Zoran Milanović © Jure Divich/Shutterstock

Zoran Milanović © Jure Divich/Shutterstock

Una vittoria senza precedenti nella storia delle elezioni in Croazia. Ieri al ballottaggio il presidente Zoran Milanović è stato eletto per un nuovo mandato di cinque anni distanziando il suo rivale Primorac di quasi 50 punti percentuali, con un’affluenza di poco superiore al 44%

13/01/2025 -  Giovanni Vale Zagabria

“Questa vittoria è per me un grande riconoscimento, un atto di fiducia della gente nei miei confronti”. Con queste parole, il presidente croato Zoran Milanović ha ringraziato ieri sera gli elettori che gli hanno permesso una vittoria storica.

Il socialdemocratico, già Primo ministro nel 2011-2016, poi leader dell’opposizione e infine capo di Stato dal 2020, ha incassato quasi il triplo dei voti del suo sfidante, Dragan Primorac, ex ministro dell’Educazione e candidato dall’HDZ, il partito del premier conservatore Andrej Plenković. È finita 74% a 25% circa con un’affluenza del 44,18%.

Nel suo discorso da vincitore, il capo di stato ha teso la mano al governo, invitando i suoi rivali alla collaborazione. “Mi atterrò alla Costituzione e chiedo cooperazione”, ha detto Milanović, che ha comunque punzecchiato gli avversari: “Facciamo un grande applauso a tutti i membri e gli elettori dell’HDZ che hanno votato per me”, ha detto divertito.

Per tutta risposta, né lo sconfitto Primorac né lo stesso Primo ministro Plenković hanno fatto le congratulazioni a Milanović, confermando la profonda frattura che divide il mondo politico croato e quindi anche la presidenza e il governo.

Scontro ai vertici dello Stato

Quello di ieri è l’ultimo capitolo di uno scontro politico che dura da mesi (se non da anni) in Croazia. Da quando è stato eletto cinque anni fa, Milanović ha attaccato senza sosta il governo di Plenković, prendendosela spesso anche con la Nato e l’Unione europea e guadagnandosi per questo il soprannome di “Trump dei Balcani”.

In primavera, il capo di Stato ha addirittura deciso di guidare in prima persona la coalizione di centrosinistra alle elezioni legislative, senza tuttavia dare le dimissioni dalla sua carica. Dopo la sconfitta, è rimasto al suo posto come se niente fosse.

Il governo Plenković dal canto suo lo ha accusato a più riprese di essere al soldo della Russia e di voler trascinare la Croazia fuori dall’orbita euroatlantica. Ma la vittoria di Milanović ieri sera non porterà ad uno spostamento della Croazia sulla mappa geopolitica dell’Europa.

Il capo di Stato croato non ha infatti poteri esecutivi, anche se rimane una figura centrale nella giovane repubblica: oltre ad essere garante della costituzione e a rappresentare il paese all’estero, è anche il comandante in capo delle forze armate a cui spetta la nomina, in accordo con il Primo ministro, del direttore dell’agenzia di intelligence croata (un punto su cui Milanović e Plenković si sono scontrati negli ultimi anni).

Insomma, Zagabria rimane proeuropea e atlantista, ma il suo governo dovrà fare i conti, per altri cinque anni, con le incessanti spallate di un capo di Stato decisamente sopra le righe.

Ha vinto l’uomo di Mosca?

L’accusa che viene fatta a Milanović di essere al soldo della Russia merita un approfondimento. In un articolo pubblicato dopo il ballottaggio, Politico scrive che in Croazia ha vinto “il candidato pro-Cremlino”. Alla vigilia del secondo turno, lo stesso sito di informazione aveva pubblicato un rapporto del Centre for Information Resilience, un’organizzazione internazionale con sede a Londra, secondo cui una rete di account fittizi filo-russi avrebbe sostenuto il presidente Zoran Milanović durante la sua campagna.

In Croazia il rapporto ha scatenato un acceso dibattito. Il governo del premier Plenković, che già in passato aveva accusato Milanović di essere un agente russo, ha cavalcato la notizia, ricordando anche il precedente della Romania, dove le elezioni presidenziali sono state annullate proprio a causa di presunte interferenze russe.

Ma una parte della stampa croata ha invece accusato il rapporto di inconsistenza. Non solo si trattava di un testo non firmato, ma è emerso anche che alcuni degli account indicati come fittizi, sarebbero in realtà di proprietà di veri sostenitori di Zoran Milanović.

Insomma, se è vero che Milanović si è opposto più volte all’invio di armi in Ucraina e, come detto, non ha risparmiato critiche a Nato e UE, è vero anche che l’agenzia di intelligence croata ha detto di non avere prove di un legame diretto tra Mosca e il presidente croato.

In quest’occasione, l’accusa di filo-putinismo è insomma sembrata più un tentativo dell’HDZ di preparare il terreno in vista di una prevedibile sconfitta.

Le reazioni internazionali

Diversi politici della regione si sono affrettati a fare le congratulazioni a Milanović per la sua vittoria, in particolare nella vicina Bosnia Erzegovina.

Amico del capo di Stato croato, con il quale si è incontrato più volte, Milorad Dodik, il presidente della Repubblica Srpska, si è detto “sicuro che il presidente della Croazia Milanović, con la sua ricca esperienza e conoscenza politica, continuerà anche in futuro a prendere decisioni nell’interesse della pace, della stabilità e dell’ulteriore prosperità della Croazia, ma che queste decisioni avranno anche riflessi positivi sulle relazioni con la Bosnia Erzegovina”.

Dalla Bosnia sono arrivate anche le congratulazioni dei membri della presidenza tripartita, la serba Željka Cvijanović e il bosgnacco Denis Bećirović. Nessuna reazione è invece giunta finora da Željko Komšić, il membro croato della presidenza, che in passato si è scontrato apertamente con Milanović (e con tutto l’establishment croato).

Zagabria è infatti critica dell’attuale legge elettorale bosniaca, in base alla quale il membro croato della presidenza è eletto anche con i voti dell’elettorato bosgnacco. Per questo Milanović (in linea con l’HDZ) non considera Komšić il vero rappresentante della comunità croata in Bosnia Erzegovina.

Altri messaggi di congratulazioni sono arrivati dal presidente albanese Bajram Begaj e, dall’Italia, dalla senatrice Tatjana Rojc, capogruppo del Pd nella commissione Politiche europee. "La Croazia è un elemento fondamentale per la stabilità dei Balcani e un tassello importante nell'ambito della Nato, soprattutto dopo l'aggressione russa all’Ucraina”, ha detto Rojc in una nota.

Le reazioni in Croazia

Nella giovane repubblica intanto gli occhi sono puntati sull’HDZ e su Andrej Plenković che hanno incassato una sconfitta cocente anche se prevista. Il distacco con cui Milanović ha battuto il candidato conservatore Primorac è il più grande mai registrato nella storia delle elezioni presidenziali della Croazia indipendente.

Intervenendo ieri sera, in un paio di brevi dichiarazioni stizzite, il premier Plenković ha detto: “Questa non è una mia sconfitta” e ha dato la colpa della debacle alla stampa che avrebbe attaccato eccessivamente Primorac durante la campagna elettorale. Oggi è prevista una riunione ai vertici dell’HDZ e la dirigenza del partito dovrà comunque fare i conti con un risultato decisamente al di sotto delle aspettative.

“Questo è l'inizio della fine per Andrej Plenković”, ha detto ieri sera il leader del partito socialdemocratico Sinisa Hajdaš Dončić. Ma gli analisti sono scettici sul fatto che la vittoria di Milanović possa facilmente trasferirsi all’SDP in vista delle elezioni amministrative che si terranno questa primavera.

Secondo il politologo Branko Caratan , “la tesi secondo cui Milanović sarebbe il capo dell'opposizione è completamente sbagliata” e se è vero che “l'SDP e l'opposizione hanno guadagnato slancio”, “le prossime elezioni saranno influenzate da altri fattori, come ad esempio quello economico”.

La schiacciante vittoria di Milanović sarebbe anche in gran parte dovuta al candidato scelto dall’HDZ. “Primorac era un pessimo candidato”, ha riassunto il sociologo Dragan Bagić , secondo cui “questa è una sconfitta del mito secondo cui l'HDZ ha una grandissima base di [elettori] fedeli”. Insomma, anche gli elettori dell’HDZ non vanno mai dati per scontati.


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