Un paio di calzature MIRET

Un paio di calzature MIRET

Il padre già produceva scarpe. Ma è con i figli Domagoj e Hrvoje che è arrivata la svolta. Verde e sostenibile

25/03/2022 -  Giovanni Vale

Domagoj Boljar è ottimista. Seduto su una poltrona colorata e con un tablet davanti agli occhi, quest’imprenditore di 38 anni cerca di spiegarmi con dei disegni in che modo ha dovuto cambiare la struttura giuridica della sua impresa per accogliere nuovi capitali. Nel giro di un paio d’anni, MIRET , il marchio di calzature ecologiche che ha fondato assieme al fratello Hrvoje, è passato da essere solo un sogno nel cassetto a diventare un’azienda con quasi dieci dipendenti. "La legislazione croata, e più in generale europea, non facilita la crescita delle start-up. Nei paesi di common law è più semplice accogliere i nuovi investitori all’interno del capitale sociale. Qui la procedura è un po’ più lunga", spiega Domagoj mentre muove freneticamente la penna digitale sullo schermo. Poi sorride, alza lo sguardo ed esclama: "Non bisogna però perdersi d’animo!".

Scarpe di canapa

Originario di Duga Resa, a 60 km a sud-ovest di Zagabria, Domagoj Boljar è cresciuto in una famiglia di imprenditori. Nel 1995, il padre Josip ha fondato l’impresa di calzature «Mr. Joseph», che nel tempo ha ottenuto una certa notorietà in Croazia. In quella ditta, sia Domagoj che Hrvoje hanno mosso i primi passi nel mondo del lavoro, una volta finiti gli studi rispettivamente in economia e in design industriale. "Avevamo un progetto tutto nostro nell’azienda famigliare: ci occupavamo di produrre scarpe da ginnastica di lusso per vari brand europei", ricorda Domagoj, "ma col passare del tempo ci siamo resi conto del lato oscuro del settore, ovvero del suo impatto ambientale. Non se ne parla spesso ma le scarpe sono fatte con prodotti sintetici, plastiche, materiali che inquinano e che – anche nel caso del cuoio – sono molto spesso impregnati di agenti tossici. 24 milioni di paia di scarpe sono prodotte ogni anno".

Domagoj Boljar, fondatore assieme al fratello Hrvoje di MIRET - Giovanni Vale

Domagoj Boljar, co-founder of MIRET - Giovanni Vale

Da quella constatazione è nata la volontà di fare le cose diversamente, ovvero produrre delle scarpe usando solo fibre naturali e provocando il minimo impatto ambientale possibile. Oggi, le sneakers di MIRET sono "le scarpe più ecologiche al mondo", realizzate quasi interamente con fibre di canapa, sughero, mais, iuta, eucalipto o ancora dell’albero della gomma. Per diversi anni, però, il progetto dei fratelli Boljar è rimasto dormiente, a prima vista troppo complicato per essere realizzato sul serio. Il brand, registrato ufficialmente nel 2015, si è attivato solo nel 2018, quando la crisi dell’azienda di famiglia ha imposto a Domagoj e Hrvoje un cambiamento radicale. "È stata una catastrofe, un vero e proprio cigno nero, un evento inaspettato: da un giorno all’altro il nostro business praticamente non esisteva più. Allora, ci siamo decisi a provarci per davvero col nostro progetto da sogno", riprende Domagoj.

Ecco che il momento in cui «Mr. Joseph» entra in crisi – oggi è in bancarotta – diventa paradossalmente propizio al lancio di MIRET. Rispetto a qualche anno prima, nel 2018 "la società è più attenta all’ambiente e a come sono fabbricati i prodotti che usiamo", nota Domagoj Boljar. Insomma, "era il momento giusto per provarci", chiosa l’imprenditore. Gli chiedo com’è andata quella prima fase iniziale, se ci sono state difficoltà nel trasformare l’idea in impresa e se la burocrazia croata non l’abbia a volte scoraggiato. Domagoj scuote la testa. "So di solito che i miei compatrioti si lamentano, ma io penso che sia sempre stato difficile fare impresa. Anzi, direi che se c’è un momento in cui essere imprenditore è più facile di sempre, beh, è adesso", assicura il mio interlocutore con convinzione.

Fare business in Croazia

"Da quando la Croazia è entrata nell’Unione europea nel 2013, i cambiamenti sono stati tanti e significativi. Non c’è più la dogana per gli altri paesi Ue, non è più necessario ottenere dei certificati particolari per partecipare alle fiere, e poi ci sono molte, molte più fonti di finanziamento, senza parlare delle opportunità di viaggio o di studio", aggiunge il fondatore di MIRET.

Nel 2019, la start-up di Duga Resa parte dunque alla ricerca di finanziamenti. Una prima tranche da 15mila euro arriva dal Climate-KIC , lo strumento dell’Istituto europeo per l’innovazione e la tecnologia (EIT) per sostenere i progetti innovativi legati all’ambiente. Si tratta del più grande programma europeo di accelerazione per start-up che sviluppano soluzioni positive nel contesto del cambiamento climatico. In Croazia, l’EIT Climate-KIC Croatia Hub è attivo dal 2018 e MIRET è stata coinvolta nelle prime due tranches di finanziamento, per due semestri consecutivi.

L’impresa dei fratelli Boljar ottiene anche un finanziamento da Fil Rouge Capital , un fondo di investimento per start-up e imprese, finanziato anche dal Fondo europeo per lo sviluppo regionale . Nel marzo 2020, è la volta del finanziamento partecipativo online: su Kickstarter, MIRET raccoglie oltre 68mila dollari grazie al contributo di quasi 600 persone in tutto il mondo. Non sarebbe stato più semplice accedere ai fondi europei, invece di cercare finanziamenti su piattaforme così diverse? Chiedo a Domagoj. "In realtà, quando si crea un’impresa è molto difficile beneficiare di fondi europei. Molto spesso viene richiesto all’azienda che fa domanda di avere almeno due anni di fatturato alle spalle e di essere in positivo, due condizioni che di fatto escludono le start-up", risponde il co-fondatore di MIRET. Inoltre, "i fondi europei sono molto rigidi, mentre una start-up ha bisogno – soprattutto nelle sue fasi iniziali – di sperimentare e anche di modificare radicalmente il prodotto che vende", conclude Domagoj Boljar.

A quattro anni di distanza dal primo finanziamento, MIRET è una realtà consolidata che ha venduto nel 2021 2mila paia di scarpe realizzate a partire da materiali Made in EU e naturali al 97%. Inoltre, l’impresa ha incassato diversi prestigiosi premi, come l’IDA Design Awards Gold Winner 2021 nella categoria «Moda sostenibile», facendosi largo insomma in un mercato competitivo come quello della moda e delle calzature. Da un paio d’anni, inoltre, Domagoj e gli altri otto dipendenti di MIRET sono ospitati allo Zicer , l’acceleratore per start-up del comune di Zagabria, una struttura co-finanziata dai fondi europei e in cui si respira un’aria carica di dinamismo e creatività. Un’eccezione, si direbbe, nel paese. A inizio 2022, in effetti, l’ufficio di statistica croato ha pubblicato i primi dati del censimento svolto nel 2021, confermando l’emorragia demografica di cui si parla da anni: la Croazia ha perso circa il 10% della sua popolazione negli ultimi dieci anni. Chi parte denuncia spesso la mancanza di prospettive nel paese.

Ricordo questi dati a Domagoj Boljar, testando il suo ottimismo, ma l’imprenditore non fa una piega. "Certo, ci sono cose che vanno migliorate. Per quanto riguarda la piccola imprenditoria, penso ad esempio al sistema giuridico che non dà sicurezza agli investitori e all’apertura a nuove fonti di finanziamento, come Kickstarter, che al momento non è disponibile in Croazia. Ma le cose vanno comunque nella direzione giusta", assicura Boljar. La sua impresa, però, vende solo un terzo della sua produzione in Croazia: forse per questo è meno legata all’andamento dell’economia nel paese? Chiedo. Domagoj Boljar scuote la testa. "Quello che bisogna cambiare radicalmente in Croazia è l’approccio all’imprenditoria. Bisogna finirla con lo stigma dell’insuccesso. Oggi, ci sono gli strumenti per provare a realizzare un’idea, con relativamente pochi rischi. Bisogna provare", lancia Domagoj Boljar. A MIRET, in ogni caso, i piani di sviluppo non mancano.

 

Questo materiale è pubblicato nel contesto del progetto "Work4Future" cofinanziato dall’Unione europea (UE). L’Ue non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto. La responsabilità sui contenuti è unicamente di OBC Transeuropa. Vai alla pagina "Work4Future"

 


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