persona ad essere processata in base a questo controverso articolo del codice penale è stata la giornalista del quotidiano Jutarnji list , Slavica Lukić. Quest'ultima ha scritto - convinta dell’interesse pubblico della notizia - che l'azienda sanitaria privata Medikol, nonostante ingenti finanziamenti pubblici ricevuti, aveva problemi economici. Medikol si è sentita "umiliata" ed ha denunciato la giornalista. Il giudice l'ha poi condannata. La sentenza ha fatto scattare in piedi i giornalisti croati ed anche buona parte dell’opinione pubblica.

Persino alcuni ministri del governo croato hanno chiesto che il reato di "umiliazione" venga tolto dal codice penale perché, ed è opinione condivisa da molti, risulta persino peggio del cosiddetto "delitto verbale" di epoca comunista.

Slavica Lukić è stata condannata in primo grado ad una multa di 26 mila kune (circa 4.000 euro). Lo sviluppo degli eventi ha poi confermato in toto quello che la giornalista aveva scritto. Nonostante la Medikol abbia ricevuto negli anni dall’Istituto croato per l’assicurazione sanitaria 579 milioni di kune (oltre 76 milioni di euro), a seguito dell'emersione di un buco di 231 milioni di kune (circa 30 milioni di euro), si è trovata sull’orlo della bancarotta.

E' accaduto proprio quello che la giornalista aveva scritto e per cui è stata condannata in primo grado. La Medikol si è trovata sull’orlo della bancarotta, cioè è accaduto quanto aveva descritto la giornalista dello Jutarnji: che l’azienda stava affrontando difficoltà economiche. E questo nonostante il fatto che a questa azienda sanitaria privata siano stati dati più di 76 milioni di euro di soldi pubblici!

Il parere dei giornalisti

“Il regime della Corea del nord sarebbe entusiasta di questa legge”, ha affermato Hrvoje Zovko, presidente del Comitato dei giornalisti investigativi dell’Associazione dei giornalisti della Croazia, sottolineando che il nuovo reato, definito come "umiliazione", rappresenta “la morte del giornalismo”.

“Il senso di queste leggi penali è zittire i giornalisti e far fuori il giornalismo indipendente, d’inchiesta e critico”, ha aggiunto Zdenko Duka, presidente dell’Associazione dei giornalisti. Duka avverte che per "umiliazione" può essere condannato anche chi ha detto la verità, basta che il giudice valuti che quanto riportato non è di pubblico interesse.

Che il presidente dell’Associazione dei giornalisti abbia ragione lo testimonia anche la spiegazione della sentenza di primo grado a carico della Lukić. Il giudice di Zagabria Marko Benčić conclude infatti dicendo che “l’indagine della giornalista sulle attività e il lavoro della Medikol si basa su motivi ingiustificati e totalmente ignoti al tribunale”. Il giudice dunque ha ritenuto che non fosse di interesse pubblico il fatto che oltre 70 milioni di euro di imposte dei contribuenti siano stati spesi invano, perché la Medikol, nonostante l’enorme somma di soldi pubblici ricevuti, è ora sull’orlo della bancarotta.

La sentenza di condanna contro Slavica Lukić, giornalista dello Jutarnji list, è la prima da quando questo articolo del codice penale è entrato in vigore. E che per i giornalisti non si prospetti un futuro roseo è evidente anche dal fatto che ad oggi presso i tribunali croati sono in corso altri 42 processi nei quali si contesta lo stesso reato.

Reagiscono l’OSCE e il Consiglio croato per i media

“Con questa sentenza viene inviata una sorta di minaccia che potrebbe limitare la libera informazione e limitare l’informazione sulle questioni di pubblico interesse. Invito il governo croato a rimuovere dal codice penale questo reato e a depenalizzare del tutto la diffamazione”, ha scritto la rappresentante dell’OSCE, Dunja Mijatović, alla ministra degli Affari Esteri Vesna Pusić. Aggiungendo che nella legge croata le definizioni di offesa e umiliazione sono “indeterminate, soggette ad individuale interpretazione e quindi ad un’arbitraria applicazione”.

Anche il Consiglio croato per i media, a seguito della sentenza contro la giornalista dello Jutarnji list , ha espresso timori per la libertà di espressione. “Se anche altri giudici dovessero prendere la stessa posizione, si arriverà al completo annientamento della libertà dei media in Croazia. La pubblicazione della verità, con il rispetto dei principi deontologici, è il senso stesso del lavoro giornalistico, perciò non deve esistere la possibilità legale di punirli in modo infondato”, ribadisce l'organismo di autoregolazione dei giornalisti croati.

La posizione dei politici

Le dure reazioni dell’opinione pubblica, ma anche le pressioni dell’Unione europea, hanno spinto molti politici ad opporsi a questa legge, adottata nel periodo in cui governava l’Unione democratica croata (HDZ). Il ministro della Giustizia Orsat Miljenić, che ha ereditato il reato di "umiliazione" dal suo predecessore, il ministro dell’HDZ Dražen Bošnjaković, ha affermato che al ministero stanno seguendo attentamente l’applicazione di questa controversa legge.

“Non permetteremo che il codice penale venga utilizzato per limitare o rendere più faticoso il lavoro dei giornalisti, per ottenere lo scopo opposto rispetto a quello che si dovrebbe raggiungere. In tal caso lo modificheremo”, ha precisato Miljenić.

Vesna Pusić, la ministra degli Esteri, è stata fra i primi a chiedere di cancellare questo reato. “Quando accade uno scandalo del genere emergono in modo chiaro le cose illogiche e assurde che lo hanno causato. Dunque, assolutamente sì, questa legge va abrogata”.

Finché non verrà fatto, però, la spada della legge continuerà a pendere minacciosamente sopra le teste dei giornalisti croati.

 

Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell'Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Safety Net for European Journalists. A Transnational Support Network for Media Freedom in Italy and South-east Europe.


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