Croazia ( jaime.silva / Flickr)

La Commissione europea dichiara che per la Croazia non ci sarà alcun "6 politico", analogo a quello assegnato a Bulgaria e Romania, entrate nella Ue pur non avendo adempiuto del tutto agli standard comunitari. Zagabria dovrà risolvere tutti i dossier ancora aperti per diventare il 28° membro dell'Unione

09/04/2010 -  Alvise Armellini

 

Il neo-commissario Ue all’Allargamento, Štefan Füle, l’ha spiegato chiaramente: i meccanismi di sorveglianza che hanno coperto come una foglia di fico le lacune di Bulgaria e Romania nel campo della giustizia e della lotta alla corruzione non verranno invocati nel caso della Croazia.

“Siamo così concentrati sulla qualità dei negoziati di adesione che qualsiasi congettura su un possibile meccanismo di monitoraggio è assolutamente fuori luogo”, ha dichiarato l’ex diplomatico ceco al sito specializzato Euractiv.

E infatti ad ogni occasione di incontro con le autorità di Zagabria, i responsabili dell’esecutivo Ue battono il tasto sulla quantità di lavoro che rimane da fare prima che il club dei Ventisette possa allargarsi alla Croazia.

Il 5 marzo, in occasione del debutto a Bruxelles del nuovo presidente croato Ivo Josipović, il numero uno della Commissione Ue, José Manuel Barroso, ha individuato quattro “sfide chiave” ancora da risolvere.

Ovvero la riforma del sistema giudiziario e della pubblica amministrazione, il rispetto dei diritti delle minoranze e la piena cooperazione con il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia (Tpi), che nell’ambito del processo all’ex generale Ante Gotovina, reclama pieno accesso agli archivi militari croati. “Ci aspettiamo una serie convincente di risultati concreti,” ha indicato il portoghese.

Dei trentatré dossier in cui sono suddivisi i negoziati di adesione Ue-Croazia, diciassette sono stati già chiusi, mentre i negoziati sono in corso su altri tredici. Sui restanti tre "capitoli", invece, i colloqui devono ancora partire.

L’obiettivo è di concludere l’intero pacchetto entro il 2010, in modo che nel 2011 ci si possa concentrare sulla firma e sulla ratifica del trattato di adesione croato da parte dei parlamenti nazionali degli attuali 27 Stati membri Ue. Se la tabella di marcia verrà rispettata, la Croazia diventerebbe il 28esimo nel 2012.

Una delle questioni più delicate da affrontare nel corso dei prossimi mesi riguarda la cantieristica navale, un settore dell’industria croata che dà lavoro a migliaia di persone ma che negli ultimi vent’anni si è tenuto a galla soltanto grazie agli aiuti del governo.

Le regole antitrust di Bruxelles impongono lo stop ai sussidi e un processo di ristrutturazione, che potrebbero portare alla perdita di molti posti di lavoro. Ma dopo anni di tentennamenti, le autorità di Zagabria sembrano essersi convinte che non ci sono alternative alla dura medicina richiesta da Bruxelles, malgrado il rischio di un’ulteriore erosione del consenso popolare per l’adesione Ue, sposata da appena il 26% della popolazione secondo l’edizione 2009 del Gallup Balkan Monitor.

Così a febbraio sono stati indetti nuovi bandi per la privatizzazione dei sei cantieri croati, e il ministro dell’Economia Ðuro Popijač ha promesso a Bruxelles che “tutte le opzioni saranno sul tavolo, incluso una procedura di bancarotta”, per quelli che non troveranno compratori.

Un’assicurazione che è sembrata sufficiente agli Stati membri Ue, visto che il 30 marzo il capo negoziatore croato con l’Ue, Vladimir Drobnjak, ha dichiarato di essere stato invitato dalla Commissione europea a iniziare i negoziati sul capitolo della concorrenza, bloccato fino a poche settimane fa dalla questione cantieristica.

Gli altri due dossier ancora da discutere toccano la giustizia e i diritti fondamentali e la politica estera e di sicurezza. Nel primo caso, l’Olanda ha rimosso recentemente il proprio veto all’apertura dei colloqui, dichiarandosi soddisfatta dal rinnovato impegno di Zagabria a cooperare con il Tpi sul caso Gotovina.

Ma ha dichiarato di essere pronta a mettersi di nuovo di traverso nel caso in cui il procuratore capo dell’Aia, Serge Brammertz, si dichiarasse insoddisfatto nel suo prossimo rapporto al Consiglio di sicurezza dell’Onu, a giugno.

L’altro capitolo, invece, resta bloccato dalla Slovenia, con cui la Croazia ha solo recentemente trovato il modo per affrontare una spinosa controversia territoriale. Ma secondo molti osservatori quello di Lubiana è solo un veto tattico per tenere sulle spine il vicino, che verrebbe a cadere una volta risolte tutte le altre questioni del processo negoziale Ue-Croazia.

Del resto, se la Slovenia volesse davvero provare a tenere duro, se la dovrebbe vedere con quei Paesi che considerano la ratifica del trattato di adesione croato lo strumento ideale per modificare i Trattati Ue a loro vantaggio, senza riaprire l’intero processo di riforme istituzionali che ha tenuto paralizzata l’Unione per dieci anni.

E’ così che dopo la crisi della Grecia la Germania ipotizza di cambiare le regole dell’eurozona per irrigidire le sanzioni contro i Paesi indisciplinati. Ed è così che il leader conservatore d’Oltremanica David Cameron sogna, una volta vinte le elezioni del 6 maggio, di ottenere le clausole che esenterebbero la Gran Bretagna dal rispetto delle norme di legislazione sociale dell’Ue.

Questo tipo di considerazioni politiche potrebbero, alla fine, spingere i governi Ue a promuovere la Croazia anche senza la sufficienza piena. Ma se sconto sarà, sarà poca roba rispetto all’indulgenza che gli esaminatori Ue hanno dimostrato nei confronti di Sofia e Bucarest, ancora alle prese con pagelle problematiche a più di tre anni dalla promozione nel club europeo.


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